Il Presidente del M5S Giuseppe Conte sulle mafie è stato pubblicamente lapidario. «la lotta alla mafia è nel Dna del Movimento 5 Stelle. Siamo nati per questo». E ancora: «La Mafia è un virus peggiore del Covid» disse al Senato nel gennaio 2021. «Dei mafiosi non parla mai nessuno. Sono dei parassiti» affermò, invece, a Reggio Calabria nel 2022; «Il M5S è sempre in prima fila, in trincea, per lottare contro la mafia e impedire che possa penetrare nelle istituzioni» disse in un video social nel 2024.
Un’antimafia che è divenuta vessillo elettorale sia alle politiche di due anni fa che alle europee di quest’anno, con le candidature (e l’elezione) di quelli che Conte ha chiamato “i campioni dell’antimafia”: l’ex procuratore nazionale antimafia e oggi deputato Federico Cafiero De Raho e l’ex procuratore di Palermo oggi senatore, Roberto Scarpinato, nonchè l’ex presidente del parco del Nebrodi ed oggi europarlamentare Giuseppe Antoci.
Va detto: nessun altro partito o movimento politico si è esposto così pubblicamente nella volontà di contrastare le mafie. Ma, essendo un argomento realmente serio, occorre stare attenti affinchè tale lotta decantata non venga percepita come una “antimafia elettorale”, ma venga effettivamente praticata, anche al proprio interno. «Al minimo dubbio, nessun dubbio» amava ripetere Gianroberto Casaleggio, figura storica (e rimpianta) del “purismo” grillino.
Cafiero e l’importanza dell’“affidabilità”
E se Antoci è in altre faccende (siculo-europee) affaccendato e Scarpinato, benchè eletto in Calabria, non vi ha mai messo piede (nemmeno in campagna elettorale), quello che senz’altro maggiormente conosce il fenomeno ‘ndranghetistico è il vicepresidente della commissione parlamentare antimafia De Raho (che, però, da quando eletto, nei pochi atti di sindacato ispettivo presentati come deputato, nessuno ha riguardato temi di ‘ndrangheta e di Calabria).
In ogni caso, a “fare scuola” sono comunque le sue dichiarazioni rese a Tv2000 nel 2017 da Procuratore di Reggio Calabria: «Questo è un territorio nel quale non si possono avere rapporti con altre persone. Perché quello che caratterizza l’ndrangheta è la sua capacità di confusione, d’infiltrazione e inquinamento dei vari settori: economico, politico e sociale. Quindi bisogna vivere sempre da soli. (…) La ’ndrangheta per essere battuta necessita di esponenti delle istituzioni che adottino anche un codice etico che riporti alla rinuncia a tutti i rapporti esterni che non siano quelli strettamente istituzionali (…) Prima giocavo a tennis oggi non lo posso più fare perché anche quello determina entrare in un circolo, avere rapporti con persone. Cosa penserebbe il cittadino se mi vedesse insieme a persone che io reputo perbene ma che invece hanno rapporti che io ignoro. Penserebbero tutti ad una Procura inaffidabile».
La domanda sorge, quindi, spontanea: e se invece di dover prevenire il pensiero del cittadino su una Procura “inaffidabile” per l’emergere di rapporti “chiacchierati”, ad essere “inaffidabile” (negli stessi termini) fosse un rappresentante istituzionale del Movimeto 5 Stelle? Si suppone che qualsiasi “grillino”, sia gli “ortodossi” duri e puri da banchetto, che quelli laccati o con la pochette sappiano che la risposta alla domanda posta non possa essere certo un assordante silenzio. Nonostante ciò, in Calabria il “caso Afflitto” per i pentastellati è come l’elefante nella stanza sia per motivi politici che per…altro.
M5S-Afflitto: separati in “casa”
Dal punto di vista politico e personale il consigliere regionale Francesco Afflitto è totalmente ignorato, se non sbeffeggiato, dai “portavoce” calabresi. «Afflitto è il più fesso dei consiglieri regionali» ha dichiarato il capogruppo regionale Davide Tavernise lo scorso 2 febbraio alla trasmissione tv “Perfidia” a LaCTv; «valuterò di procedere nelle sedi giudiziarie nei suoi confronti» la risposta di Afflitto fatta recapitare al collega.
Che i rapporti tra gli esponenti regionali del M5S e Afflitto fossero ai minimi termini lo si è evinto anche dalla recente richiesta avanzata a Giuseppe Conte dalla coordinatrice regionale Anna Laura Orrico e dal capogruppo Davide Tavernise (con il placet della vicepresidente nazionale del M5S, Paola Taverna) di cacciare Afflitto dal gruppo consiliare (richiesta ancora, incredibilmente in “standby”). «E’ una stampella della maggioranza» dicono da due anni i consiglieri regionali calabresi di ogni colore politico. Tant’è che a suffragio della richiesta di espulsione vi è stato un ampio “dossier” elaborato da Anna Laura Orrico in cui sono circostanziati gli episodi politico-consiliari in cui Afflitto ha votato con le destre, strizzando l’occhio, in particolare, alla Forza Italia di Roberto Occhiuto.
Oggi Afflitto ricopre un ruolo ulteriore: è presidente della commissione di vigilanza e controllo del Consiglio regionale della Calabria (il che comporta indennità aggiuntive, autisti, portaborse aggiuntivi ed altre “regalie”), carica utilizzata in questi anni supinamente a supporto delle “esigenze azzurre”, ma che a settembre (si sussurra) gli sarà sottratta proprio dall’ “amico” Roberto a favore di un consigliere regionale (a differenza sua, anche dal punto di vista formale) di Forza Italia. Da qui la recente ritrovata e pubblicamente decantata vocazione pentastellata afflittiana, assolutamente di comodo, ma che dimostra che è tutt’altro che «fesso» (Tavernise dixit).
Afflitto e le parentele “scomode”
Non essere «fesso», però, non vuol dire essere «affidabile» secondo il “De Raho pensiero” (l’ex Procuratore non lo ha mai voluto incontrare, nemmeno in campagna elettorale).
Afflitto è parente (tramite la madre) di Giovanni Santoro, detto “Fortezza”, ex boss di Cirò, freddato nella piazza del paese nel 1977 con 15 colpi di pistola a Cirò Marina nel 1977. Santoro agli inizi degli anni 70 era riuscito ad emancipare la cosca cirotana, favorendone l’evoluzione da piccolo clan di paese ad organizzazione criminale vera e propria. Il figlio di quest’ultimo, Giulio Santoro è stato arrestato da latitante nel 2011 a Cirò Marina dopo essere evaso dal carcere di Bologna dove stava già scontando una condanna a trent’anni per il duplice omicidio, avvenuto nel 1994 a Cirò Marina, di due fratelli appartenenti al gruppo familiare ‘ndranghetistico contrapposto dei Caligiuri. Dalla perquisizione di Giulio Santoro sono stati rinvenuti anche due santini: uno di S. Michele Arcangelo e l’altro della Madonna di Polsi (icone della “simbologia mafiosa”). Sempre nel 2011 venne arrestata anche la sorella di Giulio, Mirella Santoro per procurata inosservanza della pena.
Alcuni parenti del consigliere regionale, Aldo e Franco Afflitto, sono stati arrestati nel 2013 e poi indagati per tentato omicidio e porto illegale di Armi, mentre il cognato (ha sposato una sorella della moglie Orsola Siciliani) Tonino Laganà, è stato arrestato nel 1992 nell’ambito dell’operazione di mafia “White Tile”. Insomma, un bell’ambientino.
Quella “frequentazione” mafiosa
Non solo, Francesco Afflitto, unitamente al fratello, Santo Salvatore, sono stati intercettati nell’indagine Stige della DDA di Catanzaro guidata all’epoca da Nicola Gratteri.
Di questo vi è risultanza nell’ordinanza di custodia cautelare di Stige del 2017 nella quale i due fratelli Afflitto sono captati in auto con l’imprenditore Mario Lavorato, che è stato condannato in via definitiva dalla Cassazione lo scorso 6 giugno per associazione mafiosa e estorsione a 8 anni e 8 mesi di reclusione.
“Che il LAVORATO fosse punto di riferimento della cosca in territorio tedesco, era un dato che proveniva dalle stesse parole di LAVORATO Mario. La conversazione ambientale che segue, intercettata a bordo del veicolo dello stesso (VW Passat S-LM3101 proc.pen. 6152/2009 RGNR 21 DDA RIT 1176/2010), esaltava ancor di più tale concetto. Il dialogo che avveniva a bordo dell’autovettura, con GRECO Cataldo, AFFLITTO Francesco e AFFLITTO Santo portava LAVORATO Mario ad esaltare la sua vicinanza alla famiglia FARAO e il suo impegno, in prima persona, nella commercializzazione dei prodotti alimentari da questi esportati in Germania. LAVORATO Mario si spingeva oltre arrivando ad affermare che sarebbe disposto a fare il carcere pur di non tradire la fiducia accordatagli dai FARAO” (pag. 387 dell’ordinanza di Stige del 2017).
All’epoca (consiliatura 2007-2012) Francesco Afflitto era consigliere comunale di Cirò (KR) eletto con l’Ulivo e poi trasmigrato nell’Udc. Il giornale tedesco Welt nel 2018 scriveva un articolo su Lavorato dal titolo “Il padrone di casa della pizzeria Mario è il padrino di Stoccarda?”. All’interno di tale pezzo viene riportata una nota della procura di Stoccarda del 1994 nella quale Lavorato, in quanto sospetto membro di clan, era “Fortemente sospettato di essere l’organizzatore di trasporti di droga e armi nell’area metropolitana di Stoccarda”. Sempre in quegli anni – come riporta un articolo sul blog di Beppe Grillo – gli investigatori italiani che cercano riscontri sull’espansione delle ‘ndrine in Europa, ipotizzano che Lavorato sia un esponente di spicco della criminalità organizzata; che addirittura organizzi trasporti di droga e di armi e riciclaggio di denaro. Possibile che nel cirotano non si sapesse?
Anche sul lavoro, gli amici “chiacchierati”
Molto vicino ad Afflitto negli oltre dieci anni di lavoro prestati presso il dipartimento di prevenzione e nell’unità di medicina legale dell’azienda sanitaria di Crotone è stato il direttore Domenico Tedesco, in pensione da un mese, imputato nel processo “Sistema Petilia” per abuso d’ufficio e peculato (all’inizio gli si contestava di essersi fatto corrompere con due latte d’olio ed un quantitativo imprecisato di castagne, reato poi riqualificato dalla Cassazione). Sempre in medicina legale è presente ancor oggi, con tanto di posizione organizzativa, Gaetano Castagnino, consuocero di Santo Castagnino, quest’ultimo ritenuto dalla Dda di Catanzaro “contiguo del boss cutrese Nicolino Grande Aracri” (pag. 1182 richiesta di misura cautelare inchiesta “Glicine-Acheronte”, ove compare il nome di entrambi i Castagnino. Va specificato che Santo Castagnino, condannato a 10 anni e 8 mesi per associazione mafiosa nel processo “Farmabusiness” è stato assolto in appello nel novembre 2023).
Ad offrire vicinanza e “protezione” ad Afflitto all’Azienda Sanitaria Provinciale di Crotone è anche un altro ex direttore del Dipartimento di Prevenzione, oggi direttore del distretto sanitario, Pietro Luigi Brisinda (noto è un loro fatidico caffè il 25 novembre 2021), già sindaco di Castelsilano.
”Non va dimenticato che il BRISINDA emergeva nella operazione JONNY quale soggetto legato al commercialista LOMBARDO Giovanni Battista, condannato con pronuncia doppia conforme, per il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa nell’ambito della operazione” scrive la Dda di Catanzaro nella citata inchiesta Glicine che vede il nome di Brisinda comparire a più riprese come persona legata al principale indagato dell’inchiesta, Enzo Sculco (il quale avrebbe “caldeggiato”, secondo la Dda, l’incarico che attualmente ricopre Brisinda).
Su Brisinda più tranchant è stato l’ex presidente di Regione, Mario Oliverio in una intercettazione riportata agli atti dell’indagine: «è un pezzo di merda».
Al netto delle espressioni colorite, non si comprende come mai non ci sia ancora oggi una commissione d’accesso antimafia all’Azienda sanitaria provinciale di Crotone, retta da Antonio Brambilla (molto “protettivo” nei confronti dell’ex “primario” Tedesco&co.), il cui fratello Alberto è stato sposato con l’ex presidente della Camera Irene Pivetti, che negli atti dell’inchiesta “Assedio” della Dda di Roma risulterebbe essere stata denunciata per aver favorito gli interessi della camorra nel settore petrolifero.
Dal reale al virtuale? Quegli “strani” supporter social
Tornando ad Afflitto, a mostrargli la propria vicinanza (almeno virtuale) con like e commenti sui social ci sono altri personaggi note alla Dda di Catanzaro. Tra questi il fratello del boss di Cirò Giuseppe Nicastri, arrestato dopo lunga latitanza nel 2009 per associazione mafiosa e poi condannato definitivo nell’ambito del processo “Bellerofonte”, Leonardo Nicastri, anch’esso dipendente dell’Azienda sanitaria di Crotone fino a pochi mesi fa. Afflitto pubblicamente su Facebook lo ha definito “compà”.
Leonardo Nicastri nell’ordinanza di custodia cautelare di Stige del 2017 viene definito dalla DDA di Catanzaro “esponente di rilievo del “LOCALE” di Cirò” (pag. 1048), mentre in altro passaggio “personaggio legato alla cosca cirotana” (pag. 1026).
Inoltre, ad intervenire spesso sulla bacheca Facebook del consigliere regionale e in suo sostegno vi è Francesco “paolino” Cornicello, fratello di Cataldo Cornicello, alias “Figghiu da Paolina”, condannato lo scorso marzo a 9 anni e 4 mesi di reclusione a seguito dell’inchiesta “Ultimo atto” della Dda di Catanzaro. Il pentito Gaetano Aloe lo ha definito: «referente della cosca Farao-Marincola», mentre nelle carte dell’inchiesta si legge: “su Cataldo Cornicello deve evidenziarsi come costui, da faccendiere di Spagnolo Giuseppe alias “U banditu”, a seguito dell’arresto di quest’ultimo, abbia rapidamente scalato la gerarchia criminale emergendo quale figura più rappresentativa dell’organizzazione cirotana, col compito di occuparsi del controllo sul territorio di Cirò Marina (Ordinanza Ultimo Atto Dda di Catanzaro, pag. 17)”.
Tutti questi tasselli non portano certo a considerare Francesco Afflitto un ‘ndranghetista. C’è da dire, però, che quest’ultimo non ha mai preso le distanze dalle mafie (e dalle massonerie deviate) del suo territorio, nè svolto alcuna azione politico-consiliare di contrasto ad esse. Un dna “grillino”, insomma, un po’ sbiadito. Di questo intreccio di fatti e di rapporti, però, Giuseppe Conte per molti non può certo voltarsi dall’altra parte e rimanere in silenzio, altrimenti nell’imminente costituente pentastellata non è peregrino che si arrivi a parlare non di “autonomia” ma di “moralità” differenziata.