Il posto di Procuratore Capo di Crotone risulta vacante dallo scorso 11 novembre. In attesa del successore a rimanere in carica è Giuseppe Capoccia, notoriamente vicino alle posizioni dell’Opus Dei e ad alcune personalità del Governo Meloni. Mediaticamente associato alle indagini sulla strage di Cutro e sull’assassinio del giovane Davide Ferrerio, scavando più a fondo qualche dubbio sul duplice mandato “capoccesco” nella Procura pitagorica e sulla sua “scarsa” conoscenza della città più povera d’Europa si pone.
Gli “amici politici” di Capoccia
Classe 1961, leccese, in magistratura dagli anni 90, vicino a “Magistratura Indipendente”, la corrente “moderata” delle toghe. Da Lecce “planò” a Crotone da fine 2015, ma nel curriculum vanta diverse esperienze (e amicizie) romane.
Difatti, Capoccia è legato da un’antica amicizia (almeno così si legge su IlFattoDiCalabria) con l’attuale sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio e Segretario del Consiglio dei Ministri, nonchè delegato alla sicurezza della Repubblica (organo di direzione politica dell’intelligence italiana), Alfredo Mantovano, leccese come lui e già consigliere di Cassazione penale dal 2018 al 2022, notoriamente il “braccio destro” della attuale premier Giorgia Meloni fin da quando la medesima è diventata segretaria di Azione Giovani nel 2002.
Mantovano fu giudice penale a Lecce fino al 1996, quando divenne deputato di Alleanza Nazionale, mentre Capoccia fu sostituto procuratore a Lecce dal 1993.
Divisione delle carriere, ma non dell’amicizia. Il Governo Berlusconi portò buone nuove ai due magistrati leccesi: Mantovano fu sottosegretario all’Interno del Governo Berlusconi II, mentre Capoccia divenne direttore dell’Ufficio Studi per le Relazioni Internazionali del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
Dal 2009 all’aprile 2010, durante il Governo Berlusconi IV, Capoccia è stato vice capo dell’Ufficio legislativo del Ministro della Gioventù a guida Giorgia Meloni, proprio mentre l’amico Mantovano era tornato ad essere sottosegretario all’Interno. Insomma, i buoni uffici politici romani sono risalenti e ben chiari, anche se non mancano contatti amicali in sede locale di area dem (come l’ex commissario dell’Azienda sanitaria ed esponente del Pd pitagorico Sergio Arena, ma questa è un’altra storia).
Nel cuore l’Opus Dei e Ratzinger
Una piccola nota di colore riguarda la posizione radicalconservatrice del “quasi non più” Procuratore Capo di Crotone nei riguardi della Chiesa Cattolica (in chiave, sostanzialmente, anti-Bergoglio).
Difatti, oltre ad essere vicino all’Opus Dei (prelatura su cui è caduta la scure del Papa progressista lo scorso agosto), Capoccia è stato uno dei promotori dell’Associazione “Luigi Pappacoda” di Lecce, nota per proporre la diffusione nelle diocesi pugliesi della Messa in rito antico e con principale obiettivo quello dell’assistenza a quei sacerdoti e quelle comunità di fedeli che intendessero celebrare e partecipare a quella particolare forma liturgica risalente al Concilio di Trento (poco prima di quando le donne per i cattolici non avevano l’anima, per intenderci come arco temporale).
L’associazione è stata anche definita un “gruppo stabile per l’applicazione del Summorum Pontificum di Papa Benedetto XVI”, la lettera apostolica di Ratzinger sulla celebrazione della citata messa con rito antico, in vigore fino al provvedimento “Traditionis custodes” di Bergoglio del 2021.
L’amico di Capoccia, il già citato sottosegretario Alfredo Mantovano, invece, dal 2015 al 2022 è stato presidente della sezione italiana di “Aiuto alla Chiesa che soffre”, divenuta “fondazione di diritto pontificio” proprio grazie a Ratzinger. Lo stesso Mantovano ha militato fin dal 1976 in Alleanza Cattolica, associazione cattolica ipertradizionalista.
Oltre la politica, quindi, anche la fede accomuna il duo leccese Mantovano/Capoccia, solo che il politico fa il politico, mentre l’altro fa il Procuratore ed è arrivato, proprio l’anno scorso, ad iscrivere nel registro degli indagati per “offesa a una confessione religiosa” (con tanto di nota stampa a corredo) un prete lombardo che aveva celebrato messa nel mare di Crotone su un materassino gonfiabile insieme ad un gruppo di ragazzi. Un’azione investigativa-mediatica, quella del Procuratore, in effetti, forse un po’ too much.
8 anni in una “città tranquilla”
Nel saluto di insediamento a Crotone, il 10 novembre 2015, Capoccia dichiarò: “Io fino ad ora ho fatto il pubblico ministero, l’ho fatto per 25 anni. Di Procuratore so di non sapere ma ho imparato in questi anni che insieme si vince; il mio compiuto sarà discreto, riservato”.
E se taluni osservatori, come il giornalista Vito Barresi (attuale auto-candidato sindaco di Crotone) nel 2019 parlava di “rivoluzione gentile” nella Procura di Crotone, lo stesso Capoccia nel medesimo anno offriva a Gazzetta del Mezzogiorno una intervista, a firma Linda Cappello, che fa pensare (ma anche storcere un po’ il naso).
In quell’intervista al Procuratore capo di Crotone viene chiesto come la società civile secondo lui viveva il fatto che la Calabria, culla della ‘ndrangheta, ha un’alta densità criminale. La risposta è stata: “In realtà la città di Crotone, a differenza del resto della provincia, è molto tranquilla. Ad esempio, la notte una ragazza può tranquillamente passeggiare sul lungomare senza correre rischi. Gli episodi violenti si possono equiparare a quelli che accadono in una qualsiasi altra cittadina di provincia del Sud” aggiungendo “Crotone non ha gravi problemi di illegalità, piuttosto c’è una grande trascuratezza. Certamente la struttura della società è più povera, così come la pubblica amministrazione”.
E pensare che in quello stesso periodo era già in corso l’indagine della Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri che ha portato all’operazione “Glicine-Acheronte” che ha al centro la cosca Megna della frazione di Crotone Papanice. Una locale di ‘ndrangheta che aveva rapporti continui con la pubblica amministrazione. Una P.A., secondo Gratteri, “asservita alla ‘ndrangheta almeno per un periodo che va dal 2014 al 2020” e una locale mafiosa che aveva “rapporti diretti con la politica regionale”. Strano che Capoccia non se ne sia accorto.
Difatti, a Crotone la Dda ravvisava e ravvisa: “Una sequela indeterminata di reati, funzionali ad accrescere il peso specifico elettorale attraverso incarichi fiduciari, nomine e assunzioni, di matrice esclusivamente clientelare, in enti pubblici, nella prospettiva di ottenere il voto, nonché’ affidando appalti anche a imprese i cui titolari avrebbero assicurato l’appoggio elettorale”. Senza contare il ravvisato condizionamento dell’Azienda sanitaria provinciale di Crotone, ad oggi, inspiegabilmente, non commissariata per mafia.
In effetti la definizione di Crotone “città tranquilla” di Capoccia nel 2019 ricorda per certi versi quella offerta in dote alla stampa nel 2008 dall’ex “reuccio” della politica pitagorica Enzo Sculco (al centro dell’inchiesta Glicine e oggi agli arresti domiciliari) secondo cui: “La ‘ndrangheta a Crotone non ha know how. È un fenomeno letterario”. Eppure basterebbe chiedere a qualsiasi crotonese fuori dai salotti buoni della borghesia masso-mafiosa pitagorica per saper distinguere la tranquillità dall’oppressione, ma tant’è.
Non vedo, non sento, non indago
Il Consiglio Superiore della Magistratura, pur confermando Capoccia per il quadriennio 2019-2023 nel dicembre 2022 (dopo assoluzione del magistrato in sede penale e disciplinare) si ritrova nuovamente a parlare della nota vicenda “Stadio” che ha riguardato il citato Procuratore capo.
Il momento genetico del procedimento disciplinare riguardava un fatto specifico: nel giugno del 2018 Capoccia riceveva presso il proprio ufficio (in orario di apertura al pubblico e previo appuntamento ufficiale) Giovanni Vrenna, Presidente del Crotone Crotone calcio, il suo avvocato e suo cognato. Oggetto del colloquio, si legge agli atti del CSM, erano le gravi difficoltà della squadra locale nell’iscriversi al campionato di calcio dell’anno successivo in assenza di certezza sulla utilizzabilità dello Stadio Comunale. Il colloquio veniva captato perché Vrenna, senza che Capoccia ne avesse cognizione, era indagato per associazione mafiosa dalla Dda di Catanzaro.
Sul punto “tranchant” fu l’allora primo presidente della Cassazione Pietro Curzio che dichiarò durante la seduta del CSM: “i comportamenti del dott. Capoccia, che sono stati definiti unanimemente leggeri o inopportuni, siano indice del fatto che quel magistrato non conosce la sua professione, fra i cui compiti non rientrano le attività poste in essere nella vicenda dello stadio della città di cui era Procuratore, a maggior ragione in un territorio difficile come quello calabrese”.
E pensare che il citato patron del Crotone Calcio, Gianni Vrenna è ora indagato nell’ambito dell’inchiesta “Glicine” della Dda di Catanzaro. “mi preme sottolineare che non ci vengono contestati, neanche provvisoriamente, reati riconducibili alla criminalità organizzata” chiarì poi Vrenna dicendo, nella sostanza, che gli vengono contestati reati ordinari. Reati che Capoccia avrebbe dovuto, perlomeno, subodorare, vivendo direttamente il tessuto crotonese. In più, il fratello di Gianni, Raffaele, anch’esso indagato in Glicine, ha una moglie, Patrizia Comito, che almeno fino al gennaio 2022 risultava pubblicamente essere funzionario giudiziario proprio alla Procura di Crotone.
Chiuso un capitolo al Csm se ne è aperto recentemente un altro a carico di Capoccia, concerne l’affossamento di talune indagini su alcuni dei profili penali del “caso” Afflitto, ossia l’utilizzo dell’Azienda sanitaria come “cosa” privata a favore del Consigliere regionale parente del defunto boss di Cirò Giovanni Santoro. Il fascicolo disciplinare è stato aperto e non basterà certo qualche superficiale ordinanza di Gip ad alleggerire il quadro. C’è molto altro. Anche qui, una parente di ben due portaborse di Francesco Afflitto, Battistina Mingrone, risulta essere (sul sito web della Procura) l’assistente del quasi ex Procuratore Capo pitagorico. Un caso? Si spera.
Una sequela di sviste. Se si considera che lo stesso Capoccia compariva nella locandina di un evento previsto per giugno (poi non tenutosi) sui beni confiscati promosso dal Comune di Melissa alla presenza del Sindaco, Raffaele Falbo, all’epoca già indagato per concussione aggravata dal metodo mafioso. L’evento sarebbe dovuto essere introdotto dalla sorella di Enzo Sculco, Maria Carmela, assessora e indagata anch’essa dalla Dda. Proprio qualche settimana fa a Melissa è arrivata la commissione d’accesso antimafia.
Perché Capoccia diede la sua disponibilità a presenziare in quel bell’ambientino? Perché ha mantenuto come assistente una parente dei portaborse di Afflitto e non ha fatto mezza indagine? Le domande che ancora aleggiano sono tante e tali che ci ritorneremo, ma sta di fatto che dopo 8 anni di “capocciate” dalla Procura di Crotone serve meno politica e più indagini.
1 Comment
E che ti devo dire? Al peggio non c’è mai fine. Ecco, potrebbe essere un valido commento.
😡😡😡