La prospettiva per l’Italia più temibile è il collasso demografico. Da “Limes” traggo questo quadro, non possibile o probabile, ma senza scelte politiche profondamente innovative destinato a diventare realtà, in tempi medio brevi.
“L’anno prossimo sarà il decimo di costante calo degli italiani. Qualcosa mai accaduta (…) La piramide dell’età sarà presto insostenibile e con essa la tenuta sociale ed economica del paese.
Senza una robusta coorte di giovani, per definizione interessati all’avvenire, concepire qualsiasi progetto, diventa gioco intellettuale. Tanto più che la denatalità asimmetrica – colpisce più il sud che il nord – incide la faglia storica che distingue l’Italia, con effetti devastanti sull’ambiente umano e naturale, specie nell’interno appenninico in via di spopolamento (…) e la comunità nazionale tende a sfilacciarsi”.
Il problema pur nella sua drammaticità è da tempo rimosso dal dibattito politico e pubblico. Parlare di un invecchiamento in sé positivo, ma insostenibile senza radicali e tempestivi cambi di direzione, ti espone alla domanda più sciocca e cinica che si possa dare: “Cosa facciamo, gli anziani li ammazziamo?”
Si dovrebbe rispondere con un’altra domanda “E i giovani? Li impacchettiamo e li restituiamo alla cicogna mittente?”
Questo spezzone di dialogo, che non è inventato, ci dice che questo Paese, come è suo costume, i problemi che comportano soluzioni non facili e anche impopolari li accantona, ma siccome la realtà ha la testa dura provvedimenti non conclamati, tagli, riduzione importanti del welfare li ha presi ma senza quasi darne notizia.
Quali sono i provvedimenti che sono stati di fatto coperti, accettati e favoriti dai cosiddetti corpi intermedi, primi tra tutti i Sindacati?
Il Sistema Nazionale Sanitario è stato progressivamente adattato alle necessità di una parte sola, ancora per poco maggioritaria della popolazione, giacché i tempi lunghi incompatibili con quelli delle patologie hanno comportato che quasi la metà degli italiani sia costretta a ricorrere alla sanità privata o ai servizi ospedalieri intra moenia.
Il peso economico è stato parzialmente ridotto per fasce privilegiate dalle Assicurazioni che non sono come Babbo Natale e quindi hanno costi e coperture diverse, quasi mai al 100%.
C’è un segnale forte sul fronte dei salari, che hanno visto perdere due punti percentuali in Italia, poco meno della Grecia (che poco alla volta ci lascerà l’ultimo posto nella maggior parte delle classifiche).
Questa riduzione è inflazione “interna”, cioè dovuta a fattori endogeni. Ora ad essa si è aggiunta quella generale che in concreto è una pesante e subdola decurtazione dei salari.
Anche in questo caso quelli a reddito fisso, cioè i soli che pagano integralmente le tasse, sono i più penalizzati. Gli autonomi soffrono il calo della domanda, ma con aumenti anche poco visibili in parte recuperano.
Non sono un economista e quindi non vado oltre sul punto, ma ci sono altre cose da dire.
La prima che in periodi di crisi economia e forte inflazione l’Italia paga un prezzo più alto per il debito mostruoso che si porta appresso dagli anni ’80 -quelli della “Milano da bere” – e il Sud che ha un’economia spesso “di sussistenza”, con gravi diseguaglianze sociali, soffre di più.
I giovani che emigrano in direzione di Milano hanno maggiori possibilità di trovare lavoro (ma non alla Bocconi, per intendersi) ma il maggior guadagno è una specie di fata Morgana, più soldi in entrata più soldi in uscita per il maggior costo degli alloggi, dei prodotti alimentari, in parole semplici di “tutto”.
Ho fatto cenno ai sindacati che hanno ripreso coraggio dopo una decina d’anni di silenzio o debole borbottio.
Il risultato per i sindacati che la maggioranza degli iscritti è costituita da anziani e nella realtà nel settore industriale prevalgono i sindacati autonomi di base.
La burocrazia di vertice che si è assegnate – non tutta per la verità – laute retribuzioni e quando qualcuno di loro è incalzato dalle domande su questo dato dei pochi giornalisti d’inchiesta sopravvissuti a Report chiamano in soccorso i “buttafuori” che li accompagnano. Immaginate Lama Storti, insomma i leader sindacali di una ventina di anni fa, come giudicherebbero questi mediocri successori. Non voglio pensare male, ma nei 9 anni di governo con PD e M5S – durante i quali è cambiato in peggio (la torta si è ridotta e i commensali sono aumentati) il sistema pensionistico, quello sanitario, è stato cancellato o penalizzato (da Treu prima e da Renzi poi) il Diritto del lavoro – intendo la disciplina giuridica che regola i rapporti di lavoro – e quindi a seguire i diritti dei lavoratori, i giovani sono stati lasciati al sostegno delle famiglie rubando loro il senso del vivere e ogni seria prospettiva.
La demografia in forte calo non ha soluzioni di buona volontà come quelle messe in campo con tanto di slogan dalla Meloni, e qualcuno deve spiegare come rilanciare la natalità in forte calo.
Sono tornato da Lussemburgo da pochi giorni e ho visto frotte di bambini di coppie giovani.
Perché fare figli è diventato un azzardo da un lato e dall’altro un desiderio di averli calante. Spese alte con stipendi bassi e contratti precari, asili nido anche quelli comunali cari e pochi, poca voglia di sacrificare libertà e lavoro specie se gratificante,
precarietà e età spesso matura delle coppie (compagni raramente marito e moglie) e via enumerando.
È cambiato il sistema valoriale nella società e nel contesto personale. Accadrà forse quel che è accaduto con il clima: abbiamo sbertucciato sul modello Trump, una disgrazia di Dio, l’ambientalismo e abbiamo affidato ad una sedicenne svedese il compito di segnalare i pericoli imminenti.
Ed oggi abbiamo in Italia non più il clima mediterraneo, con inverni di freddo temperato e di caldo sopportabile, ma siamo passati al clima subtropicale, per intenderci quello che tocca Mali Burkina Fasu, Niger, ecc… Non vogliamo importare Africani esseri umani allora facciamo il pieno di caldo torrido, inondazioni, desertificazione di vaste aree del nostro territorio.