Questo è il link del testo e-book del libro titolato I Calabresi – Una testata spezzata: Una storia di informazione negata (https://www.amazon.it/Calabresi-testata-spezzata-storia-informazione-ebook/dp/B0BHDWGPS3), cioè quello del giornale d’inchiesta libero e autorevole che una banda di cialtroni chiuse contro ogni logica e in violazione dell’art. 21 della Costituzione, con conseguente danno patrimoniale per la sola testata pari a € 250.000,00.
Il capo dei manigoldi, ora abusivo presidente e predatore della Fondazione Giuliani, osò definire iCalabresi “un danno per la Fondazione”.
In realtà il solo “danno” che quel successo aveva provocato era al tentativo fallito di un mensile cartaceo con un budget di quasi 200mila euro che avrebbe dovuto dirigere Antonio Nicaso, amico da sempre del Procuratore Gratteri, amico a sua volta, con minore caratura, di Walter Pellegrini.
Questa è la sola interpretazione corretta della demenziale frase del boss WP che temeva, forse a ragione, che il Procuratore non apprezzasse il fallimento del progetto di Nicaso e che quindi la preziosa amicizia protettiva corresse qualche rischio.
Mi è capitato di rileggere in viaggio da Roma a Massa Marittima, dove abito, una parte dell’edizione on line del libro. Debbo dire che ho avuto conferma che quel libro autoprodotto con Amazon è una magnifica – ripeto magnifica – ricostruzione fedele di un atto ignobile di violenza e di mistificazione. Non è stato il solo ma questo oggi non interessa.
Ciò che ho voglia di dire è altro: quel giornale era veramente un degnissimo prodotto editoriale ed ebbero ragione i due o tre giornali nazionali che lo scrissero pubblicando sulla loro versione digitale pezzi di articoli o di video tratti dal nostro giornale.
Cosa avrebbero dovuto dire e fare i bravi redattori, con Camillo Giuliani in testa? Innanzi tutto rivendicare con orgoglio l’ottimo lavoro fatto. Essere solidali con il Direttore e fondatore che la sua parte aveva ben fatto e non invece aggredirlo con offese, larvate minacce, immediata cancellazione del mio nome e ruolo e persino di autore di 87 articoli.
Hanno puntato sul cavallo sbagliato. Ed hanno dilapidato dopo un’effimera sopravvivenza senza autonomia e libertà con un modesto contributo economico una tantum il credito professionale e personale che avevano guadagnato.
Ricordo però anche che mi venne spontaneo proporre all’Editore Rubbettino, che ha guadagnato un meritato e generalizzato apprezzamento per l’ottimo catalogo dei suoi libri, di pubblicare il libro ICalabresi. Era nella mia visione, evidentemente ingenua fino alla dabbenaggine, un’occasione per testimoniare che una casa editrice calabrese apprezzata dai lettori di tutt’Italia ha il coraggio, sente il dovere di pubblicare libri che sono soprattutto una testimonianza di dignità e di libertà. Non era così percepita dalla Rubbettino. Peccato, soprattutto per l’editore.
Ma non basta. ICalabresi fu assassinato, ripeto assassinato a dispetto dei 30.000 followers sulla pagina FB e in un anno 2 milioni e mezzo di visualizzazioni, che a fine 2022 sarebbero diventati 5 milioni e tali da consentire almeno una copertura parziale dei costi comunque più bassi rispetto al progetto Nicaso, con un budget annuale previsto per una periodicità SETTIMANALE e non quotidiana come fu fin dall’inizio pari a € 160mila euro. Con i giochetti di MagaMagò la banda delinquenziale che “guida” ora la Fondazione ha calcolato perdite di quasi 300mila euro e ha chiesto con una citazione criminale e demenziale che li restituisca con la mia “ricca” pensione. Qui due banali osservazioni: perché le risorse investite in un progetto vincente e di successo sono chiamate “perdite” e quelle che sarebbero state spese per 6000 copie annue – 200mila euro – non lo erano? Non sono bravo con i numeri, ma la tabellina pitagorica la conosco. E debbo concludere che l’unica vera “perdita” in dignità, in moralità, in qualità, in rispetto basico dei valori umani è stato in primo luogo il traditore Walter Pellegrini e con lui il regista della trappola che si sta chiudendo su di lui avv. Mungari, la donna “jena” Catanese e il medico fellone e mona veneto Gambaro. Attendo sempre querele che mi consentirebbero di controquerelare con cariche di tritolo (virtuale).
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C: ‘e’un libro che racconta questa vicenda?