Ho deciso di chiedere al Tribunale di Roma l’annullamento o la nullità del testamento di Sergio Giuliani scritto nel 2017 dinanzi al Notaio Claudio Cerini.
Non è una scelta avventata, immotivata, anche se la richiesta di un atto di ultima volontà a distanza di sette anni non è usuale e non è priva nel nostro caso di possibili conseguenze gravi sul beneficiario, che è la Fondazione Attilio e Elena Giuliani, che designata come erede universale con il lascito testamentario ha coperto i prestiti con i quali l’ex Presidente faceva fronte alle spese, cospicue per l’acquisto di Villa Rendano e il suo restauro e allestimento, o modeste per i costi correnti della gestione. Queste per essere chiari, se il Giudice accogliesse la richiesta presentata a mia firma, con tempi sicuramente non brevi, tutte le risorse acquisite dalla Fondazione per via testamentaria diventerebbero debito di cui dovrebbero rispondere i sig.ri che hanno estromesso il rappresentante legale, cioè il sottoscritto, che la successione come da Statuto dovette gestire con la collaborazione dell’avv. Mungari, che della mia estromissione fu regista e coprotagonista.
Ora una necessaria spiegazione che cercherò di fare con il massimo della chiarezza consentita.
Walter Pellegrini ha più volte fatto riferimento ad una donazione modale fatta a mio favore nel 2014. Fu fatta con atto pubblico che pretesi in luogo della formula non veritiera con la quale Sergio Giuliani aveva gratificato parenti, il fratello, amici di solito più che benestanti e non segnalatisi per particolare benevolenza. Sottolineo che la donazione che era qualificata modale perché mi gravava di un’obbligazione, ma era anche tardivamente “remuneratoria” per aver accettato la designazione notarile come Amministratore di sostegno che svolsi fino alla sua scomparsa assistendolo nelle numerose urgenze mediche, in varie parti d’Italia e per aver reso possibile con un lungo impegno professionale condiviso con un bravo e corretto collega la vendita di parte del palazzo che era stato a lungo sede della Provincia di Cosenza. I traditori hanno cercato di fare passare in Tribunale e su giornali compiacenti la tesi, meglio dire la bestialità giuridica, che quella donazione era in realtà la retribuzione mai percepita per i dieci anni di lavoro come Direttore Generale, in realtà l’attuatore unico della costituzione e realizzazione della Fondazione e di Villa Rendano. Ci sarebbe molto da scrivere su questa bizzarra interpretazione che l’avv. Salvatore Perugini, che avrebbe dovuto essere il mio difensore, finse di credere legittima.
Quale era il modus, l’obbligazione che avrei dovuto attuare?
Nel contratto di donazione è scritto “Francesco Pellegrini assume l’impegno di guidare la Fondazione sino a quando le condizioni psicofisiche lo consentiranno”.
Evidentemente estromesso illegittimamente dalla Fondazione il 30 maggio 2022 questo impegno è diventato impossibile e quindi a parere di illustri giuristi la mia obbligazione era decaduta.
Non mi ha mai convinto questa tesi pur provenendo da professionisti autorevoli e come al solito ho avviato le mie ricerche sul punto.
E ho trovato conferma alle mie perplessità in una sentenza della Corte di Cassazione che ha così deciso: Come per il negozio testamentario si considera non apposta l’onere illecito o impossibile, ma se ne ha costituito il solo motivo determinante rende nulla la donazione (cfr. art. 794 c.c.). Tuttavia, nell’ambito dell’impossibilità, la nullità si estende solo all’ipotesi dell’impossibilità originaria e non all’impossibilità sopravvenuta. In questo secondo caso il donatario onerato non è liberato dall’obbligazione nascente dal “modus donandi”. La ragione di ciò risiede nel fatto che il concetto di nullità nel nostro ordinamento attiene solo al momento genetico del negozio giuridico e mai a quello funzionale.
Traduco la decadenza dell’obbligazione del donatario scatta solo se l’impossibilità a soddisfarla era già al momento della donazione, non quando essa è stata creata con un’azione delinquenziale come nel caso dell’assalto alla Fondazione.
E ancora: se Sergio Giuliani mi ha dato l’obbligo di guidare la Fondazione nel 2014 non è scontato che solo sulla base della garanzia di fare quanto richiesto egli ha deciso di nominare erede la Fondazione con il testamento del 2017?
In altre parole se avesse previsto che a posto di Franco Pellegrini si sarebbe insediato l’altro Pellegrini, Walter di cui non aveva particolare stima e infatti accolse senza entusiasmo la mia proposta di dargli un contratto di collaborazione ben retribuita per fare il rappresentante di Villa Rendano poiché io ero presente solo pochi giorni al mese?
Cosa significa allora questo: che l’obbligo che avevo ricevuto con la donazione – e che fosse questo la sola ragione della stessa donazione, la conditio sine qua non per nominare erede la Fondazione, sia pure sperperando con legati milionari somme molto importanti per tanti ricchi “di suo”, per il fratello Vittorio – di cui scriverò presto – e per sua figlia che aveva rifiutato di abitare nell’appartamento paterno perché contiguo a quello dello zio non amatissimo, è provato dal fatto che il giorno dopo la firma della donazione mi fece questa domanda: “E se tu muori prima di me che fine fanno i soldi della donazione”. Che ognuno non sappia la data della morte è scontato, ma perché lo chiede solo a me, che al tempo ero in buona salute e avevo 68 anni, non gli anni di Mosé?
Comunque io scrissi una raccomandata al Notaio per informarlo e per chiedere di revocare la donazione di cui Sergio non era è più convinto. La raccomandata è nelle mie mani e posso esibirla se me lo chiederanno. Il notaio probabilmente convinto della mia imbecillità mi raccontò una frottola per non annullare la donazione.
Su queste basi è di certo fondata e possibile, anche per l’imprescrittibilità di reati successori, la prevista chiamata in giudizio e i banditi dovranno decidere se attendere la sentenza del processo che sarà avviato con la mia Citazione, con il rischio possibile di dovere pagare ciascuno qualche milione di euro, o sperare nella clemenza del Giudice con tutte le incognite del caso. Io consiglierei di usare la prudenza perché, lo ripeto perché capiscano, io o chi per me non smetterà di far loro pagare il prezzo di uno squallido tradimento e soprattutto la fine inevitabile di quanto di bello e utile realizzato a Villa Rendano. Ma per questo considero responsabile quasi tutta Cosenza con i suoi padroni e servi sciocchi.