La “conquista” da parte di consiglieri “infedeli” della Fondazione Giuliani e della sua Villa Rendano, di cui ho scritto in modo esauriente, porta con sé alcune caratteristiche inusitate, che addirittura sono un unicum nella storia economica e civile italiana.
Cosenza oltre che fregiarsi del titolo, meritato e gratificante, di Capitale italiana del volontariato per il 2023, potrebbe in astratto, ma senza trarne gloria, essere la città dove si è consumata la prima e, salvo prova contraria, unica “scalata ostile” a danno di una Fondazione, cioè un ente no profit “del terzo settore”.
Chiariamo prima cosa si intende per “scalata ostile”.
Il termine esatto di una “scalata” senza aggettivi è OPA, acronimo di Offerta Pubblica di Acquisto, un meccanismo ben disciplinato e sottoposto al controllo della Consob, autorità indipendente che vigila sui mercati italiani.
Si tratta letteralmente di un’offerta, presentata da un qualsiasi soggetto (anche privato) intenzionato ad acquistare (o a far acquistare) un determinato numero di azioni (o altri strumenti finanziari) di una qualsiasi società, quotata o meno. È, sostanzialmente, un invito a disinvestire, a vendere, a essere liquidati e quindi incassare, rivolto a chi possiede azioni dell’azienda “target” da parte di chi vorrebbe entrarne in possesso.
La scalata è ostile quando gli amministratori e gli azionisti della società preda non gradiscono affatto di essere fatti fuori o subire perdite economiche importanti. La più celebre in assoluto è la scalata di Olivetti su Telecom del 1999, definita la madre di tutte le Opa, nonché la più grande scalata nella storia del diritto italiano, finanziata con 61mila miliardi di vecchie lire.
Per i più giovani – a costo di sembrare prolissi e di dare l’impressione di “andare fuori tema” (ma è solo un’impressione) ricordo ciò che ne scrissero, più o meno, quasi tutti:
Nel 1997 c’è il primo passaggio del disastro. Il Governo Prodi, anche per rispettare le linee guida sancite dall’Europa, privatizza la società.
La privatizzazione non segue la più intelligente politica della golden share nella quale lo Stato, durante la privatizzazione di un comparto strategico, mantiene il controllo di una quota azionaria fondamentale per le scelte aziendali, bensì la sciagurata linea del “nocciolo duro” ovvero la creazione di un gruppo di grandi azionisti forti capaci di garantire la stabilità dell’azienda.
Per Telecom Italia, ovviamente, non ci sarà nessun “nocciolo duro”…
Commento: il prof. Prodi Romano, quello del mitico Ulivo, s’è distratto quando ha privatizzato così maldestramente la Società telefonica o l’ha fatto apposta?
Il secondo passaggio della rapina avvenne nel 1999 quando la Olivetti di Roberto Colaninno, definito “cavaliere coraggioso” (da chi? vedi dopo) lanciò un’OPA su Telecom.
L’allora Governo D’Alema sponsorizzò l’operazione non facendo presentare il Ministero del Tesoro (che poteva opporsi all’OPA) all’assemblea degli azionisti e costringendo la Banca d’Italia a fare lo stesso.
E fu così che il nano acquisì il gigante. In un’operazione criticata (oggi, non all’epoca dei fatti) dallo stesso Corriere della Sera che scrive: “…le speranze suscitate dall’arrivo di Franco Bernabè alla guida dell’azienda vengono traumaticamente spezzate dall’OPA lanciata da Roberto Colaninno, che nel giro di pochi mesi conquista l’azienda con un’operazione brillantissima dal punto di vista finanziario e disastrosa da quello industriale…”.Il pesciolino rosso riesce dunque a mangiare (con l’aiuto della politica) lo squalo.
Telecom Italia viene oberata dai debiti fatti per acquistarla…
Il gioiello delle telecomunicazioni italiane TIM (gestore della telefonia mobile) viene di fatto utilizzato per appianare i debiti contratti da Colaninno durante la scalata.
In un periodo di boom delle telecomunicazioni e del digitale, Telecom, paradossalmente retrocede ed arretra.
Lo stesso succede con la gestione Tronchetti Provera (con relativi scandali di spionaggio).
Per capire l’entità del disastro basti dire che quando Telecom sbarcò in Borsa nel 1997 un’azione valeva 10.902 lire (5,6 euro). Oggi, (ndr. si parla di alcuni anni fa) vale 0,6 euro…
Per non parlare dell’occupazione.
Ora chiarito con un esempio eclatante cosa sia un’OPA o scalata ostile, approfittiamone per trarne due verità che valgono anche per il presente.
La prima che Prodi, collocato nell’Eden dei grandi, Top manager o leader politici, forse qualche “marachella” l’ha fatta e quindi “fuori dall’Eden!”.
La seconda è che D’Alema, politico capace, nella lunga e non ancora conclusa discesa delle diverse sigle del dopo PCI, una bella spinta l’ha data sicché è meglio se si dedica full time alla viticultura.
Ma torniamo al record che grazie alla Fondazione Giuliani e alla sua “appropriazione indebita” Cosenza può vantare la sola scalata ostile di un ente no profit.
Le somiglianze con le scalate ostili, come quella monstre, di Telecom ce ne sono, naturalmente in scala micromillesimale.
Senza la copertura politica dei DS di D’Alema la società telefonica, forse sarebbe andata a rotoli lo stesso, ma non passando per le mani di uno sconosciuto “capitano coraggioso” e soprattutto speculatore.
Nel nostro caso locale, senza la copertura di una buona parte della politica – il sen. Mario Occhiuto al CdA non è una prova ma un flebile indizio sì – di destra e pseudosinistra, con il supporto pressoché scontato della massoneria onnipresente l’azzardo dei quattro “cavalieri” nostrani non sarebbe riuscito senza neppure un “ohhh!” di sorpresa (il solo che s’è spinto a presentare con altri un’interrogazione parlamentare è stato l’ex presidente dell’Antimafia Nicola Morra).
Gli esecutori si sarebbero cautelati producendo non il proprio personale livore e voglia di protagonismo famelico ma qualche dato verificabile di mala gestio da parte del “cofondatore” Pellegrini (Francesco). Non avendone, hanno lavorato di fantasia, fatto diventare “danno patrimoniale” gli asset “certificati” tutti rivalutati e a brevemedio periodo capaci di generare utili importanti.
Infine, solo per non farla troppo lunga, come il “capitano” più volte citato ha fatto fuori un manager con i fiocchi come Franco Bernabè, il capitano – si fa per dire – bruzio – ha fatto fuori non un campione come Bernabè (vale il senso del ridicolo) ma un tizio con un ottimo curriculum professionale, onesto sino a prova contrario, Presidente della Fondazione in loco per poco più di un anno, che appena arrivato a Cosenza, alla vigilia del lockdown 2020, ha tagliato spese ingiustificate per € 125.000,00 e previsto un budget annuo per un giornale on line quotidiano di € 160.000, sforato per € 60.000,00 (con un mio contributo personale pari alla metà) per sostenerne la crescita esponenziale, “qualificato danno patrimoniale”, mentre il budget pari ad € 193.000,00 per un mensile cartaceo di 12 pagine, con una diffusione annua realistica di 6000 copie, predisposto da chi, innominato, era stato delegato alle attività editoriale, non aveva nel suddetto provocato un’alzata di ciglia fino a quando da Presidente pro tempore ho ritirato e bocciato il progetto anche per la sua sostanziale impresentabilità.
In compenso Cosenza ha perso, nelle mie previsioni, Villa Rendano, ma ha guadagnato il titolo di Campione d’Italia nel campo delle scalate, non sul Pollino, ma su Colle Triglio.