Sotto la testata de I Nuovi Calabresi compare una citazione di George Braque La verità esiste, solo la falsità deve essere inventata.
L’ho scelta perché essa corrisponde ad una mia ferma convinzione. Non sono stato profetico, ma solo fedele ad un convincimento che ho sempre ricordato nel corso della mia vita – mascalzoni e bugiardi ne ho incontrati come tutti con numeri esponenziali.
Fin dall’inizio del ribaltone del Vertice della Fondazione, che è stata guidata da Walter Pellegrini e dai tre consiglieri che avevo scelto per antichi rapporti di amicizia e fiducia, dei quali poi il 30 maggio 2022 hanno fatto strazio, senza neppure inventarsi una motivazione credibile, ero convinto che avrei avuto modo e occasione di far ritenere illegittimo e quindi annullabile quella decisione.
Ho fatto la sola cosa che potevo fare, rivolgermi a bravi avvocati di Cosenza e avviare l’iter che poi si sarebbe concluso con il processo ancora pendente al Tribunale di Roma.
Non tutto è andato bene, i primi a scendere dal “treno”, fuori metafora, i redattori de ICalabresi e anche alcuni frequentatori di Villa Rendano.
Ciò mi ha ferito al punto da incrinare in modo grave il rapporto affettivo con la mia città natale, dove ero tornato a vivere per favorire la ripresa fisica e emotiva dopo lunghi mesi di interventi chirurgici e ricoveri ospedalieri. Ancor’oggi cerco di starne lontano nella mia casa in Maremma che mi ha accolto da decenni come un suo nativo, con amicizia, solidarietà, stima. Questo all’inizio è mancato a Cosenza.
Ma come dice George Braque La verità esiste, solo la falsità deve essere cercata.
A dire il vero mi sono un po’ a caso imbattuto nel bilancio 2022 della Fondazione che doveva essere approvato il fatale 30 maggio, che non presenta sorprese, a parte aver buttato nel cestino la srl e editrice e ICalabresi che erano stati valutati e certificati per € 500mila. Un eclatante danno patrimoniale che appena possibile porterò, io o altri, in Tribunale. Ho speso fino ad ora quasi € 100mila per onorari, potrò con sacrificio aggiungere qualche migliaio di euro.
Quello che mi ha colpito non è stato il bilancio, ma la Relazione illustrativa firmata dal mio disistimato omonimo.
E costui preso da eccitazione servile, tra le molte falsità che butta nel mucchio e per le quali mi riprometto di passare dal Tribunale civile a quello penale, ha scritto: Come è noto il 2022 è stato un anno “particolare” (intendeva dire immondo) per la Fondazione. Nel mese di giugno si è verificata la decadenza dei precedenti membri del CdA (per la verità 3 su quattro sono vivi e vegeti nel nuovo CdA in compagnia non casuale del massone Kostner, per molti lo chaperon di WP e del noto e resuscitato Mario Occhiuto, mentre il quarto precedente Santo Mungari si è ricollocato nella funzione che gli consente di nominare come in passato – per mia imperdonabile imbecillità – i membri dei CdA in caso di decadenza, facile da realizzare se tu hai scelto, come ho fatto io, quattro copie di Giuda Iscariota).
La nota prosegue: …il nuovo CdA ha determinato una serie di cambiamenti e adeguamenti in corso grazie ai quali sono stati ottenuti importanti risultati alla gestione amministrativa della Fondazione. (ndr: oltre ai già citati danni patrimoniali si sono aggiunti il licenziamento camuffato da dimissioni di una giovane milanese, bravissima, ma perseguitata come da una Jena dalla cons. Catanese, premiata anche con la Vicepresidenza e il mobbing a danno di Anna Ciparrone tagliandole lo stipendio – che la legge vieta in assoluto – e portandola alla soglia delle dimissioni che ho fermato ricavandone la perdita anche del saluto – homo Homini lupus, in versione femminile). Ma qui viene il bello della nota: l’obiettivo che in particolare il nuovo Cda si è prefissato e rispetto al quale può vantare un esito certamente positivo ha riguardato la ricostituzione delle principali relazioni istituzionali e sociali rivelatesi precarie (con quel fregnone di Franco Pellegrini) o del tutto inesistenti.
Cerco di tradurre: la Fondazione ha una sola vera e strategica missione, ovvero mettersi al servizio di Mario Occhiuto, meno di Franz Caruso che è solo un replicante, Bruno Bossio e altri non identificati tromboni. Quindi quell’ingenuotto di Sergio Giuliani ha buttato al vento 13 milioni di euro non per dare alla città una Villa prestigiosa e un polo museale, culturale, civile e editoriale. Per completezza oltre all’ingenuotto bisogna aggiunge il masochista Franco Pellegrini che non retribuito “s’è fatto un mazzo così” per realizzare il desiderio eccitato da Occhiuto di Giuliani.
D’altra parte che Mario Occhiuto avesse la mente e la lingua biforcuta l’avevo capito da tempo, quando convinto Giuliani ad acquistare Villa Rendano e ristrutturarla radicalmente aveva detto che essa avrebbe ospitato il Parco tecnologico di Trieste con “un progetto, fico” in realtà già destinato per soli € 3 milioni al carrozzone CalabriaInnova. Ben presto venni a sapere che la Villa sarebbe diventata la sede secondaria del macilento carrozzone, defunto dopo appena 4 anni di vita, in modo da dare una poltrona più comoda al culo del presidente stampatore Umberto De Rosa.
La storia oggi si ripete: il culo oggi è quello di Occhiuto, ma siccome i soggetti istituzionalpolitici (da strapazzo) sono tanti, potranno essere gratificati molti altri culi.
Ecco la grande novità introdotta da WP e altri cinque compari.
La missione della Fondazione è finalmente chiara, utile – non quelle “puttanate” di Musei, Corsi di Alta Formazione, Prodotti editoriali liberi, di qualità e pure remunerativi a breve termine.
Prima conclusione (la storia continua con altre chicche che vi anticipo confermano il mio disprezzo per questa compagnia di giro) il logo di Villa Rendano con la scritta la città al centro dovrebbe chiamarsi Palazzo storico “Culi per tutti”.
CONTINUA, questo è solo l’inizio…
Con questa serie di articoli (cinque in tutto) che sbugiardano, come altri, Walter Pellegrini che si dà come missione principale della Fondazione di essere “pappa e ciccia” con i soliti noti, chiamati impropriamente soggetti istituzionali, che in 10 anni abbiamo sollecitato invano per non lasciare sola la Fondazione Giuliani, in un Paese civile dovremmo poter denunciare i fatti al Tribunale penale. Ma siamo in Italia e sebbene si dica che la Legge è uguale per tutti, la replica di Davide contro Golia è difficile. Chi crede che vinca sempre il “buono” contro il “cattivo”?
È più vicino alla verità chi è scettico e non ci crede. Personalmente confido un po’ di più nell’informazione fondata come questi articoli sui verbali del Cda della Fondazione dal 2011 al 2021.
Ma non al punto da pensare, come avevo ripetutamente scritto, che personalità stimate e rappresentative di tutte le opzioni politiche, culturali e ideologiche, purché non inquinate dal malaffare, dovrebbero farsi avanti per salvare dal saccheggio morale e fisico Villa Rendano, che questo appello venga accolto per “salvare l’onore e l’immagine di Cosenza”, sarò retorico ma è meglio che essere gonzi, perché non mi risulta che in Italia che non è da tempo culla del diritto e della libertà democratica sia mai accaduto che un ente no profit venga dato in mano, non per valorizzarlo, allo stesso politico che l’aveva proposto e sostenuto con un patto non solo tacito di reciproca lealtà. Non è mai accaduto che un giornale libero e vincente fosse chiuso contro ogni logica come nel ventennio o nella Russia di Putin. Non era mai accaduto, credo, che un avvocato consulente giuridico della Fondazione divenisse il regista di una conquista illecita. Come credo non sia mai accaduto il record della falsità raggiunto da Walter Pellegrini che replicando le parole dette con profonda sincerità dal padre il carissimo Luigi passasse dall’autodefinizione di fratello a livido e bugiardo nemico. Perché? Perché dopo aver gustato il (modesto) piacere di fare il ras pagato di Villa Rendano non ha accettato che il legittimo responsabile (non capo perché in un ente no profit di “capi” non si dovrebbe parlare) tornato a Cosenza gli togliesse, né funzioni né compensi, ma il monopolio dell’egomania e del narcisismo.