“Sarabanda” è un romanzo di Jean Luc Coatalemm pubblicato appena un anno fa. Ne ho appreso l’esistenza – senza averlo letto – perché alcuni commenti sulla stampa ne sottolineavano l’originalità.
Per Le Figaro «Sarabanda non è per nulla una commedia armonica. È una profonda riflessione sull’arte, dove il vero, il falso, la copia si confondono fino a far perdere la testa».
E ancora «Coatalem si diverte moltissimo con questa trama rocambolesca su uno sfondo molto plausibile e ben documentato. È originale, gustoso e gentilmente cattivo».
Ora senza voler far sfoggio di una cultura da letterato – confermo che il libro non l’ho ancora letto – mi intriga molto quella definizione dove il vero e il falso si confondono “fino a far perdere la testa”, perché questa ambiguità è una presenza diffusa nella realtà e soprattutto nel nostro tempo.
Potete immaginare dove intendo andare a parare. Ho la fissa con Cosenza e la Calabria, e neanche lo nascondo se prima ho diretto ICalabresi e ora I Nuovi Calabresi. Per emanciparmi da questa contestata calabresità, che in realtà per me significa soprattutto cosentinità che dà fastidio a tanti, ho scritto mesi fa al Sindaco Caruso (vero o falso?, si domanderebbe Coatalemm) chiedendogli sempre in materia di falso che vorrei fosse vero se poteva fare un certificato di nascita (falso ma copia del vero) in cui la città di nascita da Cosenza diventasse Vipiteno. In fondo quanto a falsi Cosenza ha una montagna di precedenti: braccianti assunti come infermieri negli ospedali, sarto (pardon, couturier) amici di Robertino nominato presidente della Commissione Cinema e cultura della Regione, film strapagati che raccontano una Calabria solo con ciucci, uomini con la coppola e bergamotto, in cui la sola cosa vera, ma non la più importante, è il bergamotto, essendo i primi due di fatto scomparsi da una cinquantina d’anni.
Insomma la mia richiesta, se accolta, non sarebbe stata la sola falsa.
Ma l’ambiguità di cui sopra a Cosenza è più autorevole e condivisa. Ad esempio il Sindaco di Cosenza è proprio l’avv. Franz Caruso? Oppure è come Cesare che definì Terenzio homo dimidiatus, che non vuol dire segato in due parti ma più sobriamente condomino paritario del governo della città, in buona armonia con il rampollo brunobossiano Francesco Alimena o Damiano Covelli o De Cicco.
Sembrerebbe che io ce l’abbia con il compagno socialista e massone (termini rispettabilissimi se senza aggettivi) Franz Caruso. Niente affatto. È lui che ad un certo punto mi ha negato persino un caffè da Renzelli, il mio bar preferito, perché subito diventato supporter di un omonimo arrampicatore della Fondazione Giuliani, “perché gli garbava” (verbo in uso in Toscana che a sua volta mi garba molto) insieme con il suo avversario (anche qui vero? Assai improbabile o falso, quasi certo).
Ma non sono così autorevolè – magari rompiballe e non timoroso – ma questi dubbi su chi sia il Sindaco vero non li ho io. Ma se l’ex amico Franz volesse conoscere il giudizio di centinaia di cittadini, solo quelli che l’hanno espresso su I nuovi Calabresi (anche qui un’ambiguità, ma il figlioccio dei ICalabresi chiuso con arroganza fascista e poi ceduto a tre bravi colleghi è ICalabresi di questi ottimi colleghi o imprevedibilmente è I Nuovi Calabresi?) dovrebbe leggerli.
Posso informarlo solo di quelli che hanno accompagnato un post sulla “Nascita in replica (dopo quattro o cinque anni di esistenza) della Rete dei Musei della città”. In realtà un po’ di nuovo ce l’ha la notizia sbattuta in prima pagina sulla Gazzetta del Sud (altro caso di vero e falso, è un giornale di Messina che si proclama calabrese), e cioè la collaborazione non si sa per fare cosa e con eventuali soldi di chi? La Fondazione dell’amministratore oculato e sobrio, WP, che saltando ogni cortina fumogena si rivelerà un oculato falso e un dissipatore vero.
Allora torniamo ai commenti sul Post. Risultano 116 emoji, 95 commenti scritti e 15 condivisioni. Inutile dire che non ce n’è uno non dico positivo ma almeno benevolo.
Vede, caro compagno socialista, in nome dei mesi di frequentazione e di fiducia nel cambiamento promesso (non voto a Cosenza ma vorrei che essa fosse qualcosa di meglio di Sodoma e Beirut, di cui scrive il ricercatore Saverio di Giorno) non ho voluto riprodurli su I Nuovi Calabresi. È una questione di stile che anche “i non belli” – come ha avuto l’amabilità di scrivere su un Whatsapp – possono avere, senza bisogno di abiti di alta sartoria abbelliti da una fascia tricolore che a noi trogloditi continua a commuovere.