Se avete letto l’articolo titolato Il male di vivere dei giovani… ricorderete che in conclusione ho scritto che sarei tornato su questo tema, che è purtroppo attualissimo, poco esplorato perché il luogo comune è più consolatorio e innocuo della verità, solo se avessi rilevato l’interesse dei lettori, soprattutto in quanto genitori o docenti impegnati con serietà e fatica nella scuola.
Non l’ho scritto per “narcisismo” da grande firma, perché narcisista lo sono solo per qualche idiota che ha esaurito le parole ostili e perché soprattutto non sono “una grande firma”.
Più semplicemente sono consapevole che il rapporto con i giovani è divisivo, tra chi pensa “ma ai miei tempi certe cose non succedevano” – come dire che il tempo che passa non cambia e modella ogni cosa che è vita – e chi invece è toccato dolorosamente e incolpevolmente da una lacerazione importante.
Aggiungo che siamo un paese di anziani, che hanno diritto di essere accompagnati con amore e fatica, ma se lo dobbiamo fare in modo assorbente risorse e tempo non bastano per il nostro ruolo di padri o madri, prevalendo spesso quello di figlio e figlia adulti o anziani essi stessi.
Fatta questa premessa, anche per la mia mai dimenticata esperienza di professore nei licei, vorrei riferirmi ora alla scuola, ai suoi insegnanti, ai suoi burocrati, che sono gli altri soggetti coinvolti nella crisi grave del pianeta giovanile.
Molti di voi ricorderanno il film L’attimo fuggente del 1989 con protagonista nel ruolo di un insegnante “fuori gli schemi”, un superbo Robin Williams.
Né la TV generalista né quella streaming lo ripropone da molti anni. Preferisce altri generi, nella convinzione che il pubblico oggi sia in buona misura quello che si infervora con Amici e penetra nell’intimità della vita altrui con Il grande Fratello.
Due trasmissioni che mi fanno rimpiangere la televisione tutta DC che metteva i mutandoni alle ballerine del varietà.
Torniamo al film con Robin William che è una vera e propria lezione su come vivere al massimo, attraversando il mondo con passione e con la consapevolezza che ogni istante è unico nel suo genere e prezioso. Insomma, dobbiamo vivere il presente «succhiando tutto il midollo della vita», senza mai perdere la speranza e la passione.
E il prof. John Keating, docente di letteratura, trasferito nel collegio maschile Welton, nel Vermont ha un approccio didattico originale che spinge gli alunni a distinguersi dagli altri e a seguire la propria strada. Un invito ad andare contro le rigide imposizioni imposte della società, essere consapevoli della fugacità della vita.
“Carpe diem, cogliete l’attimo ragazzi, rendete straordinaria la vostra vita” afferma Keating parlando con i suoi studenti, poiché “strano a dirsi, ognuno di noi in questa stanza, un giorno smetterà di respirare, diventerà freddo e morirà”.
Il Vermont alla fine degli anni ’50 con regole rigide sembra lontano dall’oggi in cui prevale la convinzione che regole non ce ne siano più e in ogni caso vengono non osservate.
Le regole divenute obsolete sono inutili e dannose quanto quelle che pretendono un rispetto che i giovani non sentono perché non ne comprendono le ragioni.
Di forza d’animo hanno bisogno i giovani – cito dal libro di Galimberti – soprattutto oggi perché non sono più sostenuti da una tradizione, perché si sono rotte le tavole dove erano incise le leggi della morale, perché si è smarrito il senso dell’esistenza e incerta s’è fatta la sua direzione. La storia non racconta più la vita dei padri e la parola che i padri rivolgono ai figli è insicura e incerta. I loro sguardi si incontrano, ma spesso solo per evitarsi.
La scuola non pronta a fare un compito così ambizioso, la buona volontà di migliaia di insegnanti, la loro dedizione – non generalizzata – per di più frenata da una fedeltà ottusa ai “programmi ministeriali” e dallo spreco di tempo prezioso per riunioni che non servono a nulla, se non a imbrattare carte che nessuno leggerà, non è in grado di risolvere “il problema”, ma al massimo di non aggravarlo.
E così accade che, di fronte a tragedie o azioni violente che si moltiplicano tra gli studenti, i professori dicano “Davanti a una tragedia così, non c’è nulla da dire”. Se gli insegnanti – scrive con ira Galimberti – che hanno questi ragazzi tutti i giorni non hanno nulla da dire, non sono innocenti, anche se non sono i soli responsabili, perché non si può trascorrere ogni giorno quattro o cinque ore senza neppure sapere chi sono che cosa passa nelle loro teste vuote e nei loro cuori pieni.
Consentitemi di concludere con una mia confessione e un mio iroso rimprovero.
Ho insegnato con passione, ho cercato di andare oltre il manuale di rito, sono stato considerato da molte decine di studenti un bravo e non noioso professore. Ho seguito per un triennio al Liceo Classico una stessa classe e non mi sono accorto che un ragazzo chiuso, atono, talora sgradevole soffriva di gravi turbe psichiche. Mi informarono in ritardo i suoi compagni di classe. Ne soffrii molto e mi scusai con il padre, un attore e regista famoso, incontrandolo a casa mia, ma gli domandai anche perché non ne avesse parlato con gli insegnanti. Temo che non lo ritenesse di alcuna utilità.
E ora il rimprovero, o qualcosa di più: ho scritto ai dirigenti di tre scuole superiori del cosentino, che poche settimane prima con decine di ragazzi a Villa Rendano (prima che diventasse un luogo “violato”) avevano ringraziato e manifestato ammirazione per una giovane da me assunta che aveva accompagnato passo passo i partecipanti e vincitori del Concorso Pensami la Storia.
Questa giovane brillante e impegnata oltre il dovuto era stata costretta a dimettersi dall’innominabile mio omonimo come testa da mozzare a beneficio di una consigliera piena di incomprensibile rancore. Tra qualche giorno scriverò di loro.
Ho chiesto con tre PEC ai Dirigenti di tre scuole superiori della Provincia di scrivere quanto avevano detto a Villa Rendano in occasione delle premiazioni, per potere difendere la giovane, venuta da Milano.
Nessuno ha risposto, il Capo dell’Ufficio scolastico di Cosenza idem.
Con questi insegnanti, che spero non siano la maggioranza, la sola cosa che i ragazzi hanno appreso è che “è meglio farsi i fatti propri”.
È una delle motivazioni per cui ho creato I Nuovi Calabresi e ho avviato tre azioni legali per scacciare gli indegni occupanti di un sito di cultura frequentato da migliaia di ragazzi di ogni età. Se mai avrò voce in capitolo (ribadisco non una carica formale) farò in modo che questi insegnanti restino fuori. Per indegnità insieme ovviamente con il burocrate che non sa che ad una segnalazione di un cittadino si ha l’obbligo di rispondere. Persino in Calabria.