È difficile trasferire in un articolo di giornale che si rivolge a tutti una questione di diritto che però è presente, neanche sottotraccia, nell’acquisizione violenta e illegittima della Fondazione, sulla quale dovranno pronunciarsi a breve – la prossima primavera quasi sicuramente – due giudici del Tribunale civile.
Ma questa nota non è un’arida disamina per addetti ai lavori. È piuttosto una riflessione se Sergio Giuliani sia stato ingannato prima da vivo dal “cazzaro” Mario Occhiuto e poi da morto dai 4 traditori e loro mandanti.
Walter Pellegrini ha sbandierato e usato a sproposito in due processi civili una notizia che più pubblica non poteva essere: una donazione modale di Sergio Giuliani a mio favore – l’unico beneficio economico non avendo ricevuto alcun lascito testamentario. Ha fatto ridere le matricole di giurisprudenza sostenendo che la donazione che è obbligatoriamente atto di liberalità fosse una forma di retribuzione anticipata. Una bestialità assoluta. La donazione modale, cioè gravata da un obbligo che il sottoscritto era tenuto ad attuare, era stata fatta con Atto pubblico dinanzi al Notaio, come è d’obbligo, ma spesso eluso sotto forma di prestito a lungo termine senza interessi a favore di tutti i numerosi beneficiari di somme importanti. Non serve fare i nomi, ma se dico TUTTI vuol dire tutti, compreso il fratello Vittorio per il quale una importante Banca nazionale ha negato l’innegabile, che fosse stato versato un assegno di un milione a firma di Sergio a favore del fratello, che lo cita nel testamento del 2012 con tanto di foto allegata.
Ma neppure la Banca d’Italia, intervenuta su mia richiesta in quanto responsabile della designazione come erede universale della Fondazione, è riuscita ad abbattere il muro di omertà e complicità. Ora è troppo tardi, ma se Vittorio vuole, pubblicherò la foto dell’assegno e l’estratto del testamento.
Ora vi ho detto che voglio riflettere su un altro punto: in base alla donazione modale io ho (o avevo l’obbligo) di “guidare la Fondazione e assicurarne la continuità nel tempo anche con modifiche dello Statuto, fino a quando le mie condizioni psicofisiche lo consentissero”.
La conseguenza del colpaccio di WP e soci è di rendere impossibile dare esecuzione a questo mio obbligo.
Gli avvocati, diciamo pigri, dicono che l’obbligazione divenuta impossibile decade. Ricordate queste due parole impossibile e decade.
Il fatto che l’impossibilità non è intervenuta perché io sono morto (ci stanno provando da due anni con buone possibilità) né perché sono impedito o inabilitato. Essa è il frutto avvelenato di un manipolo di delinquenti. Accetto volentieri querele per distruggerli.
Ma questo è solo un punto della questione. Il testamento del 2017 (dopo tre anni dalla donazione) che ha nominato erede universale la Fondazione – a parte i milioni destinati ad un’avventuriera rumena (unmilioneseicentomila euro e legati a destra e a manca per motivi misteriosi) – è stato scritto sulla base del fatto che con la donazione modale la Fondazione era sotto la mia responsabilità garantita per x anni dalla mia guida e poi nel futuro da me con opportune modifiche statutarie. Queste erano state apportate da un notaio di Roma con la mia collaborazione e l’articolo interessato è stato poi cambiato da Mungari, allertato dal fatto che per la prima volta era stato sostituito da altra figura professionale.
Ecco la mia conclusione: Sergio Giuliani è stato truffato due volte, la prima da Mario Occhiuto, quando lo convinse ad acquistare e recuperare al patrimonio della città Villa Rendano e truffato, meglio derubato, da morto da Walter Pellegrini sempre in simbiosi del cazzaro.
Chiedo ad avvocati di tutt’Italia se sono disponibili a portare questa doppia truffa e rapina in Tribunale pro bono e chiedo ai cosentini se smettono di prenderci e prendersi in giro con la storia della “liticata” tra due Pellegrini, uno stupidamente onesto e rispettoso della volontà di ultima istanza di Sergio Giuliani e l’altro traditore livido di voglia di potere ma amico di Mario Occhiuto e casualmente del Procuratore Gratteri.
Uno è un amico per le azioni sporche, l’altro Gratteri è amico a prescindere, il che è del tutto legittimo come privato cittadino, discutibile quando si ha un incarico prestigioso a capo di una Procura, prima a Catanzaro e poi a Napoli.