Nell’articolo pubblicato in questo fine settimana abbiamo sottolineato che non sia più tempo di pannicelli caldi, di generiche promesse, di fumosi programmi perché, come ha scritto nel suo saggio Radicalità Carlo de Benedetti, viviamo in “un mondo dagli equilibri pericolosamente instabili e con un’Italia sempre sull’orlo della recessione con una classe dirigente in disarmo, una società impoverita e divisa, una crisi climatica conclamata”.
Questa “fotografia” del presente, e se nulla si farà, del futuro, riteniamo che debba essere posta in relazione con due eventi politici che comunque li si giudichi segnano una svolta, aprono una nuova prospettiva, suggeriscono una maggiore consapevolezza della politica nel nostro Paese.
La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e Elly Schlein, neosegretaria del PD, dobbiamo tutti augurarci che sostengano con idee e progetti diversi il cambiamento radicale che è necessario e non più differibile.
Può spettare a queste giovani donne il compito se ne avranno capacità e volontà di tirare fuori dalle secche un Paese che s’è nutrito di un populismo becero, di slogan acchiappagonzi, di irrilevanza per affrontare le ragioni di una crisi globale, che De Benedetti identifica prioritariamente nella salvezza del pianeta – quel vaste programme! – e nella dignità del lavoro.
La Meloni ha la forza del ruolo istituzionale e con sé un partito unito che si riconosce nella sua leader; la Schlein ha dalla sua un solido mandato fiduciario proveniente probabilmente anche da cittadini di altre aree politiche, ma non può contare su un partito coeso e speculare alla sua segretaria.
Ma poiché siamo calabresi occupiamoci un po’ della nostra realtà.
Se non basterà lo spazio di un articolo, come temo, ne prenderemo altro nei giorni seguenti.
È bene sottolineare che la Calabria che ha gli stessi problemi del Paese e, qualcuno originale, moltiplicati per 100, nelle primarie del PD ha votato in controtendenza (non è stata la sola nel Sud) rispetto all’esito finale.
Ma anche sul fronte del centrodestra la Calabria non ha riprodotto nelle elezioni regionali lo stesso risultato fatto registrare in altre regioni. Ha dato una fiducia ampia, certo molto di più rispetto al resto d’Italia, a Forza Italia che ha portato Roberto Occhiuto alla presidenza. Non è un giudizio di valore, ma una semplice constatazione obiettiva. In Calabria, ha prevalso la forza politica meno convinta della necessità di cambiare preferendo anche per il ruolo egemone di Berlusconi quella di una più prudente continuità.
Comunque la Calabria è stata in parte “una voce fuori dal coro”.
Come abbiamo scritto, si fa fatica a credere che un’autentica rilettura dei dati della realtà abbia convinto i calabresi a votare “per l’usato sicuro”, che non era il governatore dell’Emilia Romagna Bonaccini ma il gruppetto di politici che da anni dall’opposizione (fasulla) al governo vero condiziona le sorti e le scelte del PD.
Noi pensiamo giustamente agli esponenti più noti e attivi, Bruno Bossio, Adamo, Guccione ma in realtà sottovalutiamo le seconde linee che, un po’ meno conosciuti, fanno bene il loro lavoro.
Non è una colpa avere fatto scelte diverse, ma non è irriverente ricordare che se perfino le cosiddette ex regioni rosse – dove “Il Partito” è un totem – hanno colto l’urgenza del cambiamento lascia pensare il fatto che i cittadini, la cui regione è praticamente ultima in buona parte delle classifiche che misurano lo stato di salute dei territori, si siano schierati per il candidato che, giusto o sbagliato, era percepito come meno pericoloso per i sacerdoti della continuità.
La conclusione scontata è che da noi, con una debolissima “opinione pubblica” e partecipazione attiva alla vita delle comunità, è quasi assente il cosiddetto voto di opinione. E non è un merito.
È noto perché la condizione calabrese sia questa: una presenza invasiva della mafia, in tutti i settori vitali della società, una politica in genere mediocre (ma non siamo soli in Italia), un’informazione negata, un nepotismo oggi ancor più intollerabile ecc ecc.
La parte più difficile del “lavoro” di emancipazione e riscatto spetta a noi.
Nel nostro piccolo, vox clamantis in deserto, ci proviamo a scrivere non verità assolute ma solo parole libere e veritiere.
La risposta senza gonfiare il petto da eroi? La chiusura de ICalabresi a dispetto dei risultati eccellenti raggiunti, colpevole di praticare il giornalismo libero e responsabile (in un Paese dove anche il più pio e innocuo giornale riceve decine di querele temerarie, ICalabresi ne hanno avute due sole, entrambe archiviate, ne ho ricevute forse più io, ovviamente a scopo intimidatorio, per non aver ceduto silente alla “presa di possesso” di Villa Rendano).
Ma di questo e soprattutto di ciò che “fa diversa” non migliore la Calabria continueremo a scrivere.