La scalata ai vertici della Fondazione Giuliani e la successiva sospensione de ICalabresi non sono un evento “epocale”. Certo sanno di tradimento, di malafede, di cinica violazione del patto di reciproca lealtà con la quale nel 2011 Sergio Giuliani – contro la volontà del fratello e di un buon numero di parenti – accettò la proposta sostenuta e gestita in una prima fase dal Sindaco Occhiuto di fare acquistare alla neocostituita Fondazione Villa Rendano, scomparsa dall’orizzonte cittadino.
Se non epocale ma è comunque unica nel suo genere, l’assalto ad una Fondazione senza fini di lucro. È normale invece per le società commerciali che vengono “scalate” da accordi tra i soci ma anche in questo caso vi sono regole da rispettare: dichiarare se la “scalata” è ostile o no, informare la CONSOB che vigila sulle società quotate, e in caso di società ritenute “strategiche” il Governo mantiene un’azione detta golden power che blocca l’operazione per un interesse pubblico prevalente.
Nel caso di Enti del Terzo settore, come la Fondazione Giuliani, non avendo fini di lucro, da un lato non sono esposti a questa specie di pirateria e come nel nostro caso un atto di liberalità impegnativo (oltre metà del patrimonio personale del Fondatore) dovrebbe essere tutelato dalle istituzioni locali specie quando ne siano beneficiarie.
A Cosenza, come a Chicago degli anni Trenta, l’appropriazione indebita da parte dei quattro consiglieri che avrebbero dovuto agire solo nell’interesse della Fondazione per il quale il successore di Giuliani alla Presidenza per il quale erano stati designati è stata favorita da un imbarazzante omertà generalizzata (unica eccezione un’interrogazione parlamentare a firma dell’ex Presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra e altri), da tutta la politica, da tutto il modo imprenditoriale, dalla cultura e dall’Università, dalla stampa e dall’Associazionismo. Non un bel segnale e uno spot pubblicitario per Cosenza.
Sarebbe passata senza un se e senza un ma se chi scrive non avesse fatto il suo dovere, come gli era stato chiesto dal defunto Giuliani, rivolgendosi a diversi avvocati stimati per imbastire una reazione giudiziaria ipotizzando non la solita e inutile “violazione della buona fede” ma su sua indicazione (ringrazio Dio se in autotutela da adulto mi laureai anche in Giurisprudenza e divenni avvocato) “l’abuso di diritto”.
Molto poco fiducioso nella Giustizia e nei Magistrati, molti dei quali sono stati indicati come “corrotti” o collusi dal Procuratore Gratteri, ho cercato tutte le altre vie possibili. Esposti alla Prefettura di Roma presso cui è iscritta la Fondazione, al Ministero che ha (o avrebbe) funzioni di vigilanza sul terzo settore, ai Direttori di alcuni giornali nazionali che ho conosciuto e frequentato molti anni fa quando erano giovani redattori, al Prefetto di Cosenza che a mio parere ha almeno un obbligo conoscitivo, ai parlamentari calabresi che hanno confermato la loro disqualità (il contrario della qualità) ignorando una denuncia che in compenso è stata condivisa e apprezzata da centinaia di cittadini e lettori de I Nuovi Calabresi.
Ho fatto un buco nell’acqua e ho preferito seguire io stesso le diverse azioni legali con la collaborazione di un bravo avvocato di Grosseto.
In compenso ho ricevuto PEC idiote, perché scritte con il solo livore che è molto presente in questa storiaccia, il tentativo di screditarmi lasciando intendere “chissà che cosa” condiviso dai pirati, dai loro lacchè, dai miei ex colleghi, dai familiari e parenti di Giuliani e anche miei, essendo cugini, che hanno ricevuto molto o moltissimo senza alcun merito con modalità illegittime e non con atti pubblici.
Confermato che non ho alcuna intenzione di riprendere alcun ruolo nella Fondazione e riservandomi solo di assumere, quando potrò permettermelo, anche eclatanti iniziative informative e mediatiche grazie a I Nuovi Calabresi, finché l’oscurità e quindi l’immunità degli attori di questa sceneggiata triste non calerà. Non vedo innocenti in questa storia, ma colpevoli, responsabili, ingrati e diffamatori, come non ce ne fossero abbastanza in questa povera città.
Due precisazioni: ho lasciato volontariamente le FS a 54 anni per non rendermi complice di una svendita del trasporto merci italiano alla Svizzera, che era il progetto affidato all’utile idiota di turno Amministratore delegato da uomini del PDS e soliti soci rinunciando ad una retribuzione per me fantasmagorica. Dopo il cosiddetto “scandalo delle lenzuola d’oro al tempo di Ligato (siamo alla fine degli anni 80) tutti i dirigenti di prima fascia furono passati al setaccio dai Servizi segreti. Per quanto mi riguarda ricordo solo che il 10 gennaio, sabato, del 1988 il Commissario straordinario Mario Schimberni che aveva guidato la Montedison ed era letteralmente “un mastino” mi convocò e disse, lui che era algido come un pezzo di ghiaccio, che voleva “complimentarsi per la mia onestà”. Credo che avesse scoperto che non accettavo a Natale o in ogni altra occasione più di due bottiglie di vino. Non è un merito, è o dovrebbe essere la norma, ma è una mia garanzia contro ladri, mestatori, approfittatori che la storia di “Villa Rendano” ha fatto stupidamente ringalluzzire. La storia di questo clima e di questa compagnia malmestosa mi occuperà nel corso del mese di agosto. Non credo che ci saranno noiose ripetizioni di cose dette e stradette.