Se ne parla dagli anni Sessanta, ma la prima proposta formale di fusione tra i comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero è stata lanciata nel 1994, praticamente quasi trenta anni fa, dall’allora sindaco di Cosenza Piero Minutolo. La ragionevolezza territoriale ed amministrativa milita tutta per realizzare questa unione di comuni, tenendo presenti anche gli strumenti legislativi che sono stati intanto approvati dal legislatore nazionale.
La conurbazione di Cosenza, Rende e Castrolibero è avvenuta nei fatti ormai da diversi anni, e i sondaggi effettuati in passato hanno confermato che la maggioranza dei cittadini interpellati vuole il comune unico. Non avrebbe del resto potuto essere diversamente, dal momento che gran parte dei rendesi e castroliberesi di oggi sono in realtà i cosentini di ieri, e sono da sempre intense e quotidiane le relazioni culturali, economiche e sociali tra i cittadini delle tre comunità.
Sarebbe pertanto assurdo continuare a mantenere in vita ancora per lungo tempo il paradosso costituito da una città amministrata da tre Comuni. Con l’attuazione del comune unico sarebbe possibile adottare in tempi brevi il Piano Strutturale unico per ottenere una razionale programmazione del territorio che potrebbe impedire o almeno limitare la costruzione di nuovi edifici residenziali, conditio sine qua non per poter avviare con qualche possibilità di successo la rigenerazione dei centri storici ed incentivare l’insediamento nelle aree industriali di attività non solo commerciali ma prevalentemente produttive ad elevato indice occupazionale.
Cerchiamo di analizzare qualche numero: con la fusione nascerebbe un’area urbana di 109.149 abitanti, estesa 102 chilometri quadrati, con una densità di 1070 abitanti per Kmq. Potrebbero essere ripensati tutti servizi collettivi di interesse generale in una logica di area vasta, per irrobustirne la qualità mediante una razionalizzazione amministrativa capace di fare gli interessi di tutta la comunità.
Notevoli economie di scala si otterrebbero nella gestione di alcuni servizi di primaria importanza (nettezza urbana, forniture, mense scolastiche, manutenzione straordinaria ecc.), con un risparmio stimabile per circa 500.000 euro all’anno sulle spese correnti (indennità di carica consiglieri, assessori sindaci, collaboratori, retribuzione di segretari comunali, revisori dei conti, nuclei di valutazione, ecc.). Su questi ultimi aspetti si annida la resistente silente di quel reticolo che sempre si nasconde dietro i nobili proclami sulle razionalizzazioni dell’apparato pubblico.
Aumenterebbero peraltro anche le entrate. Il nuovo Comune otterrebbe un contributo statale straordinario di almeno 2 milioni di euro all’anno per dieci anni consecutivi e potrebbe delinearsi anche la possibilità di un intervento governativo rivolto ad alleggerire la pesante situazione finanziaria del comune di Cosenza.
Con una popolazione superiore a 100.000 abitanti, importanti economie di spesa e maggiori entrate, si potrebbe abbassare di molto il livello della tassazione locale, migliorare la qualità e la quantità dei servizi e ampliare la dotazione organica che ormai nei tre Enti è ridotta al lumicino.
Dopo la proposta di legge regionale, avanzata in consiglio da otto esponenti della maggioranza, si è infiammato il dibattito, essenzialmente non sul contenuto dell’obiettivo ma sulle modalità per darne attuazione. Si sono svolti in simultanea i consigli comunali di Cosenza e Rende, le cui maggioranze hanno detto di no all’attuale proposta di legge sulla città unica che prevede la fusione anche con Castrolibero.
La data di scioglimento dei tre comuni, sulla base del disegno di legge regionale, è fissata il primo febbraio 2025. Troppo vicina come data secondo gli attuali amministratori dei comuni interessati. La discussione si è sviluppata nelle ultime settimane sulla contrapposizione tra centrodestra regionale e centrosinistra comunale.
Il consiglio comunale di Cosenza
A Cosenza i toni sono stati accesi. Sono volate parole grosse, sino ad evocare il fantasma fascista. Il consiglio comunale di Cosenza, al termine della discussione, ha deliberato di proporre alla Regione Calabria la sospensione dell’iter di esame e di approvazione del disegno di legge regionale proposto dalla Maggioranza di Governo, avanzando formale richiesta al Presidente della Giunta regionale per la convocazione di una conferenza permanente di concertazione tra la presidenza della Giunta regionale e i Sindaci e i presidenti dei Consigli Comunali interessati alla costituzione reale della città unica.
La maggioranza del consiglio comunale di Cosenza chiede all’amministrazione regionale che la concertazione sia finalizzata, in maniera preventiva, alla definizione delle modalità legislative, organizzative ed amministrative da attivare con rigore e responsabilità, senza alcuna improvvisazione, per la istituzione del nuovo Comune, prevedendo nel bilancio regionale, al fine di garantire la copertura finanziaria della stessa legge istitutiva del nuovo ente, adeguati finanziamenti straordinari per sostenere i costi del processo di fusione e per contribuire alle spese di funzionamento del nuovo Comune nei primi dieci anni.
Inoltre si ritiene necessario uno specifico studio di fattibilità, affinché, prima che venga approvata dal Consiglio regionale qualsivoglia legge istitutiva della città unica, si possano indicare le necessarie soluzioni alle gravi criticità che emergono nelle relazioni finanziarie tra i Comuni e le modalità più efficaci e convenienti per ottimizzare i processi organizzativi ed amministrativi, a salvaguardia dell’interesse dei cittadini, con il fine di garantire, prima di tutto, minori costi e maggiori livelli quantitativi e qualitativi dei servizi comunali.
Vanno effettuate, sempre secondo la maggioranza del consiglio comunale di Cosenza, verifiche sulla programmazione e sulla attuazione degli investimenti regionali finalizzati alla realizzazione di tutte quelle opere pubbliche che, di fatto, sono materialmente mirate alla unità territoriale e alla modernizzazione dei processi di conurbazione, a partire dalla verifica dello stato di attuazione del progetto di Metropolitana leggera della area urbana cosentina.
Si chiede alla amministrazione regionale il concerto con i Comuni interessati per proporre al Governo nazionale ed al Parlamento la modifica della legge 56/2014, al fine di adeguare la propria finalità al dimensionamento della fusione riguardante anche i comuni che sommano un numero superiore a centomila abitanti.
Alla fine si giunge alla proposta di costituire ed insediare l’Assemblea Costitutiva della città unica, composta da tutti i componenti dei Consigli Comunali di Cosenza, Rende e Castrolibero. All’Assemblea Costitutiva sarà affidato il compito di redigere lo Statuto provvisorio del nuovo Comune, al fine di garantire al nuovo ente un avvio ordinato e piena dignità istituzionale. Il metodo partecipato, oltretutto, consente che la nascita del nuovo Comune venga affidata essenzialmente agli organi degli stessi comuni in fusione e non alla attività di una gestione commissariale.
Il consiglio comunale di Rende
Il documento della maggioranza del Comune di Rende sostiene che la proposta di legge sul comune unico va bloccata, perché è stata espropriata la sovranità istituzionale. Anche in questo caso è stata proposta l’istituzione di una conferenza permanente di concertazione tra giunta regionale, sindaci e presidenti dei rispettivi consigli comunali, uno studio di fattibilità, fondi e garanzie sull’aspetto finanziario della fusione.
Sembra che tale disegno di legge – si legge nel documento approvato dal consiglio comunale – sia più rivolto all’obiettivo di promuovere la estinzione degli enti locali attualmente vigenti e non alla definizione di un processo di fusione efficiente, funzionale alla reale costruzione di un moderno nuovo Comune. Tanto è che la proposta di legge prevede esclusivamente la indizione di un referendum consultivo. Appare poi paradossale che questa proposta possa indicare la data di entrata in vigore della istituzione del nuovo Comune senza che si preveda come attuare un percorso di reale costituzione della città unica, rinviando la definizione della fase realizzativa esclusivamente alla normativa vigente a livello nazionale ed in particolare alla legge 56/2014.
La legge 51/2022 penalizza le grandi fusioni, mentre la proposta di legge regionale è in contrasto con lo spirito e la finalità della legge regionale n. 15/2006, ed in particolare con l’art. 18, dal momento che la fusione tra Cosenza, Rende e Castrolibero non è correlata al Piano di Riordino Territoriale Regionale – prosegue il documento -.
I comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero hanno già avviato il procedimento finalizzato alla Unione dei Comuni per la gestione unitaria di alcuni importanti servizi comunali: il consiglio comunale di Rende chiede pertanto alla amministrazione regionale che la concertazione sia finalizzata, in maniera preventiva, alla definizione delle modalità legislative, organizzative ed amministrative da attivare con rigore e responsabilità, senza alcuna improvvisazione, per la istituzione del nuovo Comune.
Sulla attuale situazione economica in cui versano gli enti coinvolti, il disegno di legge, per come formulato, è inattuabile vista l’assenza di qualsiasi norma che regola le modalità del processo di fusione in presenza di un Comune che si trova attualmente in una condizione di dissesto o predissesto. Tale condizione è infatti di dissesto o predissesto è sostanzialmente un ostacolo insormontabile al processo di fusione, per la oggettiva esistenza di intrinseche limitazioni operative sul piano finanziario ed amministrativo a cui un Comune è sottoposto in questi casi. La fusione, in presenza di questa condizione di dissesto, non può essere legiferata in maniera antecedente alla definizione del debito pregresso. E ciò è un obbligo imposto dalla mancanza di certezza dell’ammontare del debito pregresso, perché soggetto a continue ed innumerevoli varianti nelle fasi di accertamento, ma anche perché non è ipotizzabile l’estinzione di un ente prima della mancata copertura del debito stesso.
E ora che succede?
In un contesto ordinato, dovrebbe essere interesse della destra e della sinistra di lavorare assieme per condurre in porto un progetto che, di tutta evidenza, è nell’interesse dei cittadini. Invece, almeno sinora, pare l’occasione per l’ennesima disfida tra Guelfi e Ghibellini.
In sede di consiglio regionale le forze politiche dovrebbero unire le forze per mettere in campo un disegno di legge condiviso nel quale siano disegnate le traiettorie necessarie per raggiungere l’obiettivo, che, dal punto di vista economico e sociale, non presenta alcuna controindicazione.
Sarebbe anche opportuno avviare un tavolo istituzionale con il Governo nazionale per comprendere come utilizzare al meglio i supporti delle leggi nazionali per le fusioni di comuni, affrontando il nodo della situazione debitoria che il nuovo ente dovrebbe ereditare in modo sostenibile.
Non vorremmo solo che le resistenze si annidino in realtà solo nella salvaguardia delle poltrone che sarebbero falcidiate per effetto della fusione. I conflitti ideologici sono spesso un rito di fumisteria che nasconde la tutela di interessi individuali poco commendevoli. L’opinione pubblica dovrebbe sorvegliare su queste schermaglie, per diradare la discussione dalle nebbie che rischiano, ancora una volta, di affossare un progetto utile per la collettività.