Se hai la fortuna di incontrare un avvocato esperto e onesto ti sarà detto che se vi sono le condizioni di massima è meglio, molto meglio non avviare una causa in Tribunale.
A fronte di questa diffidenza sull’utilità di entrare nel girone infernale delle aule di Tribunale, specie nel settore civile, resiste anche nel lessico l’idea che per ottenere giustizia non c’è soluzione diversa.
Credo che sia un falso e una scelta indotta da uno Stato che manca ad uno dei suoi doveri fondamentali, quello di tutelare i cittadini sempre mettendo in campo soluzioni alternative, realmente efficaci, di facile accesso in tempi ragionevoli.
Non è un pregiudizio nei confronti della Magistratura che in massima parte gradirebbe essere sollevata da un carico di lavoro, almeno quelli che svolgono i propri compiti con competenza e diligenza. È quello che accade in tutti i paesi più avanzati e con una democrazia che funziona dove le dispute che arrivano a processo vanno dal 5% al 15%. Non cito i dati italiani per amor di patria.
Cosa si potrebbe fare se lo Stato e la democrazia fossero solidi e affidabili nel nostro Paese?
La cosa più semplice, direi ovvia, è quella di fare scelte politiche e programmatiche che non tocchino diritti sociali e individuali dei cittadini, ed anzi vadano nel senso inverso, quello del loro rafforzamento. Dò per scontato che diritti e doveri debbano essere speculari, simul stabunt simul cadent.
In termini molto sintetici enumero la tutela del lavoro e dei lavoratori.
I giovani non conoscono il nome di un deputato socialista Brodolini, che fece approvare una legge “Lo Statuto dei lavoratori”.
Siamo negli anni ’70, in un clima sociale e politico anche violento.
Quella legge teneva evidentemente conto della necessità di ridurre le tensioni sociali che rischiavano di mischiarsi con la guerriglia degli studenti (da 15 a 40 anni!) del post ’68.
Ma quella legge, che pure fu accusata di essere troppo generosa e quindi a rischio di lavativi e assenteisti cronici, fece fare un grande passo in avanti alla dignità del lavoro.
Quella legge e con essa alcune tutele fondamentali furono poi cancellate prima dal Ministro Treu poi soprattutto da Matteo Renzi.
Oggi non il lavoro (ma lo stesso Diritto del lavoro è messo male) è infragilito, precario, sottopagato. La soluzione giudiziaria molto condizionata è quella, questa volta obbligata, per chi non vuole soccombere.
Ma accade, in questo campo, perché i cosiddetti “corpi intermedi”, i sindacati in primo luogo ma non solo, hanno mancato al loro compito.
La fuga dei lavoratori giovani o con competenze e lavoro in linea con il cambiamento radicale della produzione e dell’economia è solo numericamente compensata da milioni di pensionati iscritti per fedeltà al sindacato.
Nella realtà vera non quella raccontata en rose né la Giustizia né altri sono in grado di tornare a valorizzare il lavoro, che è il vero patrimonio di un’impresa.
Diamo uno sguardo alla fonte della Giustizia, che, come detto, è percepita e in molti casi è la sola soluzione disponibile.
Occorrerebbe, per prima cosa, che non si tirasse in ballo “l’autonomia e il rispetto” della Magistratura. È un valore costituzionale che basta e avanza.
Ma perché l’autonomia deve significare che errori per superficialità o parzialità, tempi biblici ai quali concorre anche lo scarso zelo di alcuni magistrati? Perché si è chiuso con un solo colpevole la vicenda di un CSM che era una specie di suk?
Certo il nostro Codice consente a tutti, psicopatici e provocatori compresi di intasare i Tribunali.
Due casi per tutti, da me conosciuti e vissuti in prima persona: un tizio sulla base di una presunta promessa verbale fatta alla madre defunta, indimostrabile, pretendeva che un box per auto gli fosse dato gratuitamente. Il malcapitato che decise di acquistarlo si è trovato sommerso da 19 cause, in primo grado, appello e Cassazione. Il folle ha perso tutte le cause, ma continua con altri cavilli la sua personale battaglia per dare il colpo di grazia al Tribunale di Roma.
Altro esempio: a titolo gratuito – come sempre ho fatto (un vizio che ho mantenuto anche con la Fondazione Giuliani con poca fortuna) – difendo una piccola società che aveva affidato a due consulenti un progetto che necessitava dall’approvazione degli Uffici della Provincia di Grosseto. I consulenti avevano preso fischi per fiaschi e quando tutto era quasi pronto per dar vita a un impianto di rottamazione auto, la società, una srl, di due operai, scoprono di aver perso soldi, tempo e un’opportunità irripetibile di mercato. La causa occupa 19 udienze, cambiano i giudici, un paio togati altri onorari (in barba al Codice di procedura).
Dopo 7 anni, arriva la sentenza del giudice onorario che dice: la Srl ha dimostrato ampiamente il danno subito, ecc… ecc…, e pertanto viene condannata al pagamento di €…
Il giudice (onorario dove c’è di tutto, raramente la competenza) aveva sbagliato articolo del Codice, confondendo ciò che si riferiva ad un Processo in Tribunale con quello che riguardava il Giudice di Pace.
In questo caso, replicato con un copia incolla in Appello, ci hanno rimesso i due operai aspiranti imprenditori, il sottoscritto che ha addirittura coperto i costi dell’Appello; il magistrato e quelli che l’avevano preceduto perditempo di mestiere non ci hanno rimesso neppure un “buffetto” sulla guancia da parte del Presidente del Tribunale.
Torneremo a parlare di Giustizia e Magistratura presto. Questa è solo l’introduzione. Una prima conclusione: fate harakiri ma cercate, se non obbligati da ragioni gravi, di non varcare la soglia di un Tribunale, almeno di certi tribunali nelle nostre vicinanze. Distinguete tra magistrati eroi e magistrati parassiti.
La Giustizia va sempre rispettata ma non obbliga a confondere uva regina e uva marcia.