Li abbiamo chiamati “sdraiati”, ora “sonnambuli”, i destinatari di questi aggettivi sono prevalentemente i nostri giovani.
Lo meritano in buona parte, perché il loro “male di vivere” di cui abbiamo scritto, che è reale e motivato, lo traducono in passività, rassegnazione, ignavia, indifferenza nei confronti della realtà in cui vivono e che li ignora.
Questa è la loro “colpa”, quella di attendere fideisticamente i loro “soccorritori”.
Non sembrano capire che l’Italia attuale, andando contro logica e contro il suo interesse, ha deciso che il problema giovanile, soprattutto maschile, non è responsabilità sociale, ma è demandato tutto alle famiglie.
E le famiglie italiane non si sottraggono all’ulteriore impegno al quale sono chiamati: danno la paghetta ai figli anche a trenta anni, in fondo si compiacciono che vivano in casa di mamma e papà fino a 40 anni perché si ritengono eterni (e in fondo non hanno torto perché la longevità ha superato ogni linea rossa) e in tal modo confermano le istituzioni politiche a non fare nulla in favore dei giovani, innocui, dando la precedenza agli anziani. Il problema è di difficile soluzione: gli anziani in crescita esponenziale, grazie alle medicine allungavita (non salvavita), hanno diritto di essere aiutati e assistiti, ma poiché la torta è sempre quella, se non ridotta, inevitabilmente qualcuno mangerà la fetta più grossa e un altro quella più sottile.
Non credo che abbia bisogno di ulteriori spiegazioni.
Ma in questa scelta in parte obbligata, e solo ora entrata nel linguaggio pubblico, c’è un “ma” grosso come una casa. Se ignoriamo i giovani quale è il futuro di questo paese? Quale è il futuro di un territorio povero, mal governato, marginale come la Calabria?
Se volete saperne di più leggete l’ultimo Rapporto Censis (improbabile dove i lettori di laqualunque sono quattro gatti).
Se vi accontentate di piccole anticipazioni, vi basta sapere che gli italiani nel 2050 – che è una data lontana per chi ha 50 anni, ma vicina per chi oggi è bambino o adolescente – saranno 5.000.000 di meno e i migranti che oggi consideriamo degli invasori insopportabili, saranno i nostri salvatori. Il Ministro Lollobrigida, meno abile della sua lontana parente Gina, parla di sostituzione etnica. Le parole sono sgradevoli, ma il concetto è chiaro e fondato.
Veniamo alla Calabria verso la quale nonostante tutto abbiamo maggiore interesse: già oggi in decine di migliaia i giovani più qualificati o fortunati se ne vanno, e vi assicuro che la più gran parte dopo pochi mesi è tanto se ritornano per Natale o qualche giorno di vacanza al mare, depauperando la propria terra.
Qualcuno se ne preoccupa specie tra gli sgovernandi? Manco per idea, una persona capace lascia il posto libero a un incapace meglio se “figlio di papà”.
Ora non si può pretendere dai calabresi che tutti vedano lontano e quindi si preoccupino di questo svuotamento delle migliori energie, perché nel modello “matriarcale” dominante il cuore di mammà vorrebbe i figli attaccati alle loro gonne fino alla fine dei propri giorni, ma qualcuno che ha il dovere di non far morire questa regione esiste. A me pare che i becchini siano più numerosi dei preveggenti salvatori.
Il nepotismo, il clientelismo paga subito, la preoccupazione per il futuro “non frica nente a nessuno”.
Sia chiaro che questa miopia cinica non è solo calabrese, ma al solito da noi le cose brutte diventano pessime, un po’ di lungimiranza esiste in dosi omeatopeiche, la bulimia di chi è al potere è insanabile.
Ecco perché i sonnambuli e gli sdraiati pullulano. Ecco perché di fatto c’è una convergenza ottusa tra potenti e gente comune, i primi guadagnano se i migliori se ne vanno e la famiglie, non tutte, guadagnano se i figli, meno dotati e meno motivati, vivacchiano a casa o vicino a casa perché notoriamente “so pezz’e core”.
Se qualcuno ne scrive come noi, prima con ICalabresi ora con I Nuovi Calabresi, dà fastidio, è considerato un nemico da zittire, tanto i killer a prezzo di saldo li trovi ovunque, anche tra parenti e amici di quelli che usano il cervello e lasciano la pancia.