La Giustizia è troppo importante per i cittadini e per le imprese per permettersi analisi superficiali e commenti di parte, favorevoli o contrari.
Ma purtroppo quanto accade non aiuta il “Servizio giustizia” a migliorare e non aiuta neppure ad aumentare la fiducia nei confronti dei Magistrati, nelle cui fila sono migliaia di professionisti di valore e servitori dello Stato, ma anche diversi inaffidabili, poco produttivi, addirittura corrotti.
C’è per i Magistrati un prima e un dopo, quest’ultimo coincide con la fine della cosiddetta “Prima repubblica” e specularmente con il protagonismo spettacolare dei Magistrati di Mani pulite.
Sembra passato un secolo da quando Di Pietro in particolare era santificato, gli slogan urlati dalla folla “Salvaci tu” non erano un’eccezione, Berlusconi prima di diventare plurinquisito e condannato con espiazione della pena ai Servizi sociali arrivò a proporgli di divenire Ministro della Giustizia.
È stata una limpida azione di pulizia nel campo vasto della corruzione specie politica? In buona misura si, ma è stata anche un’ubriacatura generalizzata che ha creato un mito giustizialista e un’indiscriminata sfiducia nei confronti della politica.
Quando si spiega perché ci sono tempi biblici per i processi, perché la produttività tra i diversi Tribunali è evidente, perché chi può ed è saggio e ha la fortuna di trovare un avvocato che non illude il cliente evita nei limiti del possibile l’azione legale e relativo processo, le risposte sono quelle canoniche: poco personale – non è vero sempre (Alessandro De Nicola su Repubblica scrive “altri paesi europei hanno una spesa pro capite pari alla nostra e se la cavano molto meglio”) –, norme farraginose, arretrati da smaltire.
Senza generalizzare, perché le parole del Procuratore Gratteri sulla presenza di almeno 200 magistrati corrotti non sono citate? Perché a Cosenza, che sto scoprendo anche su questo fronte, chi vuole essere o sembrare amico ti avverte che molti avvocati e molti magistrati sono legati alla Massoneria che può interferire con la loro professione e nel caso dei Giudici nella loro terzietà.
Tutti i poteri dovrebbero essere sottoposti a forme di verifica e valutazione, da cui invece chi può si sottrae in modi diversi.
La politica togliendo le preferenze – un vero obbrobrio – i Magistrati invocando la loro autonomia che è spesso anche la loro impunità, le varie Autorità di vigilanza, sulle Comunicazioni, sulla Privacy, sulla Concorrenza, ecc…, operando solo nell’empireo tra i grandi sistemi.
Dopo la squallida vicenda del CSM con il caso Palamara, assurto a simbolo della solitaria corruzione e inaffidabilità della Magistratura già oggi è passata nella zona grigia dell’oblio.
Come giornalista e comunicatore non amo le generalizzazioni e l’approccio teorico a problemi reali.
Come appassionato e cultore di diritto, e per alcuni anni impegnato a frequentare i Tribunali, in varie città, Cosenza compresa, opto per esempi concreti che da soli non consentono conclusioni di verità assoluta.
È capitato a me ma può capitare a ogni cittadino, perché presentare un ricorso o una segnalazione scritta su singoli casi di eventuali responsabilità non penali dei Magistrati, togati e onorari, al Consiglio Superiore della Magistratura è previsto e consentito. Non illudetevi però che serva a qualcosa.
Sarete chiamati a presentarvi dal Presidente del Tribunale – che spesso dista centinaia di chilometri dalla vostra residenza (a me è capitato a Paola mentre abitavo a Roma) – per formalizzare la vostra segnalazione e poi? Niente, sia che venga accertata una mancanza del Giudice (evento rarissimo) sia che non accada, chi ha sollevato il caso non sarà mai informato che fine ha fatto. Il massimo della trasparenza.
Altro esempio accaduto a Cosenza: il Giudice deve pronunciarsi sulla richiesta di due sorelle che con il fratello con il quale non hanno rapporti buoni, chiedono di essere autorizzate alla divisione di un bene ereditario per consentirne la vendita. Il caso non rientrava sul merito dell’eredità che richiede che la sentenza sia decisa in Camera di Consiglio. Il Giudice che nonostante diverse sedute non aveva letto le carte avendo colto nel testo la parola “eredità” dichiara proprio la sua incompetenza. Nell’udienza successiva, mentre gli avvocati, me compreso, non capiscono che diavolo è successo, il Giudice con tono accusatorio rimprovera le parti e il giudice che ha dichiarato la sua incompetenza, cioè se stesso, perché ha sbagliato la procedura; ma anziché scusarsi decide di azzerare tutto il lavoro fatto in più udienze e dispone che si ricominci daccapo.
Un altro esempio tratto dalla mia frequentazione del Tribunale di Grosseto, avendo scelto di vivere il più possibile in Maremma, che mi ha adottato generosamente. C’è un caso di due inesperti imprenditori che si affidano ad “esperti” perché avendo i capannoni e gli spazi necessari intendono aprire un’attività per la rottamazione di auto in disuso. Il processo impegna 19 (!!!) udienze, alcune per assenza non comunicata del giudice e si conclude con la sentenza che dice più o meno cosi: “Parte attrice, (cioè coloro che vogliono aprire la nuova attività e che per ignoranza e trascuratezza degli “esperti” assoldati non avranno mai le necessarie autorizzazioni) ha compiutamente e chiaramente provato la negligenza e la responsabilità di parte convenuta (gli esperti inesperti) e pertanto CONDANNA parte attrice – quella che aveva mostrato di aver ragione – alle spese processuali più qualche migliaia di euro di penale.” Tutto vero? Certo che sì! Il Giudice onorario aveva sbagliato articolo del Codice.
Da ultimo, per non cadere in depressione, un caso positivo.
Si discute una citazione a mia firma al Tribunale di Torino, famoso per la sua efficienza contro la Fiat per un caso di negata garanzia su un’auto. Arrivo alla prima udienza con un ritardo di circa 10 minuti per l’assenza di taxi causa uno sciopero e trovo che, contro la prassi e la logica, dal Giudice, ancora una volta onorario, è stato verbalizzata la sola posizione dell’avvocato Fiat ed io dichiarato contumace. Mi faccio dare un foglio bianco e segnalo il caso al Presidente del Tribunale che dopo poche ore toglie il caso al giudice onorario e lo affida ad un togato. Nella città dove ancora dominava la Fiat era una scelta saggia. Quando fu il momento dell’udienza che precede la sentenza il Giudice con la mia sorpresa compiaciuta dichiara che avevo perfettamente ragione e rivolgendosi all’altro Avvocato aggiunge parole che mi lasciano perplesso: è un esplicito invito a non ignorare le parole appena pronunciate l’avv. Pellegrini ha perfettamente ragione. Infatti formalmente fu respinta la mia citazione per un errore di procedura e applicate le sanzioni economiche di legge, ma la FIAT si guardò bene dal richiederne il pagamento ed anzi invitò il proprietario dell’auto con difetti di fabbrica a recarsi dal proprio concessionario per il cambio dell’auto.
La Giustizia non è un’astrattezza ma ha cervello e gambe, quelle dei suoi operatori che consentono loro di amministrarla con equità e onestà, o con superficialità e indifferenza.