Immagino che in tanti sappiate cosa sono le matrioske, ma per chi non le conosce, esse sono un insieme di bambole cave in legno di grandezza variabile, ciascuna delle quali è inseribile in quella immediatamente più grande. Uno tra i più iconici elementi per eccellenza e un simbolo della Russia.
Fuor di metafora, oggi non basta conoscere la bambolina più piccola, bisogna salire alla seconda, alla terza e se possibile alla quarta, intendendo che in un tempo di enorme complessità non serve a nulla conoscere ciò che accade nella città o nel borgo dove viviamo, bisogna allargare lo sguardo fino all’Italia, poi all’Europa e infine al mondo.
Esattamente quello che non si fa dalle nostre parti, dove è grasso che cola se da Cosenza ci spingiamo al Pollino, quasi mai all’Italia, che conosciamo per sentito dire, per stereotipi polentoni contro terroni – per i più “colti” Garibaldi contro i Borboni – all’Europa di cui sappiamo le cazzate del bauscia Salvini, al mondo invece del quale diciamo chissi ni frica.
Se l’Italia annaspa tra populismo e ignoranza crassa, il Sud in particolare, sappiamo che accade perché la matrioska che ci interessa è la più piccola, la più insulsa.
Questa premessa per ribadire che noi calabresi, non da soli ma in particolare, siamo in parte vittime e in gran parte responsabili.
E siccome, partendo dal rapporto CENSIS, siamo stati definiti a ragione un popolo di ignoranti, vediamo a chi dobbiamo darne la colpa.
La risposta ovvia vede al primo posto la scuola e gli insegnanti – fatte le solite eccezioni – che da ex prof per passione e vocazione ho conosciuto abbastanza, Calabria compresa.
Non voglio ripetere lo shock che ebbi da commissario di esami alla maturità al Liceo scientifico di Paola – la goccia che fece traboccare il vaso – tutti ammessi con 7, 8 o 9 e quasi tutti bocciati simbolicamente con il range tra 2 e 4.
Ma parliamo di quanto accaduto poche settimane prima che delinquenti e ignoranti occupassero Villa Rendano.
Ricordo decine di studenti, insegnanti e dirigenti della Provincia premiati per essersi segnalati per progetti illustrativi dei propri borghi in un concorso gestito magnificamente dalla neoassunta Sara Ausilio, venuta da Milano per fare esperienza.
Poi il solito mondo alla rovescia in salsa bruzia. La “milanese”, che ha dimostrato che la Catanese che avrebbe dovuto guidare il concorso non era sembrata insostituibile, minacciata e obbligata a dimettersi.
Il solito “Don Chisciotte” cosentino chiede a tutti gli entusiasti dirigenti e prof di mettere per iscritto i loro elogi per la giovane Ausilio, lo stesso faccio con un tale che si autodefinisce CAPO DELL’UFFICIO SCOLASTICO PROVINCIALE. Risposte nessuna.
Il mio giudizio impietoso: costoro non sono degni di insegnare, sono tossici, preparano i ragazzi ad essere spallati e serventi, oltre che ignoranti. Mia proposta: licenziamoli o mandiamoli a imbrattare carte ad uso della burocrazia ministeriale: ricordo che il compito di chi ha deciso di fare il lavoro più bello del mondo, sottopagato, considerato in fondo alla classifica sociale, è quello di “EDUCARE”, da DUCERE in latino, la preposizione EX, che vuol indicare portare fuori, estrarre il meglio, non concepire pecore.
È vero che l’ignoranza ha molti padri e altrettante madri – politica cialtronesca del dopo ’68, populismo straccione di una caterva di vigliacchi, laureati di gruppo mai selezionati con concorsi e abilitazioni – ma l’ignoranza è in questo caso o un suicidio di massa o un omicidio premeditato.
Troppo severo o assertivo? No, solo sincero, informato e con il vizio di dire pane al pane e vino al vino. Una bizzarria intollerabile nella terra che dal Pollino allo stretto di Messina è destinato a sparire, non a causa delle arcate di un ponte di fantasia, ma per le migliaia di tonnellate di cazzate a caro prezzo che lo copriranno.