Come è inevitabile con i nomi famosi – e Gratteri è uno di questi anche per giusti meriti – di loro bisogna parlare, auspicabilmente bene e per farlo occorre leggere i pochi libri e articoli che lo riguardano.
Tra i primi quello con un titolo addirittura in latino De iniustitiae execratione di un ex magistrato che non essendogli amico occorre citare con un più di prudenza. Si chiama Otello Lupacchini già Procuratore generale a Catanzaro sovraordinato in teoria al Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri.
È inutile che vi dica chi dei due ha vinto per KO tecnico.
Seguono alcuni estratti dal libro.
Non è una novità che da un quarto di secolo i magistrati sabotano con successo qualunque riforma della giustizia: non volendo cedere neanche un’ oncia del proprio potere, ritengono che democratizzare la magistratura e renderla autorevole e credibile sia un colpo mortale a esso. Non stupi-sce, dunque, che il «procuratore capo» di Catanzaro, dottor Nicola Gratteri, che guida di fatto la crociata contro la rifor-ma, a lui particolarmente indigesta là dove, in nome della non colpevolezza, pone limiti alle esternazioni dei pubblici ministeri, lanci accuse feroci contro il governo e il ministro della Giustizia, la professoressa Marta Cartabia: poiché, a suo dire, governo e ministero non starebbero facendo niente per contrastare la mafia e reputando, altresì, «devastanti per i prossimi decenni» le misure pensate dalla guardasigilli, a lui altro non resta che sperare in nuove elezioni che promuovano un governo più vicino alla magistratura. Di fronte queste garbatissime esternazioni urbi et orbi rilanciate a reti unificate e dagli house organs di riferimento dell’aristocrazia togata, non è mancato chi abbia posto la fatidica domanda, vale a dire, se il consiglio superiore della magistratura sarebbe intervenuto per condannarle, in quanto «oggettivamente eversive» e per controllarne la compatibilità con il ruolo ricoperto dal suo autore.
Pregiudizio espresso da taluni membri di codesto Colle-gio, non ultimo il Presidente professor Fulvio Gigliotti da Catanzaro, allorché, con inusitata rapidità, si è disposto, in via cautelare, il mio trasferimento a Torino, sollevandomi dalle funzioni di Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Catanzaro. Pregiudizio manifestato ancor prima dalla Giunta Esecutiva Centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati che così stigmatizzò, dando platealmente mostra di non aver capito – e non che non mi fossi spiegato!
– quel che dichiarai nella famigerata intervista al TGcom 24, il 21 dicembre 2019: « Ogni esternazione che si risolva in una critica dei provvedimenti giudiziari, non argomentata e non fondata sulla conoscenza degli atti, rappresenta una lesione delle prerogative dell’autorità giudiziaria, una delegittimazione del suo operato, e può, nel caso di specie, implicare, in ragione del ruolo ricoperto da chi l’ha resa, un’ inaccettabile forma di condizionamento dell’autonomia e indipendenza dei titolari delle indagini e incidere sulla serenità dei magistrati chiamati ad occuparsi dei relativi accertamenti nelle diverse fasi processuali». Un condizionamento così poco pesante che la stessa Giunta Esecutiva Centrale si affrettò a dichiarare senza mezzi termini: «’ ANM è certa che la Magistratura non ne sarà influenzata e saprà operare con serenità ed indipendenza in un territorio purtroppo interessato da una delle forme più aggressive di criminalità organizzata».
Chiarita la ragione per la quale ho rilasciato le dichiarazioni dedotte in incolpazione, ricordo di aver documentato sia davanti alla prima commissione di codesto Consiglio sia in sede cautelare davanti a codesta Sezione disciplinare, che il Procuratore distrettuale della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, non soltanto non ha mai segnalato alla Procura generale della Repubblica presso la Corte di Appello la pendenza delle indagini preliminari relative alla «impor-tante operazione» denominata Rinascita-Scott, e la pendenza, dall’entrata in vigore dell’art. 9 d.lgs. 14 gennaio 1991 n. 12, e successive modificazioni, di altre indagini preliminari in operazioni diverse, così precludendo, di fatto, alla Procura generale della Repubblica presso la Corte di Appello, ogni valutazione ed eventuale intervento doveroso in materia di coordinamento di eventuali inclagini collegate, ex art. 118-bis, comma 1, Norme att. coord. e trans. C.p.p. Ma questa mia documentata segnalazione è stata semplicemente ignorata, sia dagli Organi destinatari sia dai solerti titolari dell’azione disciplinare. Forse, ma non ci conto, qualcuno, un giorno, mi spiegherà il perché!
Altrettanto vero è che la Procura generale era venuta a conoscenza dell’esecuzione delle numerosissime misure, dei nomi degli arrestati (almeno di alcuni di essi, non tutti) e delle ragioni giustificanti gli arresti soltanto a seguito della pubblicazione, su organi di stampa on-line, mentre ancora l’operazione Rinascita-Scott era in corso di dispiegamento, delle «veline» certamente diffuse dagli inquirenti e/o della polizia giudiziaria, essendo impossibile che la stampa, a meno che non avesse avuto la disponibilità degli atti molto, ma molto tempo prima che scattasse la «retata», potesse aver letto e metabolizzato le migliaia e migliaia di pagine dell’ordinanza applicativa di misure cautelari.
Non meno vero, infine, che, come ebbi a dichiarare, fos-se, per la Procura distrettuale, «evidentemente … molto più importante della Procura generale, contattare e informare» la stampa. Laver rivelato questo fatto, peraltro, nell’ economia complessiva del mio discorso, non serviva né era diretto a sottolineare una da me mai denunciata, neppure implici-tamente, violazione, da parte del Procuratore distrettuale di Catanzaro, dell’art. 2 lettera AA, e cioè che questi perse-guisse, attraverso quella condotta, «obiettivi di personale notorietà». Si tratta chiaramente di un’insinuazione del Ministro della Giustizia, fatta propria dal Procuratore Generale della Cassazione in requisitoria, fondata sulle circostanze, del resto arcinote quel 21 dicembre 2019, che il Procuratore distrettuale dottor Nicola Gratteri, il 19 dicembre 2019, aveva promosso una trionfale conferenza stampa tesa a catalizzare intorno all’operazione Rinascita-Scott un clima di entusiastico consenso dell’opinione pubblica; e che il 21 dicembre 2019 (allorché nessuna comunicazione ufficiale dell’operazione
Rinascita-Scott era ancora pervenuta alla Procura generale di Catanzaro), sempre il Procuratore distrettuale dottor Nicola Gratteri si era lamentato che, dopo due giorni dall’esecuzione degli arresti, Corriere della Sera e Repubblica non ne facessero più menzione in prima pagina. Ministro della Giustizia e Procuratore Generale della Cassazione, dunque, hanno affatto arbitrariamente attribuito a me quella che magari era ed è una loro convinzione, maturata autonomamen-te, che cioè il rapporto tra il Procuratore distrettuale dottor Gratteri con la stampa fosse diretto a «perseguire obiettivi di personale notorietà».
Questi ultimi rilievi conducono a emersione la rilevanza della questione relativa all’atteggiarsi dei rapporti del dottor Nicola Gratteri con i mass media, rispetto alle incolpazioni al cui sono stato chiamato a rispondere. Mi preme, dunque, evidenziare che, per come avevano riportato gli organi d’in-formazione, proprio nella mattinata del 21 dicembre 2019, nel corso di una trasmissione televisiva di cui era ospite, il Procuratore della Repubblica di Catanzaro dopo aver dato atto che il giorno precedente tutti i siti on-line e i giomali avevano dedicato ampio spazio alla colossale operazione contro la matia calabrese, si era tuttavia molto lamentato perché i principali quotidiani italiani (Corriere della Sera e Repubblica) dedicavano ormai alla vicenda spazi solo nelle pagine interne e non nella prima pagina, al contrario de Il Fatto Quotidiano.
Non meno grave è, finalmente, il fatto che il Procuratore distrettuale dottor Nicola Gratteri, nella conferenza stampa promozionale dell’operazione Rinascita-Scott, si fosse spinto a dichiarare di aver dovuto anticipare l’esecuzione degli arresti avendo avuto sentore di asserite «fughe di notizie», idonee a compromettere il buon esito dell’operazione stessa, senza precisare, more solito, né le circostanze né chi potesse esserne stato l’eventuale autore. A fronte di ciò, informare l’opinione pubblica che la Procura generale di Catanzaro non era in possesso di informazioni al riguardo, lungi dall’essere iniziativa scorretta e «gratuita», rispondeva, piuttosto, a un’esigenza contingente: fugare il sospetto che l’asserita diffusione di notizie che avrebbero rischiato di «bruciare» l’ecatombale operazione potesse ipoteticamente addebitars.
proprio alla Procura generale di Catanzaro, che invece dell’operazione stessa era stata tenuta accuratamente all’oscuro.
Per ragioni sistematiche, tornerò in seguito, su quest ult-mo argomento, a proposito dell’articolo di Guido Ruoto, l procuratore Gratteri sotto attacco per impedire la retata giuelziana che si sta per abbattere in Calabria, postato su Tiscali news, il 29 gennaio 2019, cioè quasi undici mesi prima dell’esecuzione della «retata» stessa. (Infra, § 2.3).
Ma se vai a toccare i centri di potere oliati che si interfacciano con la ‘ndrangheta e la massoneria deviata allora diventi scomodo. E cominci a dare fastidio». Mancava solo che Nicola Gratteri parlasse di can rabbiosi» che nascondono al popolo i loro «denti feroci» e i loro «artigli d’aquila», di «animali immondi» …
Ammettiamo, per assurdo, che comunque il Guardasigilli non si fosse effettivamente posto alcuno di questi proble-mi. Il che potrebbe trovare ragionevole spiegazione soltanto ipotizzando che l’onorevole avvocato Alfonso Bonafede non ritenesse Guido Ruotolo giornalista degno di fede, sorta di «tragediatore» aduso magari a spacciare «fake news», insom-ma, a scrivere a vanvera. Ma nulla autorizza a tanto. Quel che è certo, in ogni caso, è che nessun accertamento, magari per il tramite dell’Ispettorato generale del Suo Ministero, fosse stato promosso, per stabilire: se esistesse effettivamente il «gravissimo contrasto» tra il Procuratore generale di Catanzaro e il Procuratore distrettuale di Catanzaro, negato motivatamente, attraverso documenti dall’inequivocabile contenuto dal primo; se effettivamente sulla Calabria stesse per abbattersi una «retata giudiziaria»; su come, se fosse stata effettivamente vera, una simile notizia fosse trapelata e da quale manina o manona veicolata alla stampa; se fosse stato effettivamente in atto un «attacco» del tipo di quello paventato nei confronti del dottor Nicola Gratteri, per impedire la
«retata giudiziaria» stessa.
Quando, tuttavia, undici mesi dopo la pubblicazione dell’articolo Il procuratore Gratteri sotto attacco per impedire la retata giudiziaria che si sta per abbattere in Calabria, postato su Tiscali news il 29 gennaio 2019 a firma Guido Ruotolo, io dichiarai all’intervistatrice del TGCOM24, di non poter interloquire sulla mega Operazione Rinascita-Scott, per non esserne stato ancora portato a conoscenza, il Guardasigilli s’affrettò ad accreditare la tesi del «gravissimo contrasto» di cui non vi è prova alcuna, salvo affrettarsi a «osservare che, ai fini che qui interessano, ben poco rileva che tale contrasto esista o meno nella realtà, essendo sufficiente alla lesione dell’immagine e della credibilità dell’istituzione nel distretto di Catanzaro che tale sia la percezione acquisita dalla pubblica opinione in conseguenza dell’intervista del 21 dicembre 2019».
Confusione, contraddizione e malafede si aggrovi-gliano: si evoca il «gravissimo contrasto» per accreditare la maliziosa lettura delle mie risposte all’intervistatrice; si dice, immediatamente dopo e con buona pace del canone logico della non contraddizione, che «ben poco rileva che tale contrasto esista o meno nella realtà», affermando che è «sufficiente alla lesione dell’immagine e della credibilità dell’istituzione nel distretto di Catanzaro che tale sia la percezione acquisita dalla pubblica opinione in conseguenza dell’intervista del 21 dicembre 2019», senza neppure porsi il problema di chi potesse trarre vantaggio dalla propalazione della relativa notizia; si glissa sull’artificiosa costruzione, a partire dal 19 dicembre 2018, della schwarzes Märchen, dimenticando la pesantissima insinuazione avanzata ben undici mesi prima da Guido Ruotolo nell’articolo Il procuratore Gratteri sotto attacco per impedire la retata giudiziaria che si sta per abbattere in Calabria, così che sia il Guardasigilli sia il Procuratore generale della Cassazione possano sostenere che fosse «gratuita» la segnalazione della «buona abitudine, da parte della Procura di Catanzaro, di saltare tutte le regole di coordinamento e collegamento con la Procura generale».
Chi tocca il dott. Nicola Gratteri muore ovvero dell’eliminazione del passaggio relativo comunicazione dei magistrati impegnati nei processi contro la criminalità organizzata approvato il 14 marzo 2021 dal Comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati, già presente nel documento redatto da Area e Unicost, oggetto di approvazione…
Non ricordo questo episodio per trarne la conclusione, niente affatto arbitraria, che chi tocca il dottor Gratteri, come gli incauti che toccano «i fili» dell’alta tensione, muore, ma per porre in evidenza, ancora una volta che vi sono persone per le quali «ciò che piace lice». E ha un bel ribadire, attuale
Ministro della Giustizia, il presidente emerito della Corte costituzionale professoressa Marta Cartabia, che vanno messi in campo «tutti gli sforzi tesi ad assicurare una più compiuta attuazione della Direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016, sul ratforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali»; e la «necessità che l’avvio delle indagini sia sempre condotto con il dovuto riserbo, lontano dagli strumenti mediatici per una effettiva tutela della presunzione di non colpevolezza, uno dei cardini del nostro sistema costituzionale», se poi, per un verso, si asseconda la normofobia «da tempo di guerra» del
Procuratore distrettuale di Catanzaro e del giornalismo che, sostanzialmente inaudita altera parte, ne sponsorizza, anche sulle reti del servizio pubblico, i processi «in corso»; e, per l’altro, come nel caso della sua recente intervista al Corriere della Sera, in cui è giunto ad affermare, con riferimento al fatto che troppo spesso i giudici annullano o modificano i provvedimenti de libertate fondati sui suoi impianti accusa-tori, che «la storia spiegherà anche queste situazioni», ci si appaga della sua replica che semplicemente la storia gli darà ragione, perché lui ha ragione. Punto e basta.
Eppure, quella frase è stata interpretata come un mes-saggio, di quelli che non ti aspetteresti sulla bocca di un magistrato. Una frase avverso la quale sono insorte subito l’Unione delle camere penali e Magistratura demoratica, ma anche un giurista pacato come Vladimiro Zagrebelsky che, su La Stampa, non è andato per il sottile. Dopo avere infatti, rimarcato come il dottor Gratteri abbia mostrato scarso rispetto per la dialettica processuale, la presunzione di non colpevolezza e anche per lo stesso ruolo della pubblica…
Con buona pace del danno inestimabile (e impossibile da risarcire) alle persone interessate, delle vite private e professionali distrutte, delle conseguenze psicologiche gravissime”, sono stati evidenziati gli ulteriori dati: che “il Distretto con il maggior numero di casi indennizzati è quello della Corte di Appello di Catanzaro”‘; che, nel 2017, “per il sesto anno consecutivo si è confermata nei primi tre posti” con 158 persone alle quali, sempre nel 2017, è stato riconosciuto di aver patito una ingiusta detenzio-ne, davanti ai Distretti di Roma, con 137, e di Napoli, con
113; che “Catanzaro e Roma sono anche le città in cui lo Stato ha speso di più in risarcimenti liquidati alle vittime di ingiusta detenzione: in questo Distretto, nel 2017, è stata registrata la cifra monstre di circa 8 milioni e 900 mila euro, ben più del doppio di quanto si è speso per i casi della capitale, cioè poco più di 3 milioni e 900 mila euro. Eppure, i numeri in assoluto dei procedimenti e/ o processi celebrati nel Distretto di Catanzaro e in quello di Roma sono incommensurabili, sicché è di tutta evidenza come la percentuale giochi a sfavore del nostro distretto”.