Giornali e televisioni hanno dato ampio spazio al comizio romano di Elly Schlein e ai 50mila partecipanti, calcolati a spanna con molta generosità (ma lo fanno tutti), non si capisce se per le sue parole che non sembrano inedite o se per la “sorpresa” di vedere un autorevole rappresentante del PD dinanzi ad un buon numero di persone.
Credo che la segretaria del PD stia cercando con molta buona volontà di farsi riconoscere dalle gerarchie interne al partito come legittima leader, sebbene non votata dalla maggioranza degli iscritti o di far giungere ai milioni di scettici, ma potenzialmente di centrosinistra, qualche proposta, o messaggio o slogan che dia loro almeno un po’ di fiducia e di coraggio.
Personalmente me lo auguro, perché l’alternativa al centro destra – che non vedo né oggi possibile né domani probabile – senza il PD ampiamente ripulito, lucidato, ringiovanito e disinquinato dai perenni oligarchi senza pudore (Calabria docet) diventa impossibile.
E aggiungo che, se pure si facesse il malfamato “campo largo” con il M5S di Conte, capo del governo più a destra della storia repubblicana fino alle ultime elezioni e ribattezzato dalla coppia Zingaretti (il fratello di quello bravo) e Bettini con un colpo di bacchetta magica “leader dello schieramento progressista”, ha buone possibilità di sorpassare nei voti il PD.
In un tempo e in un Paese come è oggi l’Italia, dove pure una bussola di grande precisione non saprebbe indicare i quattro punti cardinali, un Movimento che, senza la dignità e la qualità della vecchia DC – un mix di destra sinistra centro (punto di incrocio e di riparo per i viandanti) – è un mistero misterioso calato nel mistero bis quanto ai suoi valori, alla sua vera collocazione, ad uno straccio di programma, e godrebbe del vantaggio che accompagna l’inconoscibile.
Lo show di Grillo che il furbo Fazio ha reso protagonista per una serata non è liquidabile con la vegliarda età, con il dolore rabbioso per il processo al figlio, perché esso invece ha fatto riemergere tra una battuta e un insulto i reperti della lunga stagione che è partita da Bologna con uno stentoreo “vaffanculo” ed ha portato al trionfo elettorale di sei anni fa.
Oggi il modello di capo elegante, belloccio (a detta delle mai dimenticate “bimbe”), con o senza pochette tiene, gli basta dire una cosa più a sinistra del PD – ci vuole poco – e mantiene le posizioni.
Personalmente dubito che il Conte azzimato diventi mai leader vero, con un pizzico di carisma, così come dubito che la Schlein lo diventi avendo una proposta politica con visibili tracce “radicali” che in questo momento storico significa attenzione prevalente ai diritti civili, mentre c’è un disperato bisogno di mantenere i diritti sociali – sanità, salari adeguati, progetto “giovani”, cioè tirarli fuori dalla semioscurità che li accompagna – e di conquistarne di nuovi.
Il favore che sembra accompagnare l’idea di fare eleggere dal popolo il Capo del Governo segnala molte cose, prima tra tutte che se sei “capo” o “segretario di partito” non vinci, o almeno non vinci facile, la personalizzazione della politica richiede che si sia leader, capi carismatici.
Nella prima repubblica lo sono stati Berlinguer e Craxi, nella cosiddetta era post Mani pulite lo sono stati a modo loro Grillo e Berlusconi. Gli altri non sono pervenuti da questo punto di vista, leader un po’ si nasce, molto si diventa. Ma se vuoi che ne emergano un bel po’ devi cambiare radicalmente le vecchie classi dirigenti, grigie, burocratiche.
De Luca a Napoli l’ha capito (la parodia di Crozza l’ha addirittura consacrato) ma è il solo che guarda caso la Schlein dovrà sorbirsi come Presidente della Regione Campania al terzo mandato. Altrove il PD non si rinnova, si compattano i presunti panchinari,
se qualche faccia nuova deve essere presentata si ricorre a ottime persone come il giovane Pecoraro o la meno giovane Locanto che più grigie e innocue non si può.
Senza prendere atto di queste ovvie considerazioni rassegnatevi a tenere cara la Giorgia nazionale che è leader, tosta, e pure capace di parlare inglese, francese e spagnolo, e tenetevi pure le cariatidi, non anagraficamente, ma politicamente, che i Calabresi hanno scelto e votato, senza amore ma anche senza pudore.