È triste ma è anche irritante, peggio: motivo di sdegno e di rabbia “la morte lenta” della Calabria (ma in modo meno appariscente di buona parte del sud) e di Cosenza in particolare.
Persino qui in Toscana alcuni conoscenti che hanno conosciuto la nostra città – alcuni perché coinvolti nei lavori di costruzione del campus di Arcavacata, molti perché conoscendola l’hanno amata – rimangono basiti quando dico loro l’odierna realtà.
Mi concentro su Cosenza anche perché essa è stata per decenni considerata una città “diversa”, cioè migliore, più dinamica, meno inquinata dalla presenza mafiosa.
Ora per cosa si segnala la nostra città? È in mano ad un connubio tra ‘ndrangheta, divenuta investitore di immense risorse, e massoneria, non tutta ma una parte comunque maggioritaria, coniando il termine massomafia.
Si sta spopolando anche perché molti giovani, i migliori fuggono dall’assenza di lavoro almeno pagato – quello più “pregiato” è riservato ai familiari dei soliti noti, ai clienti più fedeli – la popolazione anziana poco alla volta ci lascia, appassiscono i “fiori all’occhiello” come il Planetario, impianti sportivi, la stessa Unical che magari sta realizzando cose importanti ma che muta, omertosa, arroccata in sé stessa, dista dal capoluogo una dozzina di chilometri ma è come se si trovasse fuori dalla Calabria.
In tempi di decadenza la politica può scegliere di essere due cose radicalmente diverse: o decidere di chiudersi a riccio, premiare i peggiori sempiterni o recuperare il sogno visionario dei suoi fondatori, Nino Andretta per primo. È chiaro che l’Unical ha scelto la prima strada e soprattutto i dipartimenti umanistici – dove le idee nascono ed esplodono più naturalmente – sono per diretta conoscenza un grande nel senso di grosso liceo, meno qualificato del vecchio Telesio.
Manca quella che si chiama “l’opinione pubblica” che è cosa ben diversa da quella corriva, servile e furba. E tra le cause di questa mancanza che non è solo della Calabria ma si è ormai estesa come una metastasi a buona parte d’Italia, che sembra non andare oltre il tifo tra Giorgia e i suoi velleitari e inconcludenti avversari.
Le istituzioni nazionali ci ignorano, quelle locali sono piene di buchi come la gruviera, l’informazione fa il contrario di ciò che dovrebbe fare (anche qui in tutt’Italia con poche lodevoli eccezioni come la Stampa, edita a Torino e neppure distribuita a sud di Napoli). A noi basta e avanzano due giornali cartacei mal fatti e impermeabili alla libertà.
Il fatto che due quotidiani on line ICalabresi ASSASSINATI e I Nuovi Calabresi, in pratica con un solo autore, in un anno o poco più, hanno superato ciascuno 3 miloni di lettori soprattutto perché le persone capiscono che sono ciò che dichiarano giornali di inchiesta per la libertà e la legalità dovrebbe far riflettere. Ma se lo fanno non se ne fanno accorgere.
Quale è la città che chiede ed ottiene dall’ex Sindaco Occhiuto l’acquisto ed il recupero della Villa Rendano, un gioiello architettonico e simbolico, che diventa un vero e proprio fiore all’occhiello noto e apprezzato in tutt’Italia per poi aiutare e proteggere i suoi vandalici distruttori?
C’è stata la reazione sdegnata dei cittadini? Manco per idea, l’hanno fatto invece tutti i partners più prestigiosi del centro nord italiano e alcuni europei, qui da noi la corsa iniziale a salire sul carro di colui che sembrava vincitore ed ora pronti a scenderne perché hanno compreso che il delinquente mio omonimo vincitore non lo è affatto ed anzi dovrà essere trattato e isolato come un paria. Ma i testardi ora prendono tempo, attendono la “sentenza”, si ‘mbriacano gridando w Gratteri, santosubito Gratteri, ilsoloonestogratteri – in buona misura legittimo, ma non originale pensando alla fine di Di Pietro – ma così facendo danno credito al fatto che Gratteri, magari ingannato dall’amico Walter Pellegrini, con la distruzione vandalica della Fondazione Giuliani e del suo patrimonio di 15 milioni di euro in aggiunta a quello più prezioso immateriale – prestigio, notorietà, centro culturale e museale di rilievo nazionale – c’entra eccome. E sentenza o non sentenza (sempre a rischio teorico di manipolazione) la verità integrale, che penso di aver finalmente compreso, verrà prima o poi a galla.
Ma questo è solo una tessera del quadro grigio e nero di Cosenza e della Calabria e fatto fuori io – età e invalidità in gran parte imputabile ai noti traditori e delinquenti si fanno sentire – troverà altri narratori, altri testimoni, altri accusatori e così l’immagine della bella accogliente e innocente Cosenza purtroppo finirà nei rifiuti milionari del noto e non onorevole Guarascio, detto LO SFASCIO.