Il primo di giugno 2011 fu costituita in Roma per iniziativa del dott. Sergio Giuliani, una Fondazione di diritto privato senza fini di lucro e con i requisiti di organizzazione non lucrativa di utilità sociale denominata “Fondazione Attilio Elena Giuliani” Onlus con sede legale in Roma, e a dal 2013 con sede operativa a Villa Rendano, acquistata l’anno precedente dalla Snam Italtel in Cosenza, che l’aveva utilizzata come sede commerciale. Per anni per far capire ai cosentini che Villa Rendano era un’altra cosa rispetto al teatro e per essere sicuro dovevi precisare il palazzo dove si pagano le bollette. Una bestemmia, ma il fine valeva più del mezzo.
Giuliani è stato Presidente della Fondazione e Francesco Pellegrini, Direttore generale con deliberazioni del Cda nel 2012 e 2018 dotato di tutti i poteri ordinari e straordinari.
A seguito della scomparsa del Giuliani il 27 ottobre 2020, Pellegrini ha assunto a norma di Statuto le funzioni di Amministratore Straordinario e nel febbraio 2021 con atto notarile con Riunione convocata dall’Amministratore Straordinario veniva approvato un nuovo Statuto che nominava i membri del Cda nelle persone di Francesco Pellegrini, Santo Emanuele Mungari, Ermelinda Catanese, Giovanni Gambaro e Walter Pellegrini.
Nel Cda cosi costituito Francesco Pellegrini fu eletto Presidente della Fondazione mantenendo anche la carica di direttore Generale.
Ma torniamo indietro al 2011. Per dovere istituzionale Giuliani e Pellegrini incontrano il sindaco pro tempore Mario Occhiuto per presentargli la neocostituita Fondazione con capitale di soli € 10.000,00 in conformità allo Statuto tutto orientato a sostegno dei calabresi e cosentini in particolare avendo come obiettivo quello di finanziare opere pubbliche attraverso il Comune con un limite di spesa entro un milione di euro che sarebbero stati messi a disposizione anche per il futuro. con versamenti straordinari di Giuliani sotto forma di prestiti a lungo termine, per i primi anni € 250.000 e poi dal 2017 € 200.000 con costi fissi di gestione della Villa, 2000 mq con giardino, di circa € 160.000 non c’era da scialare. Nondimeno abbiamo, ho sempre evitato di sforare il budget non so neppure come ci sia riuscito e solo per l’aperura di Consentia Itinera il prestito sali fino a mezzo milione.
Di Consentia Itinera nato come percorso multimediale nella storia antica di Cosenza fu poi denominato Museo multimediale con diverse produzioni, uno dei più grandi d’Italia e grazie alla direttrice Anna Cipparrone riconosciuto come Museo di rilevanza nazionale e partner di istituzioni culturali prestigiose. Vi prego di ricordare anche questo quando ne parleremo più diffusamente.
In seguito a quanto concordato con Occhiuto il Cda il 28.10.2011 approva una convenzione con il Comune per il sostegno e attività no profit.
Infatti su proposta insistente di Occhiuto, che sarà partecipe a Napoli della trattativa di acquisto da Snam, Giuliani si lascia convincere ad acquistare l’edificio storico tra i più pregiati, Villa Rendano. Naturalmente il costo per l’acquisto, la ristrutturazione con il controllo severo ma collaborativo e altamente professionale – mi piace ricordare in particolare l’arch. Rossana Baccari, oggi bravissima direttrice della Galleria Nazionale di Cosenza- sarà coperto con risorse personali da Giuliani (alla fine si raggiungerà la cifra di € 3 milioni e mezzo) sotto forma di prestito a lungo termine che saranno sanati designando erede la Fondazione con testamento. Quindi prima ancora di avviare iniziative in assenza comunque di un Progetto generale non necessario sulla base della mission circoscritta nello Statuto, la Fondazione registra alla voce debiti o passività già la somma indicata per acquisire e rendere utilizzabile la Villa.
Ripeto, i traditori o i manigoldi che il 30 maggio 2022 con una manovra immotivata e pasticciata anche nel merito faranno cadere il Cda per liberarsi del sottoscritto non solo presidente e direttore generale ma di fatto attuatore dell’intero progetto, dalla stesura del primo Statuto fino al colpo di mano di fine maggio.
Il presidente mise a verbale la seguente nota.
(omissis, per non tediarvi)
Al termine degli interventi, alle ore 19:15, si procede con la votazione, a partire dal punto primo all’OdG “Approvazione bilancio consuntivo 2021”.
I Consiglieri non approvano il bilancio poiché́ ritengono necessario verificare la questione posta da Pietro SPIRITO in riferimento alla voce di ammortamento. In merito, il Presidente chiederà̀ chiarimenti al Commercialista Dott. Franco Turano (interpellato recentemente per l’annosa questione relativa alla possibilità̀ di beneficiare di sgravi fiscali per i lavori di ristrutturazione delle proprietà̀ immobiliari della Fondazione, ndr).
Il Presidente dà lettura di quanto segue. “Nel prendere atto della volontà manifestata da tutti i componenti del CdA di non approvare il bilancio consuntivo, per altro in linea con quello preventivo approvato, il Presidente ritiene doveroso fare presente che non sussiste alcuna legittima ragione che giustifichi una tale presa di posizione. I componenti del CdA che manifestano una volontà̀ siffatta, in palese assenza di giusta causa e per reconditi fini, si assumono responsabilità̀ individuali che saranno vagliate nelle competenti sedi giurisdizionali. A tale proposito, il Presidente dichiara che intende salvaguardare la Fondazione, soprattutto in un momento che richiede il massimo impegno per rilanciarne, dopo la pandemia, le attività̀, in coerenza con lo scopo fondativo, facendo emergere le cause effettive dell’infausto esito odierno. Senza infingimenti occorre dire che il CdA ha perpetrato un vero e proprio atto illecito, tale dovendosi qualificare una immotivata bocciatura di bilancio consuntivo da parte di coloro che, viceversa, avevano approvato il bilancio preventivo. Il Presidente ritiene che, dalle affermazioni improprie, in particolare dei Consiglieri Linda CATANESE, Santo Emanuele MUNGARI e Walter PELLEGRINI, e in contrasto con determinazioni assunte in termini sostanziali e formali perché́ il Presidente fondasse e dirigesse un giornale online, con i contenuti e il profilo che erano comuni anche al primo progetto Calavria (giornale d’inchiesta libera e rigorosa), si ipotizzi il ridimensionamento o addirittura la chiusura del giornale I Calabresi, che, come detto dal Consigliere Walter PELLEGRINI, non reca giovamento alla Fondazione – affermazione bizzarra condivisa dalla Consigliera Linda CATANESE. Il Presidente rileva una inaccettabile sottostimazione o addirittura ostilità, in presenza di dati numerici e qualitativi che fanno de I Calabresi un progetto editoriale riuscito, stimato, letto da centinaia di migliaia di lettori, non solo calabresi, in Italia e all’estero, giudicato anche dai suoi avversari, veri professionisti della menzogna, come giornale che “fa opinione” e, aggiunge, crea timori e ostilità̀ che sarebbe grave se mai interferissero con le responsabilità̀ istituzionali di questo Consiglio di Amministrazione. In conclusione, pertanto, si riserva di assumere le conseguenti necessarie iniziative che valgano a preservare la Fondazione e la Calavria Srl, che edita I Calabresi, da ogni intento speculativo mirante a intralciarne il percorso”.
Al termine degli interventi, alle ore 19:15, si procede con la votazione, a partire dal punto primo all’OdG “Approvazione bilancio consuntivo 2021”. I Consiglieri non approvano il bilancio poiché ritengono necessario verificare la questione posta da Pietro SPIRITO in riferimento alla voce di ammortamento. In merito, il Presidente chiederà chiarimenti al Commercialista Dott. Franco Turano (interpellato recentemente per l’annosa questione relativa alla possibilità di beneficiare di sgravi fiscali per i lavori di ristrutturazione delle proprietà immobiliari della Fondazione, ndr). Il Presidente dà lettura di quanto segue. “Nel prendere atto della volontà manifestata da tutti i componenti del CdA di non approvare il bilancio consuntivo, per altro in linea con quello preventivo approvato, il Presidente ritiene doveroso fare presente che non sussiste alcuna legittima ragione che giustifichi una tale presa di posizione. I componenti del CdA che manifestano una volontà siffatta, in palese assenza di giusta causa e per reconditi fini, si assumono responsabilità individuali che saranno vagliate nelle competenti sedi giurisdizionali. A tale proposito, il Presidente dichiara che intende salvaguardare la Fondazione, soprattutto in un momento che richiede il massimo impegno per rilanciarne, dopo la pandemia, le attività, in coerenza con lo scopo fondativo, facendo emergere le cause effettive dell’infausto esito odierno. Senza infingimenti occorre dire che il CdA ha perpetrato un vero e proprio atto illecito, tale dovendosi qualificare una immotivata bocciatura di bilancio consuntivo da parte di coloro che, viceversa, avevano approvato il bilancio preventivo. Il Presidente ritiene che, dalle affermazioni improprie, in particolare dei Consiglieri Linda CATANESE, Santo Emanuele MUNGARI e Walter PELLEGRINI, e in contrasto con determinazioni assunte in termini sostanziali e formali perché il Presidente fondasse e dirigesse un giornale online, con i contenuti e il profilo che erano comuni anche al primo progetto Calavria (giornale d’inchiesta libera e rigorosa), si ipotizzi il ridimensionamento o addirittura la chiusura del giornale I Calabresi, che, come detto dal Consigliere Walter PELLEGRINI, non reca giovamento alla Fondazione – affermazione bizzarra condivisa dalla Consigliera Linda CATANESE. Il Presidente rileva una inaccettabile sottostimazione o addirittura ostilità, in presenza di dati numerici e qualitativi che fanno de I Calabresi un progetto editoriale riuscito, stimato, letto da centinaia di migliaia di lettori, non solo calabresi, in Italia e all’estero, giudicato anche dai suoi avversari, veri professionisti della menzogna, come giornale che “fa opinione” e, aggiunge, crea timori e ostilità che sarebbe grave se mai interferissero con le responsabilità istituzionali di questo Consiglio di Amministrazione. In conclusione, pertanto, si riserva di assumere le conseguenti necessarie iniziative che valgano a preservare la Fondazione e la Calavria Srl, che edita I Calabresi.
Con tre azioni civili pendenti, una per abuso di diritto, e altra per smentire con ampia documentazione probatoria una citazione della “nuova” Fondazione infarcita di falsità con fini diffamatori e intimidatori, e due denunce penali depositate presso la Procura di Roma il sottoscritto ha ritenuto suo dovere tentare di preservare la Fondazione in conformità all’onere da cui è gravato seguito di una donazione ricevuta dal Fondatore Giuliani, come di seguito si dirà.
La Fondazione Attilio e Elena Giuliani pur riconoscendo di fatto il diritto dell’avv. Francesco Pellegrini di essere remunerato per l’attività prestata dal 4 aprile 2012 al 16 giugno 2022 quale Direttore Generale della Fondazione medesima ha negato che ulteriori spettanze siano dovute al medesimo avv. Pellegrini avendo egli ricevuto dal defunto Presidente dott. Sergio Giuliani nel 2014 una donazione di € 540.000,00 “con l’ onere di quest’ ultimo di continuare l’attività di gestione ed amministrazione quale direttore tecnico della Fondazione Attilio ed Elena Giuliani – Onlus finché le forze fisiche e morali lo permettono”.
Secondo l’interpretazione della Fondazione la donazione dovrebbe essere qualificata come “modale” previsto dall’art. 793 c.c. che recita: “La donazione può essere gravata da un onere”.
Tale interpretazione è da ritenersi errata e, tra l’altro, non tiene in alcun conto gli eventi che determinarono Sergio Giuliani a predisporre l’atto di donazione in favore del ricorrente.
Con Ricorso depositato dalla Sezione Lavoro in data — l’avv. Francesco Pellegrini respinge in punto di fatto e di diritto l’interpretazione della Fondazione e richiede per l’effetto il pagamento di tutte le spettanze maturate e/o maturande.
Altro è il rilievo che assume il modus impropriamente utilizzato dalla Fondazione perché esso mostra in modo irrefutabile che in virtù di specialissimi e non mutuabili rapporti affettivi e fiduciari.
Con il dott. Giuliani esso richiama “l’obbligo” del donatario di curare gli interessi, primo tra tutti, la fedeltà alle motivazioni originali volute dal fondatore, della Fondazione sino a quando consentito dall’età e dalle condizioni di salute. Curare gli interessi non vuol dire che ci sia un corrispettivo economico né tanto meno una sorta di rapporto para contrattuale di lavoro. Oltre tutto curare e assicurare a gestione non esclude affatto una sua applicazione come una funzione di vigilanza attiva che non è meno necessaria e incisiva della diretta gestione tecnica. Tra i compiti forse quello che più interessava il dott. Sergio Giuliani era quello che il cugino si facesse carico della continuità nel tempo della Fondazione, anche con le necessarie modifiche statutarie e con la scelta di candidati per funzioni di vertice e direttoriali della Fondazione di personalità e professionisti di sicura affidabilità e competenza maturata negli Enti del Terzo settore.
Infatti l’avv. Francesco Pellegrini conferii al notaio in Roma Massimo Saraceno l’incarico di introdurre nello Statuto della Fondazione all’ art 20 –Norme transitorie quanto segue: “Al fine di garantire la continuità e la funzionalità delle attività della Fondazione in tal caso automaticamente e senza formalità verranno assegnate al Direttore Generale in quel momento in carica tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione della Fondazione nessuno escluso.
Nel caso in cui venuto meno il Presidente o il decesso del Direttore Generale al membro notaio del Comitato di Fondazione spettano tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione della Fondazione nessuno escluso, da esercitare previo parere del membro avvocato (…)” nonché la legale rappresentanza della Fondazione”
Per inciso la previsione che al Notaio, da dominus diventasse primus inter pares, fu introdotta a seguito delle lagnanze del’ avv. Santo Emanuele Mungari che si dolse d’essere stato escluso per la prima volta dalle periodiche revisioni dello Statuto.
Non si pecca di malizia se si ricorda che neppure concluso l’iter della successione dopo la scomparsa del dott. Giuliani lo stesso avv. Mungari ritenne prioritario intervenire sullo Statuto stilato dal Notaio Saraceno, dopo poco più di un anno, cancellando le norme dell’art. 20 e introducendo l’Organo di garanzia monocratico di cui assunse la titolarità.
Quel che certo che l’affidare le sorti future della Fondazione a un cugino di cui – senza che questo comportasse gratificazioni economiche – si fidava a tal punto da designarlo come amministratore di sostegno e di dargli la facoltà di operare anche da solo sui conti personali e sui fondi di investimento del Giuliani fosse per lui una conditio sine qua non sul piano soggettivo.
Questo affidamento può essere fondatamente ritenuto fattore importante e/o decisivo per la nomina in sede testamentaria quale erede universale la Fondazione di cui il Pellegrini era formalmente e informalmente il dominus.
Avrebbe fatto questa scelta al buio se avesse previsto o solo immaginato che un estraneo, peraltro accettato ma non stimato particolarmente, si sarebbe appropriato del governo e del futuro della Fondazione senza i vincoli formali e informali ai quali si riteneva ed era impegnato concretamente il cugino Francesco Pellegrini?
In conclusione l’azione che ha condotto alla decadenza del Presidente e Direttore Generale della Fondazione con un azione da noi ritenuta “violazione di diritto” sulla quale si dovrà pronunciare il Tribunale di Roma danneggia l’avv. Francesco Pellegrini sul piano etico e di immagine ma è contraria soprattutto ai desideri e alle motivazioni originali del Fondatore giacché ora, al netto delle decisioni del giudice, Francesco Pellegrini non è in grado di garantire lattuazione delle aspettative del fondatore basate su un irripetibile e assoluto rapporto affettivo e fiduciario. Di conseguenza il modus posto con contratto autonomo alla Donazione, realizzata con atto pubblico, in data anteriore al Testamento pubblicato del 2017 che integra e sottolinea la volontà del testatore di poter contare sull’ affidamento leale e certo di suo cugino al punto di nominare erede universale la Fondazione incide sul merito sostanziale e sulla intangibilità formale del testamento con tutte le conseguenze del caso, da approfondire con riserva di adire la sede giurisdizionale competente.
IN DIRITTO
Il legislatore del 1942 voleva avvicinare la disciplina dell’onere testamentario a quella dell’onere donativo, attribuendo esplicitamente al primo gli effetti di un rapporto obbligatorio, già riconosciuti al secondo il modus testamentario nel codice trova la sua disciplina principalmente negli articoli 647 e 648116 che disciplinano l’istituto in esame, a volte anche senza identificarlo con il preciso nomen iuris, ma definendolo come “peso” oppure “obbligo”117: fra queste troviamo gli artt. 549118, 554119, 629, 671, 676, secondo dottrina non paiono aver raggiunto risultati soddisfacenti.
Neppure la “nuova” disciplina fornisce alcuna definizione dell’onere testamentario, la cui elaborazione è tutt’ora affidata alla dottrina e alla giurisprudenza.
La definizione comunemente accettata qualifica l’onere come il peso apposto ad un atto di liberalità, o comunque ad un atto a titolo gratuito con lo scopo e/o l’effetto di limitarne la portata in senso c.d. economico.
Tale definizione, però, da un lato, pecca di troppa generalità, in quanto è riferibile sia all’onere apposto ai negozi fra vivi, sia a quello apposto alle disposizioni a causa di morte; mentre dall’altro – anziché cogliere l’essenza giuridica dell’istituito – si focalizza sulle sue conseguenze da un piano che possiamo definire economico.
In questi termini, da un punto di vista non strettamente formale, ma basato sulla funzionalità dell’istituto, si nota che l’onere testamentario è – ed è sempre stato lo strumento impiegato per la realizzazione di un ventaglio di interessi del de cuius molto ampio. Ed è proprio questo dato a spiegare e giustificare il fatto che la disciplina delle disposizioni modali testamentarie permette a queste di “separarsi” dall’attribuzione a favore dell’onerato in maniera assolutamente non riscontrabile negli oneri apposti ad atti inter vivos.
C’è quindi stata un’evoluzione ricostruttiva, da una concezione che poneva l’accento sull’inquadramento del modus tra gli elementi accidentali del negozio giuridico ad una, più moderna, che ne riconosce l’autonomia e la natura a sua volta negoziale.
Questa nuova concezione trova fondamento, non nelle norme specificamente dettate in tema di onere testamentario (che si è visto sono gli artt. 647 e 648 cod. civ.), ma in altre disposizioni del Libro II del codice, le quali disciplinano l690 cod. civ., secondo il quale, in tema di sostituzione, sempre salvi i casi di obblighi personali, “i sostituiti devono adempiere agli obblighi imposti agli istituiti”, a meno che il testatore non abbia diversamente disposto. In forza dell’art. 691 cod. civ., le norme sulla sostituzione, ivi compreso l’articolo citato nel testo, si applicano anche ai legati.
Un altro indice dell’ambulatorietà – e quindi dell’autonomia – del modus si ritrova poi nella previsione contenuta nell’ultimo comma dell’art. 677 cod. civ Infatti, nel caso in cui la disposizione testamentaria venga risolta a causa dell’inadempimento dell’onere apposto alla stessa, la norma, anziché prevedere il venir meno anche dell’onere ad essa apposto, impone l’adempimento dell’obbligo a carico di coloro che subentrano nella posizione dell’onerato originario.
In tal senso si è parlato di ambulatorietà: infatti, le disposizioni citate sanciscono il passaggio del modus in capo a soggetti diversi rispetto all’onerato originario.
Sulla base di disposizioni di altro tipo aventi carattere patrimoniale e, in taluni casi, anche non alla luce di ciò, si può dire che il momento dispositivo/attributivo vede il suo ruolo nel fenomeno successorio sempre più ridotto, in favore di disposizioni che non determinano un mero trasferimento di una situazione giuridica.
In conclusione, pare potersi affermare che il testamento deve essere visto come il negozio giuridico con il quale il defunto organizza e determina l’assetto dei suoi interessi – sia patrimoniali che non – per il periodo successivo alla sua dipartita, attraverso disposizioni non soltanto attributive dell’asse ereditario ma anche – e in maniera sempre maggiore – meramente obbligatorie o addirittura non patrimoniali. Il testamento quale mero negozio attributivo, utile soltanto passaggio generazionale del patrimonio gli consentirebbe di essere recuperato per assurgere a funzioni diverse rispetto a quelle classiche appena viste. Sotto questo aspetto, la configurazione dell’onere testamentario quale disposizione autonoma si trova maggiormente in linea con la nuova concezione del testamento, e, anzi, in tal senso proprio le disposizioni modali potrebbero essere chiamate ad assolvere le nuove funzioni dell’istituto. Infatti, il modus, per la sua duttilità ed ecletticità si presta a essere il mezzo ideale per il raggiungimento degli interessi dal contenuto più vario, anche qualora fossero riferibili ad una molteplicità indeterminata di soggetti.
Il riconoscimento normativo, ha permesso di concepire l’onere testamentario sia in senso strettamente giuridico (in quanto, si è visto, l’onere è fonte di obbligazioni in senso stretto), ma anche in senso più economico- funzionale (poiché l’onere era considerato come una limitazione della disposizione patrimoniali In quest’ottica, poi, il modus è stato inquadrato come un elemento accessorio alla disposizione cui accede e ad esso veniva considerata applicabile la disciplina della donazione modale.
Tuttavia, la prassi applicativa ci ha dimostrato che l’onere testamentario, nella maggior parte dei casi è stato – ed è tutt’ora – utilizzato per la realizzazione di un sistema di interessi spesso complesso, con finalità e in maniera assolutamente diverse rispetto a quanto accade nei negozi tra vivi.
In tale ottica, al contrario di quanto accade nella donazione, l’affermare che con l’apposizione di un onere, il testatore intende implementare e/o limitare gli effetti della disposizione principale con effetti ulteriori che, in senso economico, riducono il valore dell’attribuzione, non corrisponde (forse più) alla realtà. O quantomeno, tali situazioni, che si ripete in ambito donativo costituiscono (ancora) la quasi totalità dei casi, in ambito testamentario sono, quantomeno di fatto, relegati al rango di eccezioni.
Rimandando alla prima parte del presente merita notare che tale situazione – nella prassi – connota la figura dell’onere testamentario fin dalle sue origini. Quindi, pare più corretto forse affermare che l’utilizzo dell’onere testamentario come una mera limitazione.
Sul tema, sembra utile rimarcare come nella donazione si deve escludere che il modus possa essere il “solo motivo determinante” dell’attribuzione, poiché la stessa non sarebbe più qualificabile come donazione in quanto priva dell’animus donandi Nelle successioni, invece, l’attribuzione patrimoniale all’onerato, come detto, ha spesso una funzione meramente strumentale (o, preparatoria) all’adempimento dell’obbligazione dedotta in onere, la quale costituisce il vero obiettivo al cui raggiungimento mira la volontà.
Ciò sembra essere poi il fondamento delle disposizioni di cui al terzo comma dell’art. 647 cod. civ. e al secondo comma dell’art. 648 cod. civ.; specialmente con riguardo a questa seconda norma, si può affermare che la ratio sottostante la previsione secondo cui l’inadempimento dell’obbligazione modale determina la risoluzione della disposizione testamentaria solo quando ne abbia costituito l’unico motivo determinante (oppure quando è stata prevista appositamente dal testatore) è da rinvenire nella considerazione secondo cui, in tali fattispecie, l’attribuzione è stata prevista soltanto in funzione dell’adempimento dell’obbligazione modale.
Ancora, se si prende il via dall’indefettibilità del fenomeno successorio e si considera, di conseguenza, il particolare rilievo che viene dato agli interessi del defunto unitamente a quanto appena esposto, si può agevolmente concludere che – sempre con riferimento alla quasi totalità dei casi – il rapporto fra la disposizione c.d. principale e l’onere, nelle disposizioni testamentarie, è sostanzialmente invertito rispetto a quanto solitamente previsto nel negozio fra vivi.
Di conseguenza, una volta stabilito quanto sopra, sembra evidente che la teoria secondo cui l’onere testamentario costituisce una disposizione autonoma, o meglio, non accessoria, appare, se possibile, ancor più convincente.
Da quanto sopra si ricavano talune importanti conclusioni: come nell’ atto donativo il modus lungi dall’essere inquadrabile tra gli elementi accidentali del negozio giuridico è dotato di autonomia ed esso stesso ha natura negoziale.
Ciò che differenzia l’onere testamentario rispetto alla donazione modale è prevalente rispetto a quanto previsto nel negozio tra vivi.
La natura autonoma del modus consente che essa può integrare le disposizioni testamentarie anche se risultante da un diverso atto pubblico, nel caso di specie donazione modale , in data anteriore alla stesura del testamento , per valorizzare l’onere rispetto alla c.d. disposizione principale di natura patrimoniale.
Occorre naturalmente che le disposizioni testamentarie che individuano eredi e legatari consentano senza equivoci che l’onere che si intende porre in capo a una delle suddette figure ancorché tratto da altro negozio giuridico risulti coerente con la disposizione patrimoniale della quale sono beneficiari.
Da ultimo, la stesura del testamento è l’atto conclusivo della volontà del testatore che si è formata nel tempo a seguito delle relazioni di varia natura che hanno indirizzato emotivamente e razionalmente le sue determinazioni.
Si può legittimamente dare per scontato che se altri negozi giuridici hanno individuato gli oneri che il testatore considera essenziali al perseguimento delle sue aspettative e priorità, al punto che essi, come detto, sono prevalenti sulla disposizione principale di natura patrimoniale, assurgono a obbligazioni ineludibili perché l’attribuzione patrimoniale e all’onerato ha spesso una funzione meramente strumentale (o preparatoria) all’adempimento dell’obbligazione dedotta in onere.
Ora, posto che l’art.794 CC chiarisce che l’impossibilità dell’ onere è soltanto l’impossibilità originale, ossia già esistente all’atto della stipulazione, mentre quella sopravvenuta non può produrre che l’estinzione del modus, facendo si che la donazione ne resti liberata, sala l’ ipotesi disciplinata dall’art 793 quarto comma CC, che le parti abbiano espressamente previsto la risoluzione per inadempimento dell’onere e quest’ultimo sia divenuto impossibile per fatto e colpa del donatario (Cass. Civ Sez II 17 aprile 1993 n. 4560).
Per quanto sopra l’atto illecito compiuto dai membri del Cda facendo decadere strumentalmente il Presidente, cioè colui che è donatario gravato dal munus con la conseguenza che esso tamquam non esset viola l’atto di ultima volontà costituito dal testamento che proprio la “garanzia” oggettiva e soggettiva, il munus e l’assoluta affidabilità di consolidati rapporti affettivi e fiduciari con il cugino donatario.
L’abuso di diritto che parte attrice ritiene sia stato compiuto dai membri del CdA, e per il quale, è imminente l’udienza per la precisazione delle conclusioni, ha dunque pregiudicato il progetto donativo alla città di Cosenza che il fondatore andando ben oltre la mission iniziale avevo deciso accogliendo il pressante invito del Sindaco pro tempore Mario Occhiuto, ora mandante dell’iniziativa ostile e letale come conferma la sua presenza nel nuovo Cda presieduto dal sig. Walter Pellegrini (al quale mai il Giuliani aveva immaginato a capo della sua creatura). Ma non solo: ha reso nulla, cioè del tutto estraneo e incompatibile, la garanzia che il donatario avrebbe onorato assicurando se necessario con modifiche statutarie la continuità nel tempo della Fondazione e del suo progetto civile, culturale e museale che il de cuius ha potuto conoscere ed apprezzare determinandosi a nominare la Fondazione erede universale (con un patrimonio complessivo di almeno 13 milioni di euro) in persona dell’avv Francesco Pellegrini.
CONCLUSIONE
Per tutto quanto sopra questa parte come rappresentata e difesa chiede all’ on Tribunale che dichiari nulle le deliberazioni assunte a far data dal Cda del 30 maggio 2022 perché gravemente lesive della volontà del fondatore Sergio Giuliani di assicurare confidando senza riserve sull’ onere assunto da cugino donatario e sulla sua correttezza e professionalità a garanzia che la Fondazione dal de cuius voluta potesse assicurare per il futuro – affidata a personalità di piena affidabilità – l’offerta alla città natale Cosenza di un centro di cultura e promozione civica, ispirato ai valori etici e giuridici della nostra Democrazia costituzionale.