Il fenomeno che rischia di avvitare in una crisi non risolvibile non è l’isolazionismo dell’America di Trump, che va spiegata con modi e conclusioni diverse. Trump rappresenta l’insopportabilità del baratro sociale e territoriale degli USA: decine di milioni di poveri, senza lavoro, senza il welfare europeo, che pure sta lentamente scomparendo, e milioni di miliardari che hanno realizzato il capitalismo assoluto, senza freni, più forte delle istituzioni politiche, che sono piuttosto disegnate e ridisegnate dalla grande finanza e dall’economia globalizzata. È inutile gridare al lupo per la rielezione di Trump che certo è frutto del suicidio dei democratici – Biden ricandidato a 81 anni è una bestemmia per la cultura giovanilistica americana – ma è soprattutto la fine della politica liberale, che presume o presumeva essere il meglio dell’offerta politica, il modello democratico parlamentare immaginato come oggetto del desiderio di mezzo mondo. I fatti ci hanno dimostrato con la Cina che si può avere un’economia capitalistica e una politica comunista e illiberale, cioè fortemente repressiva. Il quadro dell’Unione Europea, anche nei Paesi che hanno sofferto regimi autoritari e autocratici – tutto l’est con l’eccezione della Polonia e dei paesi baltici – votano partiti illiberali, non ostili alla Russia di Putin, con la Germania non solo l’ex DDR dove – basta leggere l’autobiografia della Merkel – ha un ricordo e un’immagine di quel passato sempre meno severo, e paradossalmente lo mostra votando partiti che noi chiamiamo nazisti, come in Italia cerchiamo di “battere” la destra chiamandola a sproposito fascista.
Questa è una premessa, occorrerebbe ben altro per descrivere ciò che sta travolgendo ogni equilibrio nel mondo. Occorrerebbe almeno per noi Italiani, per noi meridionali in particolare che alimentassimo la nostra capacità di conoscere e spiegare almeno in minima parte cosa è oggi in presente, quanto e come esso potrà durare senza cambiamenti radicali, come si presenterà il futuro prossimo, non quello dei film di Spielberg, con una demografia che non è una disciplina opinabile, quella ad esempio che viene propinata agli studenti dell’Unical che alla loro dealfabetizzazione superiore alla decenza senza creare scandalo probabilmente sommano la consapevolezza che in una società di vecchi in crescita esponenziale (ne faccio parte anche io, che peso come gli altri nelle passività ma almeno cerco di scriverne, parlarne, per far sapere che questo è il fenomeno più grave dell’Europa) per loro non ci sarà posto e un futuro da costruire con intelligenza e personalità che nessuno regalerà loro.
Passando dai “grandi temi” scendiamo alle nostre piccole cose. Personalmente sono pressoché sicuro che i ladroni hanno distrutto con Villa Rendano un abbozzo di progetto culturale e civico non banale. Una goccia d’acqua nel deserto, ma saranno fatti fuori lo stesso.
Ma questo potrà ripagarmi parzialmente del prezzo pagato dal sottoscritto in termini di salute, di impegno di risorse economiche che non possedevo, dell’onta di subire il pignoramento del 20 % della mia pensione, del dolore per avere creduto amici fidati, serpi e vili come da maggioranza dei cosentini. Sono cose importanti ma non le più importanti.
Ciò che è stato ed è intollerabile è la banalizzazione offensiva della conquista provvisoria di Villa Rendano. Passare da conferenze di personalità europee su temi strategici alla presentazione di libercoli su Morano per omaggiare la tigre Linda Catanese con l’aggiunta deprimente della delegata all’Incultura Antonietta Cozza una cosa la rivela.
E a mio parere essa è: Villa Rendano non sarà più come è stata fino al 31 maggio 2022. Cosenza è diventata – salvo apprezzabili eccezioni – una cittadina che “naviga compiaciuta nella mediocrità” come ha scritto una lettrice de I Nuovi Calabresi dagli Stati Uniti. Non sarà riaperta – ammesso che dipenda da me – se non sarà costruito un progetto radicalmente nuovo – culturale, solidale, aperto alle idee del mondo non alle cazzate tipo “Grande Gratteri, il solo onesto tra i magistrati, fino al santo subito”, ai sentimenti di umanità che a quanto pare non sono all’apice dei desideri di Mons. Savino.
Meglio chiusa con le catene che buttare decine di migliaia di euro.
Prima aspettiamo “la sentenza” del processo per Abuso di diritto negato dalla banda Bassotti con falsità stratosferiche, accuse nei miei riguardi di violazioni di legge e dello Statuto, scomparse nelle memorie conclusionali e sostituite da tante “bandierine bianche”.
Senza neppure spiegare perché hanno fatto, scritto, realizzato cazzate inenarrabili. Forse sperano nell’aiuto nel retrobottega del Tribunale di qualche imbroglione e manipolatore con o senza toga. Non ci sarà perché il Giudice è consapevole degli inganni ed è corretta, e poi perché fesso sì una volta, impossibile esserlo due volte.
Il giornale libero come ICalabresi o INuovi Calabresi si farà solo se sarà al sicuro da giornalisti sopravvalutati troppo pagati troppo infidi – scelta non facile e forse impossibile. La ragione è sempre la stessa: non si fa la crema se le uova che hai acquistato – senza che me ne accorgessi – sono vecchie e rancide.
Altra condizione: non sarò io in ogni caso il nuovo presidente della Fondazione, al massimo se la sentenza sarà favorevole e lo prevederà, sarò solo un Amministratore straordinario per qualche settima per fare tabula rasa di tutto il marciume anche umano che ho riempito le sale affrescate della Villa.
Ma per scaramanzia e prudenza ricordo che solo da oggi decorrono i 30 giorni entro i quali il Giudice deve (o dovrebbe) emettere la mitica “sentenza”.
Intanto io sto a muovendomi per non restare in mistica attesa del giudizio. Processuale, niente a che fare con il Magnifico Giudizio Universale di Michelangelo.