Le cronache di questi giorni riferiscono ampiamente il sospetto che la decisione del Ministro questurino degli Interni di far verificare ipotetiche infiltrazioni mafiose nell’Amministrazione del Comune di Bari sia una inopportuna manovra politica della destra. Ma riferiscono anche le diffuse manifestazioni di stima e apprezzamento per il Sindaco della città e Presidente dell’Associazione dei sindaci italiani che lo hanno votato senza logiche di appartenenza politica.
Noi siamo come la stragrande maggioranza convinti di due cose: che De Caro è uno dei migliori Sindaci che Bari abbia mai avuto e che come ovunque la politica gioca sporco utilizzando le leve del potere oggi posseduto.
Perché scrivere di Bari? Semplice, perché da cosentino sarei orgoglioso di avere un Sindaco onesto e capace di cambiare radicalmente il volto non la sola immagine della città.
Sarei felice se il PD anche a Cosenza e in Calabria esprimesse e valorizzasse dirigenti con le qualità umane e politiche di Antonio De Caro.
A Cosenza tocca invece di avere un Sindaco che non ha autonomia nel governo della città essendo “guidato” dall’esperta ma non del tutto stimabile coppia Adamo-Bruno Bossio e temo anche privo delle capacità gestionali e politiche che una realtà complessa come quella della “grande Cosenza” richiederebbe.
Due domande retoriche: perché un clone o uno non distante da DE Caro non è disponibile in Calabria? Bari, lo hanno detto tutti, ha storicamente 14 famiglie criminali, ma tutte decapitate da una Magistratura affidabile e non timorosa, ma la città è ben governata – basta fare una capatina da Cosenza, un paio di ore di macchina in autostrada – è viva, i cittadini sono attivi e presenti nella comunità, stanno dalla parte del Sindaco del PD anche se forse neppure lo voterebbero il PD senza questo Sindaco e la sua Giunta.
Altra domanda prima di rispondere: perché Cosenza mal governata da Franz Caruso con la falsa opposizione della minoranza e dell’ex Sindaco Mario Occhiuto non manda a casa, non in galera, una classe dirigente di centrosinistra a che senza merito e senza stima (anche con poche noie giudiziarie) è al potere da una ventina d’anni?
Risposta ovvia, perché i cittadini li votano turandosi il naso ma soprattutto la bocca e i neuroni cerebrali.
È vero anche questo, ma anche nella Sicilia delle mafie gli impresentabili sono stati mandati in pensione, almeno quelli non ammazzati dai mafiosi stessi per il peccato di “infedeltà” nei loro confronti.
A Cosenza, che era un tempo di fatto immune dal fenomeno mafioso, e i clan delinquenziali degli anni ’70 erano feroci e infamanti per la città, non erano la stessa cosa della ’ndrangheta. In comune avevano accesso libero presso molti magistrati del Tribunale penale di Cosenza, Procuratori quaquaraquà, avvocati stipendiati da “clienti”.
Oggi però il quadro è cambiato e in peggio. A parte il degrado avvertito da tutti, il grigiore che è calato su una città un tempo dinamica e vitale, il potere reale è nelle mani della cosiddetta Massoneria deviata o Massamafia.
Il successo probabilmente provvisorio del nuovo Gran Maestro del GOI, quello che s’è costruito accanto al Palazzo di città, dimesso e quasi dismesso, un tempio che somiglia senza averne l’eleganza ad un Tempio greco, Segesta o Selinunte per restare vicino, è la certificazione del titolare del potere reale.
Ora se un Governo o un Ministro dell’Interno anche scalcinati volessero combattere questa presenza cancerosa non manderebbero questori di totale inconsistenza, mi riferisco alla signora che considerò un pericolo pubblico intollerabile 40 passeggiatori nel vicoli del centro storico, non farebbero lo stesso o peggio con i Prefetti, una delle quali fermata dai Carabinieri con una busta di miserabili € 1000,00 di dubbia provenienza, non lascerebbero al proprio posto fino al pensionamento un Procuratore sbertucciato, come i suoi ultimi predecessori.
Allora se possiamo sperare di somigliare un poco a Bari anche noi vogliamo che a Cosenza arrivi una commissione di indagine seria e rigorosa, perché nella città pugliese c’erano solo indizi di infiltrazioni mafiose, nella nostra città calabrese ci sono macroscopiche evidenze. Ecco perché titoliamo questo articolo “Cosenza non è Bari, che peccato!”.