Di solito il problema che ogni giorno il direttore o il redattore capo di un giornale – piccolo o grande, letto da molti o da pochi, quanto basta per godere di sostanziosi finanziamenti pubblici – è quello di cosa scrivere, su quale notizia debba puntare per incuriosire le persone e quindi indurle ad andare in edicola o ad abbonarsi al giornale on line, ora ampiamente vincente sul cartaceo.
Come tutti nel nostro piccolo (qui c’è un po’ di ipocrisia perché tanto piccoli non siamo e come numero di lettori battiamo sia molti giornali on line in Calabria e temo anche i giornali cartacei) abbiamo un problema. Ma non è quello di non sapere cosa scrivere di attraente e interessante, ma al contrario quello di non sapere cosa NON scrivere.
Non è un gioco di parole, è pura verità.
Esemplifico per farmi prendere sul serio.
La soluzione migliore sarebbe di non scrivere nulla, quindi smetterla con il vezzo di dirigere un giornale libero, che – incredibile a dirsi – libero lo è veramente e senza alterigia credo sia solo o in povera compagnia.
Il vantaggio sarebbe enorme, non sarei sulle scatole di tanti presuntuosi e saccenti “padreterni” che vedono una briciola di libero giornalismo come un fastidioso insetto che ti ronza in faccia. Altro vantaggio, già sperimentato con ICalabresi che piccolo non lo era affatto, che era diventata la prima lettura per curiosità o preoccupazione dopo aver bevuto il caffè mattiniero.
ICalabresi se fosse sopravvissuto altri 5 mesi avrebbe avuto 5 milioni di visualizzazioni in tutt’Italia, e dal valore certificato di euro 250mila sarebbe arrivato al traguardo di mezzo milione di euro. Ma questo non lo voleva tale Walter Pellegrini e quindi fine della storia.
Poi, non bastasse, il noto cazzaro (ripeto, copyright di Iacchitè) aveva sentenziato che quello che pubblicavamo non interessava a nessuno. Un’affermazione ardita ma non del tutto infondata: non interessa ai defunti (pace all’anima loro) e a quelli che si comportano da defunti. Questi non sono pochi, penso anzi che siano quasi la maggioranza, sono particolarmente presenti non nelle fasce di popolazione marginale, con bassa cultura e basso reddito, ma tra i cittadini della media e buona borghesia.
Avvocati, notai, giornalisti, professori dalla media all’Università, insomma quelli che puntano tutte le proprie carte sull’omertà, sul servilismo, sul timore reverenziale nei confronti di chi ha il potere sia lecito sia illecito. Con un termine troppo generico e in parte non veritiero li definiamo “massomafia” o suoi servi. Mons. Savino, Vescovo di Cassano, in una intervista che avrebbe dovuto fare scalpore e invece fu digerita come una pappetta di pastina in brodo, li chiamava le “cinque piaghe” della Calabria. Ne parlo nel mio libro che però non sarà letto a Cosenza ma nel resto d’Italia sì, perché “pericoloso” se la Spectre lo viene a sapere.
Quindi mettiamo tutti questi per i quali è giusto NON scrivere nulla.
Poi veniamo ai politici, gli ultimi tirati in ballo sono Alfonso Antoniozzi e la ladymassoleghista Simona Loizzo. Loro non leggono nulla che riguardi i problemi, non pochi, che affossano la Calabria perché sanno che sono stati nominati (non eletti) perché si facessero solo i ca… propri. E loro se li fanno eccome.
Ma almeno sappiano che l’articolo che parla di loro – con Antoniozzi Jr star – ha avuto 3140 lettori, 298 emoji, 190 commenti (inutile dire tutti negativi, ricchi di vaffa e simili) e 49 condivisioni. Non cambierà nulla nella loro supponenza e inutilità, ma come si dice megliu pocu ca nente.
Poi passiamo all’argomento che proprio dovrei ignorare, perché a ggente si sicca.
Questo lo so bene e infatti non ne scriverò più perché quello che dovevo dire e provare l’ho fatto. La Fondazione Giuliani è stata ingannata prima, durante e dopo da Mario Occhiuto in testa e dai quattro sicari del CdA, Villa Rendano è già sputtanata urbi et orbi, quindi oltre le marchette non potrà andare (via i concerti organizzati dalla musicista calabroamericana Daniela Roma, via relatori e testimonianze prestigiosi, via mostre d’arte, attività ludodidattiche per centinaia di bambini, via le lezioni di avvicinamento alla musica tenute da una pianista italiana che veniva appositamente da Bruxelles e solo con rimborso spese, via la magnifica Lectio magistralis di Franco Fortini, via le produzioni per Consentia Itinera in collaborazione con il Museo Galilei di Firenze, o altri musei ed istituzioni culturali europee, giacché ci siamo, via due professioniste di razza, in particolare Anna Cipparrone, ma ben protetti due parenti di WP che credo, uno in particolare, è in “sciopero bianco permanente” (causa rottura ignoro se provvisoria o definitiva con la consorte Marta figlia di WP).
Allora perché NON scriverne? L’ho già detto, a ggente si sicca.
Ma in attesa che vadano a sentenza tre processi civili e tre, tra poco 4 denunce penali che sarà difficile non trasmettere per le decisioni al GIP di Roma purtroppo sono facile profeta nel dire che Villa Rendano vivrà solo come edificio vuoto e inutile, le crepe della violenza subita si allargheranno e sono fiducioso che la sua immagine ovviamente negativa e sconfortante si affiancherà a quelle di tutt’altra natura come il Duomo e il Castello svevo e le opere del MAB che sopravviveranno al vandalismo e comunque non saranno ritirate come loro diritto certificato (fidarsi è bene ma con Occhiuto o Franz Caruso è meglio di no) dall’erede del mecenate il nipote Roberto Bilotti.
Sarà Cosenza non la città di Alarico ma quella che ha voluto per stupidità, cattiveria, brama di potere e di affari distruggere quell’edificio che, su sollecitazione di Occhiuto, Sergio Giuliani sbagliando aveva acquistato e ristrutturato per impedirne il totale degrado e il recupero al patrimonio architettonico della città.
Sarà la mia attività di “marketing alla rovescia” fino a quando campo. Vedrete soluzioni simpatiche dopo la pausa agostana.