Non ci provo neanche a fare un altro articolo, che sarebbe peraltro privo di un requisito fondamentale, la fama del giornalista autore, su Silvio Berlusconi appena scomparso.
Molti gli omaggi più o meno sinceri, tenute a freno da molti le parole sferzanti e irridenti che hanno accompagnato, spesso a ragione, la vita di Berlusconi, imprenditore di indubbia genialità, spregiudicato come lo sono il 100% di quelli che creano società, le scalano, muovono centinaia di miliardi, ostentano il loro potere.
Ma a noi interessa il Berlusconi politico e subito leader di un partito che già nel nome Forza Italia compiva un’operazione di marketing geniale. Chi potrebbe osare non condividere quel grido, che rimbomba negli stadi dove giocano gli Azzurri (e i forzisti guarda caso si chiamano “azzurri”) , chi non ha mai pensato o gridato Forza Italia accompagnata dall’Inno di Mameli che ad alcuni musicofili non piace, ma non al punto di non commuoversi quando sente “ l’Italia s’è desta…”?
Si dice che Berlusconi sia “entrato” in politica per salvare le proprie televisioni. È probabile, forse certo che Berlusconi aveva le sue ragioni, forse non ortodosse, per fondare un partito in pochi mesi, trasformando manager della pubblicità in parlamentari, acquisendo l’adesione di alcuni prestigiose personalità – personalmente penso al prof. Lucio Colletti – uomo di sinistra, docente alla Sapienza di Storia delle dottrine economiche dal quale ricevetti un sonoro e per me gratificante 30 e lode. Un grande intellettuale, una persona gentile, che capì, vivendo dall’interno quella stagione di ribellione coperta con molti strati di ideologia e anche molta furbizia, che essa tra molte motivazioni serie e fondate, tra migliaia di giovani in buona fede e con dosi di esaltazione parossistica, avrebbe aperto un’autostrada nel medio periodo – occupato dalla violenza che il Ministro DC Taviani definì solo di “destra fascista” per compiacere il PCI ancora fermo alla frase “Compagni che sbagliano” – ad una lunga stagione di conservatorismo, di conformismo, e anche di declino della politica nobile e contestuale aumento della corruzione.
Chiara allora la scelta di Berlusconi: ma c’è una domanda da fare e farsi. Posto che i voti Forza Italia li ha avuti e capo del Governo lo è diventato contro ogni aspettativa, perché l’hanno votato milioni di Italiani che non erano dipendenti di Fininvest e Mediaset?
Qui le risposte sono diverse, alcune ormai note, altre note pur’esse ma rimosse, confinate nell’oblio, perché quando c’è chi vince non avendo alcuna storia politica alle spalle c’è chi perde pur avendola, eccome.
Il primo vero supporter a sua insaputa di Berlusconi vincitore alle urne è stato il PDS, con il suo fondatore e segretario Achille Occhetto. Ha perduto non perché nel confronto televisivo sbagliò (anche) l’abito di un color marrone orrido, ma perché confidò su la “sua magnifica macchina da guerra” con la quale pensava di sbaragliare l’“amico” di Craxi, elevato nella stagione di “Mani pulite” a leader maximo e solitario della corruzione.
Anche un bambino sa che il voto si conquista con poche e chiare proposte che diano speranza soprattutto ai ceti più deboli della popolazione, dando per scontato quello degli iscritti e degli ideologizzati. Mai visto nella storia una minaccia “bellica” come proposta politica accattivante.
Nei virtuali nemici da battere in armi c’erano milioni di socialisti per bene ma trattati come potenziali imputati di chissà quali malefatte, lo stesso per liberali e repubblicani, lo stesso per i democristiani che erano cresciuti con il terrore “dei comunisti che mangiano i bambini”.
Quindi Berlusconi anche con il lavaggio del cervello fatto dalle sue televisioni che continua anche oggi con la sola differenza che queste sono affiancate oggi dalla TV pubblica, che affida il monopolio dell’informazione politica a un ottantenne antropologicamente democristiano ma maestro del potere senza qualificazioni, giocando in casa a Roma, Saxa Rubra o via Teulada, o sempre in casa (sua) nel resort di Manduria.
Ora un accenno a Mani pulite che il nostro Berlusconi ha cavalcato con il fido Emilio Fede e una pletora di cronisti stabili 24 ore su 24 dinanzi al Tribunale di Milano. Democristiano e amico di Craxi va bene, ma sempre dalla parte dove soffia il vento, quindi dalla parte di un geometra che sembrava semianalfabeta diventato protagonista mediatico, Di Pietro, e poi politico (un alto Magistrato mi confessò che essendo molti che nutrivano dubbi sull’eroe erano state fatte o commissionate molte ricerche per essere certi che uno straccio di laurea l’avesse presa magari con i famosi esami di gruppo modello 68. Ricerche a suo dire andate a vuoto).
Non è più tempo di culto devozionale per la Magistratura, ma non è sorprendente che Berlusconi, diventato una presenza fissa, più virtuale che fisica, nelle aule dei Tribunali sia stato quello che più ha guadagnato in termini economici e politici da quella stagione in cui tutti erano potenziali imputati solo che avessero un buon numero di nemici e fossero privi di una collezione di alibi a disposizione.
Come vedete non ho scritto il solito “coccodrillo” su Berlusconi che non ho mai votato, ma che non ho mai demonizzato. Demoni ce ne sono già tanti in servizio permanente effettivo, in tutta la società, che noi abbiamo potuto risparmiarci nel giorno della morte di non evocarli e di praticare la pietas, che non significa pietà ma misericordia, umanità, freno alle passioni tossiche.