Ho l’obbligo di lealtà e sincerità nei confronti dei nostri lettori e per questo rendo esplicito il nuovo indirizzo della linea editoriale de I Nuovi Calabresi che, secondo quelli che vogliono autoconsolarsi, non legge nessuno. In realtà coloro che ci leggono e ci giudicano liberamente sono tanti, in proporzione quasi pari a coloro che leggevano e soprattutto apprezzavano ICalabresi.
Quale è il cambio di direzione di marcia? Non è improvvisato, non ha nulla di umorale, non sono il giudice di una intera regione e di una città, Cosenza, che faccio fatica a riconoscere perché incattivita, omertosa, vile e timorosa. Non sono il solo a pensarla così. E allora cambiare il punto di osservazione, mettere a fuoco i buchi neri che la sfigurano è una scelta obbligata de I Nuovi Calabresi almeno fino a quando sarò in grado di dirigerlo.
Oggi sul banco degli imputati è la città di Cosenza, non singoli settori, non categorie predeterminate. Cosenza è proprio come la Calabria tutta, descritta con assoluta chiarezza da Mons. Savino, vescovo di Cassano e ora numero due nella CEI. Quella città con cinque piaghe che nell’Intervista a ICalabresi il Monsignore enumerò con insolita chiarezza. Solo per questo ICalabresi avrebbero avuto diritto di vivere e non di cedere alla violenza e alla malafede di un manipolo di delinquenti e loro protettori.
Se volete, andate a rivedere quell’intervista ancora trovabile tramite i motori di ricerca.
In cosa consiste il nostro cambiamento che non farà impaurire nessuno dei banditi con il colletto bianco che fanno strazio della città che un tempo era la vera città della Calabria?
Dire chiaramente quali colpe hanno e che nome hanno i colpevoli.
Non più allusioni, non più giri di parole, non più prudenza nel dire che ci sono magistrati da non santificare, ci sono senatori che dovrebbero avere il pudore di stare zitti, ci sono pseudosindaci macchiette che agiscono sotto comando di altri, che c’è una informazione indegna, che c’è un sistema universitario che si schiera accanto ai peggiori, che c’è una classe imprenditoriale che non cerca di conquistare spazi nel mercato, ma di assicurarsi prebende e protezioni per vivere agiatamente.
Vaste programme, che non è nostro compito realizzare. Siamo piccoli e poco protetti dai cittadini. Siamo liberi in una regione dove la libertà è considerata sovversione: dove è meglio coltivare il proprio orticello che essere parte di una comunità coesa.
Noi faremo un piccolo tratto, poi lasceremo agli altri decidere se andare avanti o prostrarsi dinanzi al primo coglione che si sente padrone.