Quasi al termine delle festività, almeno quelle a carattere religioso, credo che sia possibile fare alcune considerazioni.
Inizio citando un estratto di un articolo del filosofo Massimo Cacciari.
Egli ha scritto: “Se anche l’ipocrisia viene meno e non si avverte vergogna nell’affermare che la propria politica consiste nel non volere che si dia aiuto a chi annega, un salto davvero mortale è compiuto. E temo l’Europa lo stia compiendo. Più che di secolarizzazione dovremmo forse parlare di radicale scristianizzazione. L’Annuncio del Natale è quello delle parabole del Samaritano o del Figliol prodigo. Vi è, in qualche deserto, chi le ricorda ancora? Nelle nostre metropoli il loro senso è stato sradicato. Un lungo processo storico-culturale è giunto al suo compimento: dalla “morte di Dio” al profondo silenzio in cui su questa terra sembra inabissarsi la parola, il Verbo, di Gesù”.
Lo scrive un non credente mentre noi anche credenti in nome del proprio Dio lo uccidiamo con il genocidio del popolo palestinese, su cui continuano a cadere bombe e missili, su tende miserabili, montagne di macerie, resti insepolti di 10/15 mila bambini innocenti. E lo stesso accade a poche centinaia di chilometri in Europa e nel Medio Oriente: dov’è la parola, il Verbo di Cristo?
Questa è la domanda che anche da non credenti, ma essere umani, dobbiamo porci e non limitarci solo – e non è certo poco – alle guerre, al genocidio in atto, alla violenza e all’intolleranza.
L’Europa, forse il mondo, certo l’Italia sono investiti da una corrente d’odio, cattiveria, intolleranza che se non interessa tutti ne intossica molti.
Ma se noi, che abbiamo scatenato guerre con l’arroganza dell’Occidente, in testa gli USA, che occorresse esportare la democrazia, quella che è oggi in caduta libera da noi, i valori occidentali e americani che si esprimono con l’isolazionismo ed egocentrismo di Trump – non il solo – ora dopo dobbiamo dire: “Scusate ci siamo sbagliati”. Il fatto che il nostro “errore” ha distrutto la vita, l’equilibrio pur precario di mezz’Africa, di tutto il Medio Oriente divenuto lo spazio di una terribile mattanza, dell’Europa lasciata al “buon cuore” di Putin da una parte e all’arroganza dei miliardari statunitensi.
Non è più questione di destra e sinistra, in Europa e in Italia, è una lettura infantile che ossessiona la Gruber su La7 cinque sere a settimana, la divisione è tra chi è consapevole che non è tempo del cazzeggio, dell’ignoranza di andata e di ritorno, delle banalità delle risse da cortile. E mi addolora dirlo, questo accade soprattutto nel Sud e in Calabria in particolare.
Non intendo riferirmi alla violenza gratuita, alla vandalizzazione di ogni valore civico e morale, ma all’indifferenza ostentata, all’indifferenza come autotutela (da cosa?), alla perdita o al logoramento della nostra identità di calabresi.
Pochi sanno che a Villa Rendano nel 2015 decidemmo non di fare un museo multimediale ma di iniziare a creare un progetto identitario. Sembra un aggettivo generico: non lo è. Oggi ne ha bisogno mezz’Italia, ma la Calabria e Cosenza in particolare lo richiedeva palesemente. Il luogo comune positivo “Oh come è bella la Calabria!” o negativo “Sti mafiusi e stragisti per vocazione” non sono un pezzo di identità. Se ne è difficile la definizione immaginate quanto lo sia la parziale e iniziale realizzazione. Pochi sanno che per mesi si incontravano a Villa Rendano a rotazione un gruppo non piccolo di persone di valore, tra i tanti ricordo il prof. Roma, prematuramente scomparso, il papà della musicista Daniela che vive in USA, il prof. John Trumper e la sua parimenti preziosa consorte e tanti altri. Perché Cosenza – ma forse la Calabria tutta – ha una frattura enorme tra una storia importante e non comune, “una delle tre perle dell’Impero nelle parole dell’Imperatore Federico II – e un presente di decadenza, di grigiore, incultura, di progressiva desertificazione. Come primo passo non banale di questo progetto identitario nacque e si sviluppò oltre il previsto Consentia Itinera.
Non mi soffermo sulle vicende degli ultimi due anni che in un senso o nell’altro saranno definite entro un paio di mesi.
Ma nella sostanza non cambierà nulla: il perduto non rinasce, dallo stupro non si esce vergini, dalla barbarie non si fa un salto verso l’umanità.
Ma per non ripetere cose note e stranote e cercare di dire qualcosa di utile vi rinvio alla prossima puntata.
Parleremo dei NO ricevuti da chi non te li aspetti, dell’assenza o inutilità delle istituzioni, della moltiplicazione di falsi idoli togati o non, del cinismo imperante, della scomparsa dei cattolici e della loro dottrina sociale illuminata e preziosa, della necrosi della politica, della cancellazione sostanziale dei diritti dei cittadini e della loro inutile sopravvivenza formale.
Come ho scritto di questo e altro dovrebbero scrivere i giornali se fossero tali e non gazzette del nulla, di questi temi alti dovrebbero curarsi uscendo dal proprio isolamento autoreferenziale le Università – l’Unical prima di tutte – su queste riflessioni e su altre più raffinate dovrebbe impegnarsi la scuola che salvo poche eccezioni manca vilmente al suo compito essenziale: educazione alla libertà, alla realtà fisica e non virtuale, ai valori quali che essi siano ma “Valori” non flatus voci, traduco NON CAZZATE.