L’articolo Occhiuto, siamo a tre, esagerato! a ricevuto questo commento.
Questa la mia replica.
Personalmente la penso così: alla fine dello scorso secolo la ‘ndrangheta con i suoi capitali è sbarcata in grande a Cosenza e provincia. In realtà il processo in tutt’Italia è iniziato alla fine degli anni 70. Ha potuto contare sulla copertura, spesso solo di facciata, massonica (si parla di massoneria deviata, ma non innocua), ha incontrato una classe politica debole e permeabile – il tempo dei politici di razza come Mancini, Misasi, Principe e altri era finito -. Ha trovato una Procura non al massimo dell’efficienza e della trasparenza. Secondo voci anche autorevoli diffuse non mancherebbero magistrati corruttibili.
Il risultato che il primo Occhiuto, non dolosamente, ha coperto con la sua sindacatura attiva è divenuto evidente e oggi Cosenza è irriconoscibile. Un pò tutti hanno di fatto partecipato a questo processo di decadenza, ma io assegno la responsabilità maggiore ad un’informazione pavida, omissiva e perciò inutile. Quando ho pensato a far nascere ICalabresi, un libero giornale di successo, non avendo in mente un modello scandalistico e diffamatorio (e infatti ho ricevuto due querele che a quanto ne so sono state bocciate) non ho pensato alle reazioni, tanto meno al fatto che avevo nominato nel CdA della Fondazione (di fatto editore della Testata) delle vipere. Ingenuo? Non credo in questo caso: traditori imprevedibili sì assolutamente. Da qui l’occupazione inedita della Fondazione che da qui a poco sarà resa pubblica con una iniziativa giudiziaria che va ben oltre il singolo caso, ma interessa tutto il Terzo settore, che è un campo centrale, per l’economia sempre più contrassegnata da patti di sussidiarietà (collaborazione leale e condivisa) tra Pubblico e Privato. Come è accaduto tra Fondazione e Comune, in persona del sindaco pro tempore Occhiuto (senza lealtà, condivisione, coprogrammazione, ecc… sostituite dagli sbalzi di un umore di Occhiuto e dalla disponibilità di livorosi e indegni servi sciocchi).
Ciò che è oramai evidente è che un intero sistema ha sostenuto, magari per omissione, un altro inedito: la prima chiusura di un giornale libero e addirittura pur con una certificazione del valore patrimoniale totale, editrice e testata, è stata definita dal boss “un danno per la Fondazione”, per la quale ha addirittura presentato una citazione fatta di falsi richiedendo una mia condanna a pagare “per il danno” osannato con whatsapp fino a tarda settimana dagli attuali carnefici “la somma di € 270.000,00.
Ma l’operazione non è del tutto riuscita, perché il silenzio tombale di tutti è stato rotto da I Nuovi Calabresi. Ma se i numeri, 300.000 in nove mesi, sono più che confortanti (e checchè dica il mitico Mario Occhiuto dall’alto del suo Olimpo) e molto sgraditi alle congreghe, quando ho aperto una minicampagna di sostegno economico ho avuto il contributo (che partiva da un euro) di una sola persona. Non mi interessa l’aspetto economico che dovrò contenere – le cavolate para giudiziare di W.P. sono tutte pagate dalla Fondazione, le mie meno cavolate dalla mia pensione – ma interpreto questa astensione come “disponibilità a leggerti, ma a patto che tu non debba farmi pagare neppure il costo di un caffè”. E questo mi offende sul piano personale, ma dà ragione a quanti non calabresi da me conosciuti in quasi 40 anni di lavoro nell’informazione dicono, e mi hanno detto, che “della Calabria non frega niente a nessuno”, perché evidentemente la credono irrecuperabile. Ed è inutile che ricordiamo che la nostra terra è bella, accogliente, generosa (tutto vero) se poi non facciamo nulla dai vertici (ultimo caso del Rettore di Unical che neanche fa sapere se gli piacerebbe, liberandosi dagli intrusi attuali (e avverrà, sono diventato un esploratore di codici, giurisprudenza, leggi recenti di tutela e garanzia), acquisire la Fondazione e Villa Rendano, salvando queste ultime da morte certa entro pochissimi anni e arricchendo il patrimonio dell’Università di circa 8.000.000 di euro.
Francesco Pellegrini