Sabato 28 ottobre ho ricevuto la mail che riporto fedelmente da Michele Giacomantonio, Direttore responsabile de ICalabresi e da me sempre stimato come persona corretta e giornalista di qualità.
Ecco la mail:
Ti scrivo solo per dirti che su mia proposta, prontamente accolta dalla redazione, il tuo nome e i tuoi articoli sono stati rimossi dalla pagina del nostro giornale. Dopo i reiterati attacchi subiti, le menzogne che hai riversato sul giornale e le persone che lo fanno e infine l’incommentabile comportamento da te tenuto specificatamente verso uno di noi, cancellarti è stato un atto di giustizia e liberazione. Tu meriti il destino più severo per un egocentrico: l’oblio.
Ps: ti rammento che esiste un articolo del codice penale che fa divieto di pubblicare – se non autorizzato – uno scambio privato epistolare, sia pure in frammenti. Non sei autorizzato a farlo.
m.g.
PS: Prego leggere il post che chiede, premettendo che non c’era malizia o malevolenza, perché da una settimana iCalabresi non pubblicavano nuovi articoli. Leggete poi la sola caterva di insulti, espressioni rabbiose ed altro di Camillo Giuliani contro di me, che ha avviato una costosa azione giudiziaria per punire chi ha definito “un danno” uno dei migliori progetti editoriali nati in Calabria e certo non solo per mio esclusivo merito.
Ora, poiché non sono il generale Vannacci che ha descritto in un suo fortunato libro “Il mondo al contrario” sono obbligato – non volendo avviare un’azione giudiziaria che in Italia lascia il tempo che trova sono – obbligato, ripeto, a indicare singolarmente le “colpe” di cui mi sarei macchiato, veramente a mia insaputa.
Me ne dispiace, perché a lungo ho taciuto perché consapevole che la fine decisa dopo il Cda della Fondazione da quattro traditori in malafede e in combutta con mandanti politici e non solo, tutti identificati, de ICalabresi per me era una violenza imperdonabile e per i miei colleghi era la perdita di un posto di lavoro che avevano onorato con professionalità e impegno.
Ecco le tappe dopo il CdA del 30 maggio 2022 che porta alla decadenza dell’Organo e la defenestrazione del sottoscritto che aveva in toto realizzato il desiderio di Sergio Giuliani di fondare una Fondazione che ricordasse il nome dei suoi genitori (la mamma era sorella della mia).
Avendo percepito che qualcosa di illecito bolliva in pentola avevo concordato con il prof. Vincenzo Ferrari una nota da mettere eventualmente a verbale come precondizione di eventuali azioni legali, che infatti furono avviate con l’assistenza professionale di altri due noti avvocati oltre il citato prof. Ferrari.
Uno dei due avvocati aggiuntisi al prof. Ferrari era amico di Camillo Giuliani, ma questo non ha mai inciso sul rapporto professionale. Uno degli avvocati, noto penalista, non ha potuto assumere un ruolo più incisivo perché la problematica era solo civilistica.
Pochi giorni prima della sospensione de ICalabresi, mai comunicatami dalla Fondazione, Camillo Giuliani nella veste di rappresentante sindacale dei tre colleghi redattori accettò un accordo transattivo che prevedeva la cessione della testata con un contributo una tantum comprensivo di IVA di € 100.000. Fui informato da lui nelle sue linee generali dopo pochi giorni non avendo preso parte alla trattativa. Non mi sono mai rammaricato della mia decadenza da Direttore responsabile, perché questo si voleva dai congiurati come concordato con i mandanti politici e non solo. E non ho mai considerato quella transazione “un delitto di lesa maestà”.
In ogni caso mai avrei accettato un ruolo da chi aveva tradito decennali rapporti personali.
C’è da parte di uno dei mei avvocati una prima richiesta di pagare gli emolumenti da Direttore generale da me non richiesti e percepiti fino ad allora, ma ora con una situazione illegittimamente cambiata, non ero disposto a regalie immeritate. La proposta dell’avv. Mungari a nome della Fondazione, collega e amico che come nei prossimi giorni si vedrà aveva preparato per tempo il ruolo, che da consulente della Fondazione da sempre, prefigurava la regia per estromettermi (sono obbligato alla sintesi ma la questione è molto più sofisticata) e da “amico” avevo designato come esecutore testamentario con il solo compito di tutelare mia moglie in caso di premorienza propose “una transazione” con la somma di € 100.000,00 (ne spenderò di più per onorari dei legali) e l’obbligo di comprendere nella stessa transazione anche l’accordo sottoscritto da Camillo Giuliani e Walter Pellegrini, che non mi riguardava e di cui non ho mai letto il testo.
Su proposta del Presidente di Cnews, che non ho mai conosciuto di persona, mi fu chiesta un’intervista per spiegare cosa fosse accaduto. La potete leggere su Internet.
Il vice direttore che fece l’intervista scrisse correttamente ciò che avevo detto: che i giornalisti con una loro editrice avevano ricevuto gratis la testata (valutata essa sola € 250.000,00) e in più un contributo lordo di € 100.000,00. Non ritenne a ragione necessario specificare che era solo e di madre vedova.
Camillo mi ha accusato, non so quante volte anche con toni accesi a Corso Mazzini, come di un delitto per la mancata della parola “per un anno” o “una tantum” (inutile perché la Fondazione per le norme giuridiche può dare un contributo economico per chiudere un caso, ma non lo può fare a vantaggio di un’editrice e una testata che non sono più della Fondazione).
Niente da fare: questa sciocchezza è stata intrepretata come un’azione malevole o dolosa, in ogni caso imperdonabile!
Altra accusa: “ti ho aiutato per la tua difesa”. È vero ma chiariamo, l’aiuto è consistito nel darmi copia della lettera cartacea che il padre Claudio come il fratello e altri cugini di Sergio ricevettero da Mungari, ancora amico, per chiedere loro se a causa delle mie condizioni di salute con ricoveri e interventi complessi fossero disponibili a prendere anche provvisoriamente il mio posto di amministratore di sostegno. Nessuno rispose e quindi quella copia cartacea non fu utilizzata. Fu un atto di cortesia? Certo, ma non può dirsi “aiuto a difendermi”.
I miei commenti o meglio riferimenti agli attuali ICalabresi come l’ultimo, addirittura quasi benevolo, che è tra i post del giornale e che ha scatenato la cascata di ingiurie che potete leggere (non le prime che ho sempre finto di ignorare) sono stati una sola volta riportati quando dalla nota di accompagnamento al bilancio 2021 a firma WP ho letto che Il giornale on line non più della Fondazione ha il compito di informare e promuovere le magnifiche (e inesistenti) iniziative messe in campo dalla nuova Fondazione che ha come missione prioritaria quella di avere “rapporti positivi con le forze politiche e sociali”, cioè al loro servizio presumo con qualche piccolo condizionamento per la linea editoriale del giornale.
Un tradimento c’è stato, ma da parte dei miei ex colleghi. L’11 agosto ho inviato un messaggio sonoro ai colleghi che avevano creato un whatsapp “chiuso” cioè non accessibile se non ai giornalisti (ascoltato da tre o quattro di loro al massimo mi è parso di capire). Il messaggio del tutto privato era un congedo dai miei colleghi, il ringraziamento per il lavoro pregevole, l’esortazione a non considerare chiusa la questione (e non lo è affatto come si vedrà con nuove azioni stragiudiziali). Il riferimento a WP e al suo dante causa Mario Occhiuto era accompagnato da un appellativo fin troppo cortese dopo quello che avevano fatto. Uno dei miei pochi interlocutori giornalisti che lavoravano con me allo stesso tavolo redazionale si è premurato di far sentire l’audio ai suddetti galantuomini. L’ho scoperto quando poche settimane fa mi è arrivato un decreto penale di condanna ad un’ammenda di circa € 4000,00 alla quale ho fatto opposizione, ma mi obbligherà ad andare in udienza perché i sigg.ri giudici hanno ignorato che la Corte di Appello di Milano ha sentenziato che una comunicazione a un gruppo ristretto è privata e quindi priva di ogni elemento diffamatorio. Insomma secondo logica e diritto, come in molti oggi accade, la riunione dei redattori con il direttore per preparare il giornale del giorno per questi superuomini in toga sarebbe uno spettacolo pubblico e quindi censurabile. Ecco un esempio per il quale non ho fiducia nella giustizia italiana. Il dato che conta però è che un collega ha cercato di farmi male (cattiveria + ignoranza). E comunque non è gradevole a 77 anni ricevere dopo una vita specchiata una condanna qualificata “penale”.
E da ultimo tutti i miei ex colleghi che hanno visto realizzate e rispettate tutte le promesse loro fatte, in termini di contratti regolari, retribuzioni superiori a quelle dei grandi giornali nazionali, pagamenti entro i primi giorni del mese, libertà assoluta salvo i controlli che il direttore deve fare per evitare querele temerarie hanno chiuso i rapporti con il sottoscritto – ripeto neanche un saluto – come se io da vittima di quattro cialtroni fossi il colpevole. Alfonso Bombini incontrandomi ha masticato un frettoloso ciao, senza fermarsi, Paletta scrisse dopo una lunga latitanza che per capire chi fosse responsabile della mia estromissione e della sospensione del giornale “aspettava di conoscere la sentenza dei giudici” che non debbono giudicare me, ma i congiurati e dichiarare se essi hanno compiuto “un abuso di diritto”.
Una colpa – oltre quelle fantasmagoriche – me l’ha affibbiata Camillo Giuliani chiamandomi “belligerante” cioè non prono ai nuovi padroni, dimenticando che come ho detto dall’inizio non erano in gioco miei interessi personali, ma l’obbligo morale che ho assunto con Sergio Giuliani di governare e soprattutto assicurare il futuro della Fondazione, costata € 13milioni tratti dal suo patrimonio personale. Tanto altro potrei aggiungere ma questo sarà oggetto di un libro che non sarà un’autodifesa (di cui non ho alcun bisogno) ma di denuncia del marciume che infesta Cosenza dove ero tornato per riprendermi dalle conseguenze di quasi due anni passati tra cliniche e ospedali, con 7 (sette interventi chirurgici). Il risultato è stato esattamente il contrario, i falsi amici e i collaboratori irosi (perché? Forse per il successo imprevisto da tutti de I Nuovi Calabresi?) lo sapevano, come sapevano di altri dolori personali.
Non li ha minimamente toccati e ora pretendono “l’assoluzione” e si permettono di decidere la cancellazione del nome del Fondatore de ICalabresi e degli articoli (87) da me scritti e i soli non pagati.
Quanto all’accusa di egocentrismo e narcisismo credo che mi abbiano confuso con l’altro Pellegrini, non a caso definito “piacione”: tutti sanno che ogni volta, dopo un evento a Villa Rendano quando mi si chiedeva un’intervista, cercavo di sottrarmi e in FS pure essendo il comunicatore istituzionale mi sottraevo a interviste RAI e a cerimonie ufficiali. Al punto da essere convocato un giorno dall’Ambasciatore britannico che mi rimproverò perché invitato come FS al ricevimento per il genetliaco di Sua Maestà non partecipavo mai. Avete mai conosciuto un egocentrico narciso che invece di essere “amico di tutti e con la giusta dose di servilismo” solo per aver scritto articoli veritieri e non smentibili sta “sulle scatole” di buona parte dei “potenti o presunti tali” e non se ne pente? (NdR: È la viltà e il silenzio delle persone che gli fa credere d’essere dei padreterni e non, come sono, delle nullità).