Non ci provo a competere con gli analisti, bravi e originali, e neppure con quelli che sono convinti di esserlo, ma alcune considerazioni sul primo turno delle elezioni francesi me le permetto, perché il vizio di leggere di tutto, libri e giornali sebbene questi ultimi siano diventati “roba da vecchi”, non l’ho perso, perché amo la storia e la politica, in particolare la geopolitica, perché l’abitudine ad usare più il cervello che le gambe non mi ha abbandonato.
Comincio da un parallelo che pochi hanno fatto tra elezioni americane, ancora lontane dalla designazione dei candidati finali alla presidenza, e quelle francesi che hanno visto la destra vincere al primo turno, con ampio margine di vantaggio sulle altre forze che cercheranno di rifarsi facendo un innaturale fronte comune tra diversi o diversissimi, perché la legge elettorale a doppio turno è stata pensata con la logica “del tutti contro uno”.
Federico Rampini, che non è un veggente ma un saggista eccellente, aveva anticipato le ragioni di fondo per le quali Trump poteva vincere nonostante sia un rozzo ignorante, per molti un delinquente, un bugiardo seriale e addirittura un pericolo per la democrazia americana. Il saggio di cui ho scritto, “America. Viaggio alla riscoperta di un Paese”, descriveva gli USA divisi non a metà, nativi e immigrati irregolari, bianchi o neri o latinos, americani dell’opulenta e scintillante Grande Mela o della ricca Los Angeles, ma in tanti pezzettini come fossero un puzzle. Ci sono diverse Americhe, tra cui quella meno istruita, senza lavoro perché le fabbriche tradizionali chiudono a migliaia da almeno 20 anni senza quel welfare, che in Europa ed in Italia poco alla volta si sta riducendo e indebolendo.
Rampini fa poi sul Corriere un parallelo che non è venuto in mente a nessuno o quasi. È quello tra la Rivoluzione americana del 1765 -1787 che ispirò quella francese del 1789. Le loro due Repubbliche insieme diedero vita alle dichiarazioni dei diritti umani che continuano a ispirarci più di due secoli dopo. Ora il gemellaggio prosegue nel declino.
“Ostinarsi a dire che una marea nera” fascista incombe sulle due democrazie più antiche è l’alibi per non chiarire le responsabilità. È comodo parlare di “peste nera” come fosse un’epidemia. Così si evitano di fare i nomi dei colpevoli, si evitano di denunciare gli errori di chi ha consegnato alla destra questa egemonia”.
Forse, per ricordarsi che questo parallelismo tre due Paesi su sponde opposte dell’Oceano atlantico non è una bizzarria, basterebbe ricordarsi che oltre alla Statua della Libertà a New York c’è la copia in dimensioni ridotte della Tour Eiffel.
Dunque convinciamoci che nella storia i fenomeni accadono sempre secondo una logica ed una scansione temporale. Sarebbe facile capirlo se la storia oggi in Europa e in Italia la si insegnasse decentemente nelle scuole e non si ponesse sul cammino dell’eliminazione come accaduto da anni con la geografia.
Ma su questo fronte non c’è da essere ottimisti e i prezzi che si sono già pagati si pagheranno di nuovo anche nel prossimo futuro.
Ora, sempre per la storia che non si ripete sempre allo stesso modo – anziché lanciarsi insulti tra “copie” del fascismo morto 80 anni fa e copie dell’antifascismo militante sbiadito dopo gli anni della pseudo rivoluzione post ’68 – non sarebbe il caso di chiedersi perché la destra, anche quella becera, vince in Europa e rischia di vincere anche in America con il più improbabile Presidente USA della storia?
Ma come scrive Rampini e pensano in molti, gli slogan ti esentano dalla fatica di capire perché molte cose accadono anche se impreviste e altre no, sebbene date quasi per sicure, mentre erano solo frutti di sicumera. Il mondo non va a destra perché affascinato dal fascismo che non ha quasi vissuto nella realtà dei propri paesi o come nel caso Italiano solo i 90enni hanno conosciuto da bambini.
Sarà colpa della globalizzazione che avrebbe dovuto essere la panacea di tutti i mali ed invece ha reso i ricchi più ricchi e i poveri più poveri, ma il risultato è un disequilibrio intollerabile nell’economia, nella società, tre Nord e Sud del mondo e nel nostro piccolo tra nord e sud italiano.
Non serve a nulla prendersela con l’autonomia differenziata perché divide di più il nostro paese giacché la divisione culturale, politica, economica è già arrivata ad un punto di non ritorno.
È accaduto per colpa del “fato”? Manco per niente come non è accaduto per colpa dei Borboni o di Cavour e Garibaldi. Sono cazzate buone per i semplici e gli sciocchi. Cosa c’entra per esempio l’accesso ai diritti abissalmente diverso nel sud calabrese o siciliano o campano e nel nord, saltata la linea gotica presso l’Emilia? Nulla. I politici straccioni sono roba nostra, le mafie onnipresenti sono figlie degeneri nostre, i cittadini che tacciono sono una vergogna nostra.
Allora cosa si può fare? Poco o niente se non si ha voglia e coraggio di smantellare i santuari del malaffare e dello sfruttamento secondo la logica “armatevi e partite” perché nua non cia facimu. È troppo pericoloso.
E questa generazione più adulta infatti qua rimane, citta, obbediente, del genere mi fazzu i fatti mia, mentre manda via pure con qualche soddisfazione i giovani, figli e nipoti, perché a loro è detto “armatevi di santa pazienza e partite, iativinni”.
A me personalmente questo non piace affatto e il poco che posso lo faccio. Faccio fondazioni per dire e far conoscere la ricchezza e la complessità del nostro tempo e come risposta si fa avanti un gruppo di ignoranti e cialtroni. Scrivo e faccio giornali liberi che pure se letti vengono chiusi nell’omertà mafiosa tombale, scrivo libri – tre da quando sono tornato anche a tratti in Calabria – che pochi leggono picchì si spagnanu di u cazzaru, di u sinnacu che nun cunta na minchia.
E allora a lor signori, non a tutti ovviamente, mi viene a voglia di mandarli a fare in cu–.