Vi è in Italia un’ondata di sfiducia nella politica e nei suoi rappresentanti nelle istituzioni nazionali e locali che viene definita in diversi modi: populismo, qualunquismo ed altro ancora. Ma tutti convergono su un sentimento negativo e ostile, diffuso in tutte le aree territoriali e in gran parte della società civile.
È fondata questa avversione generalizzata che tuttavia convive con il rito del voto, con percentuali sempre in ribasso, e con il credito ora a forze politiche di destra o di sinistra, a singoli leader – oggi la Meloni, ieri Conti, oggi con molte riserve Schlein – che però ha più il sapore della “messa in prova” di forze politiche che si sono succedute e alternate al Governo del Paese o della Regione o del Comune di grandi città?
Non c’è un quadro omogeneo tra nord, centro e sud. La differenza la fa – ma senza cancellare quel sentimento negativo di cui si è detto – la presenza di un’opinione pubblica che si fa sentire, un’informazione libera che non accetta oltre certi limiti il condizionamento dall’esterno, una cittadinanza attiva che partecipa e concorre alla vita e alle scelte della comunità.
È scontato dire che tra Bergamo e Catanzaro c’è una bella differenza, tra Calabria e regioni anche del Mezzogiorno, ma soprattutto del centro nord la differenza diventa profonda e innegabile.
Perché questo accada richiederebbe uno spazio indefinito, noioso e soprattutto inutile. La storia di tutti, singoli cittadini, territori diversi, istituzioni politiche amministrative culturali è naturalmente diversa. Ma perché ripeterlo all’infinito come giustificazione e autoassoluzione? Tirare in ballo i latifondisti, i Borboni, i Piemontesi, i democristiani o i comunisti, i fascisti e gli antifascisti a cosa serve? È un’ovvietà e un imbroglio, perché si traduce immancabilmente nel dare la colpa a qualcun altro.
Mi spiace, le scelte le facciamo noi, essere attivi o gregari nasce da noi, tacere o parlare e scrivere è nella nostra disponibilità.
La sola cosa che ha un fondamento condizionante è la massoneria deviata, o la mafia nelle sue diverse versioni, la qualità e la volontà delle classi dirigenti. Essere onesti e coraggiosi non è una delle possibili opzioni, è una conditio sine qua non.
Fatta questa premessa, che non è inutile, andiamo sul concreto.
Non posso non riferirmi alla rapina a danno di un ente no profit, alla spoliazione in essere di una sede storica voluta dallo stesso personaggio che ora è diventato il suo killer, alla chiusura e alla cessione gratuita, ma gravata da varie prescrizioni, di un giornale libero e apprezzato ovunque.
Lo faccio oggi 19 luglio, in un periodo di pausa e di riflessione, perché stamane è stato depositata la querela denuncia per condizionamento e partecipazione della ’ndrangheta ai due eventi criminali. Tali sono per il Diritto penale i fatti ricordati.
È una denuncia che la Procura di Catanzaro e la DDA dovranno qualificare come ascrivibile non a singole persone, che pure esistono e con diretta responsabilità, ma alla città di Cosenza in quanto condizionata, infiltrata, governata da ambienti mafiosi. Da qui la legittimità della definizione di Paride Leporaci, che non mi pare lo stesso di quando faceva Ciroma, volgarmente casino.
Ma eravamo partiti parlando di politica e di politici e lì torno con franchezza brutale.
Voi parlamentari calabresi che per la Costituzione sareste i rappresentanti del popolo, cosa avete fatto in questi anni perché questa terra e questa città non diventasse preda della massomafia? Perché non avete avuto neppure il coraggio civico di pronunciarvi sulla lettera aperta di denuncia che vi ho inviato e pubblicato su I Nuovi Calabresi? Quale è il vostro ruolo, quello che coincide con i ca… vostri o vi rimane un po’ di tempo per occuparvi dei problemi gravi e letali per la Calabria, tra cui primeggia la cupola massonica e mafiosa, con i suoi camerieri piazzati addirittura in posizioni di governo e di potere?
In un Paese normale voi sareste pressi a male parole (il minimo sindacale) dai calabresi e da cosentini in particolare.
Ma siccome a me piace non essere generico faccio un particolare riferimento ad Alfredo Antoniozzi. Ho scritto che tutta la mia vita è stata scandita dalla prima infanzia alla vecchiaia dalla famiglia Antoniozzi: dopo Olindo nel 1953 Dario, eletto deputato, una persona per bene che ho più volte incontrato a casa di mia sorella. Con Dario il figlio Alfredo che ho seguito con simpatia nella sua esperienza politica sempre più importante, nella DC che non ho mai votato sebbene arrivasse puntualmente una lettera stampata di Alfredo che invitava a votarlo proprio in virtù della nostra calabresità. Poi da ultimo Dario jr, compagno di scuola alle elementari di mia figlia Francesca e poi eletto nel Municipio della mia abitazione, vicina a quella dello zio di Alfredo perché fui io a segnalargli una buona opportunità di acquisto di un appartamento. Sono cose banali che non costruiscono un’amicizia vera, ma sufficienti a rivolgermi a lui, Alfredo ora FdI, con una mail personale perché rendesse pubblica la storiaccia ignobile ed ora qualificata mafiosa accaduta a Cosenza.
Alfredo ha imparato bene la lezione: non fare un ca…, voltarsi dall’altra parte se è più comodo, ma in cambio proporre di collaborare sul nulla a Franz Caruso, ufficialmente suo avversario politico, ma più precisamente sindaco etereo e irrilevante che si autoproclama socialista facendo girare nella tomba i grandi socialisti calabresi del passato.
Ripeto la domanda all’on. Alfredo Antoniozzi: lei ha cose più importanti da fare – ad esempio amoreggiare con Franz – che impegnarsi perché Cosenza e i cosentini comincino almeno a non accettare passivamente la condizione di cittadini in una città mafiosa?
2 Comments
Caro Direttore nulla e nessuno puo’ aiutare la Calabria….TUTTI hanno interessi a dominarla….Il popolo calabrese soffre della sindrome di Stoccolma…Chi dovrebbe “svegliare” la Calabria,da perfetti vigliacchi migrano al nord.
Cerco di capire, su fatti che mettete su fb ma non riesco a venirne a capo, vorrei approfondire come posso fare?