Mi rivolgo in particolare ai cosentini e calabresi che non hanno barattato per interesse, o incomprensibili timori o perché sfiduciati, il nostro patrimonio di solidarietà, accoglienza, condivisione di valori che disegnano la nostra identità.
Per poterlo fare occorre che sia io il primo a fare autocritica e a liberarmi dalla rabbia e dalla delusione che credo non appartengano al mio DNA.
Allora – mentre vi invito a leggere la terza mail indirizzata a Mons. Savino, vescovo di Cassano allo Jonio e chiamato dal Papa come vice della CEI, che avevamo ospitato in una lunga e sorprendente intervista per ICalabresi – inizio con alcune convinzioni. Sono le mie convinzioni e quindi non pretendono di essere condivise da tutti.
La prima è che la nascita della Fondazione voluta da Sergio Giuliani con un obiettivo modesto e con il desiderio nobile, ma non sufficiente, di ricordare i suoi genitori – che non ha impedito al fratello Vittorio di odiarlo e di augurarsi che la Fondazione andasse a rotoli – è stata un errore. Non avevamo un progetto, Sergio, mi spiace dirlo, non era interessato a capire che alcune iniziative anche ambiziose non erano una fuga in avanti (c’è un’aneddotica che spero di non dover rendere pubblica per pudore), siamo partiti con promesse ingannevoli dell’archistar Mario Occhiuto.
Io di mio ci ho messo molto, fatica, entusiasmo, ma ho ignorato che se in una piccola città del Sud pretendi di riempire la sala con esecuzioni di musica dodecafonica sei un folle, privo di senso della realtà. È stato un errore? Certo, ma credo non una colpa perché dettata da un amore eccessivo, fuori misura.
E allora cosa fare oggi? La sola cosa da non fare è negare errori anche di presunzione, soprattutto lasciare che un giudice, onesto perché ha riconosciuto che in una prima fase era stata turlupinata da una banda di falsari malvagi, emani tra qualche settimana la sentenza.
I fatti sono chiari, i responsabili sono indicati con nome e cognome, i complici o i protettori lo sono altrettanto. Una cosa è innegabile: una Fondazione con tutti i suoi limiti è stata aggredita. Villa Rendano che s’era guadagnata la stima e la notorietà in tutt’Italia è oggi un luogo di morte e di scambio di favori, la persona che aveva realizzato questa specie di miracolo come compenso è stata perseguitata, mortificata, sbattuta fuori. Lo stesso per una giovane brillante di 25 anni, fuori i migliori perché non servono a fare marchette.
Per sapere che tutto questo è vero (e molto altro ancora) occorre una certificazione giudiziaria? Ma vi rendete conto che ogni sentenza letta dal giudice è pronunciata “in nome del popolo italiano” non è detto “tranne quello che è nato in Calabria”?
Allora se leggerete la proposta fatta a Mons. Savino che è comunque una volontà legittima perché mi è stata imposta dal fondatore Sergio Giuliani e merita un giudizio, un sì o un no anche prima della mitica sentenza, dovrete voi decidere se la condividete o no, se vi augurate che i barbari siano presi a scudisciate per il danno e la vergogna inflitte a questa città e a tutte le persone oneste calabresi e non, senza attendere la sentenza che arriverà perché voi siete i primi giudici, poi il magistrato dirà ciò che ritiene giusto.
Tutti gli uomini e donne bruciate per volere di uomini pii e oggi considerati martiri della libertà e della vera fede debbono essere ripudiati perché la sentenza dell’Inquisizione che è anche oggi presente in forme diverse, con giudici manettari, populisti carichi di livore) li ha condannati?
Quello che in modo molto succinto ho proposto a Mons. Savino, è al momento un’idea, un sogno (anche i sogni pur se non sono un investimento sicuro) un modo per rendere Cosenza e Villa Rendano recuperati all’innocenza e non antro di maiali.
Per ora l’ho chiamata “la casa dell’Umanità” intesa come sentimento di accoglienza, solidarietà, fraternita – un punto di partenza non la previsione dell’arrivo – destinata ai piccoli e ragazzi soli, alle persone che soffrono gli effetti della povertà affettiva e conoscitiva: come, con chi e per chi non tocca a me dirlo. Ma Cosenza è ricca di persone generose, che non chiudono le finestre per non vedere e sentire – e solo da loro con pazienza e tempo, sbagliando e correggendo sapremo cosa siamo in grado di realizzare. Basta con i sepolcri imbiancati che fanno ancora il tifo per uno dei due Pellegrini, che buoni o cattivi non sono protagonisti. Fatevi sentire come volete e se sarete in tanti, ma veramente tanti da Vipiteno a Ragusa, verrò per l’ultima volta a Cosenza ma solo per dirvi: GRAZIE perché state salvando dall’ignominia un popolo, una comunità, una terra più degna, ecc… ecc…
Altrimenti, sentenza o non sentenza, Villa Rendano sarà il sito della vergogna e dell’obbrobrio.