Ho ricordato in un articolo di alcune settimane fa che quando ero stato appena assunto in FS per riordinare e poi creare l’area “comunicazione”, pressoché delegata a dare seguito alle indicazioni dello staff del Ministro dei Trasporti almeno fino alla “riforma” (una delle più pasticciate, data in pasto alla più sfacciata lottizzazione) per provare quanto le ferrovie italiane fossero presenti nell’informazione, mi chiesero di fare una rassegna stampa annuale.
Il risultato, un librone di centinaia di pagine, sembrava confermare l’opinione dei dirigenti, quasi tutti ingegneri di qualità, ma totalmente digiuni di comunicazione. Peccato che la quasi totalità degli articoli trattavano di ritardi, treni luridi, disservizi sulle linee e qualche scaldaletto qua e là.
Niente che turbasse più di tanto i quadri tecnici, di assoluta competenza, che in cuor loro speravano che i treni più moderni e nuovi viaggiassero senza passeggeri e in incognito così da non rischiare di rovinarli per il troppo uso.
C’era un fondo di verità in questo paradosso. Le FS non conoscevano la parola “costi” ma solo le tariffe. Quando un produttore cinematografico per i suoi film chiedeva di utilizzare un treno o occupare parte di una stazione se la cavava con poco, essendo le tariffe più basse dei costi e in ogni caso sconosciute per le stazioni. Una pacchia, tanto Pantalone pagava, e nei titoli di coda si ringraziavano cani e porci. L’Alitalia che dispensava biglietti per le mete gettonate del mondo a giornalisti e politici la faceva da padrone, e nel caso delle FS, buon ultime, una citazione a caratteri millesimali.
Ora non intendo parlare delle FS che ho lasciato a 54 anni, ma della nostra Calabria e dello spazio che la grande stampa le riserva.
Ho potuto attingere solo agli articoli pubblicati su La Stampa nell’anno in cui Presidente della Regione era la compianta Jole Santelli. Gli articoli sono circa cinquanta. Notizie positive e celebrative della bellezza e delle virtù di casa nostra, una quota molto ridotta, una testimonianza di esistenza in vita. Del resto abbiamo dato un paio di milioni euro per uno spot che parla solo di bargamotto, sullo sfondo di uomini con coppole e asini raglianti. Gli altri, la quasi totalità, del tipo “La Messa nella Cattedrale di Reggio Calabria per il boss Tegano”, “Prestazioni sessuali per il Sindaco in cambio di favori”, “Malati di cancro senza vaccini in Calabria”, “La Calabria restaura all’unanimità i vitalizi” e per finire in bellezza “Jole Santelli chiama artista il suo Vice che non vuole smettere di dire “negri” e “froci””.
Non credo che non ci siano occasioni per celebrare virtù, storia, natura, mari e monti che la Calabria ha tra i suoi tesori. Temo però che la Calabria sia uscita fuori dall’orizzonte mediatico, politico, culturale del nostro Paese. In parole povere, a titolo di esempio, si è parlato molto della morte di decine di poveri immigrati a Cutro e si è sottolineato lo spirito di solidarietà e ospitalità dei cittadini calabresi. Noi sappiamo bene che queste virtù sono parte della nostra identità.
Ma si è arrivati a loro, per il “traino” (parola che non mi piace ma fa capire) di un dramma indicibile che solo un ministro incapace ha trasformato da disgrazia in colpa delle vittime.
Ci sono molti indicatori che segnalano questa marginalità calabrese. L’assenza di figure politiche calabresi nei Governi; la scelta per incarichi di vertice nelle istituzioni pubbliche, non è il caso odierno, di Questori e Prefetti di prima nomina che possono essere eccellenti servitori dello Stato ma privi di un’adeguata esperienza in sedi non facili come è Cosenza. Avere avuto un Prefetto che aveva ricevuto una mazzetta peraltro ridicola nella quantità e nelle modalità non è una smentita di quanto detto. Un Questore – non l’attuale di cui si apprezza una gestione della sicurezza, come con l’eccellente Comandante Provinciale dei Carabinieri – che sanziona 40 cittadini meritevoli per il loro senso civico per aver fatto una passeggiata di denuncia tra le macerie del Centro storico non si può accettare. E il sottoscritto che ha il vizio di parlare con franchezza e senza timori reverenziali glielo disse in faccia alla Questora e lo scrisse in una lettera aperta al Ministro dell’Interno su ICalabresi, prima di essere “licenziato” da un manipolo di cialtroncelli (se è troppo forte diciamo: un manipolo di discoli).
Termino qui per non tediare i lettori, ma tornerò sul tema perché la marginalizzazione a tutto campo della nostra terra è ingiusta ma in ogni caso foriera di guasti maggiori, non è frutto della sfida ma di una scelta irresponsabile dei poteri che “sgovernano” la nostra terra e la opprimono occultandosi, di cui qualcuno deve pure scrivere. Se altri non lo fanno ci proviamo con I Nuovi Calabresi come abbiamo provato e fatto con ICalabresi fino al 19 luglio 2022.