Santo Emanuele Mungari è stato l’asso nella manica che con un eccesso di fiducia – ma è normale avere fiducia in un collega con il quale hai collaborato, hai scelto come consulente e avvocato di fiducia della Fondazione, che hai considerato un amico sincero al punto da designarlo nel Testamento come “esecutore testamentario” per assistere mia moglie in caso di mia prevedibile premorienza – ha avuto il mio “sta bene” per la carica di Organo di Garanzia, investito del potere di sciogliere il CdA in caso di dimissioni dei suoi membri e ricostituirlo a suo piacimento. In termini morali ne risponderà alla sua coscienza, che da bravo cattolico ontologicamente democristiano, sicuramente si farà sentire. Intanto ho presentato un esposto all’Ordine degli avvocati di Roma perché valuti se la sua condotta di avvocato sia stata leale e corretta. Credo che anche l’Istituto giuridico prestigioso C.A. Jemolo, di cui è sub commissario per designazione dell’ex Presidente di Regione Zingaretti, potrebbe avere qualcosa da ridire.
Ermelinda Catanese, ex alta e stimata dirigente delle Ferrovie dello Stato, con un carattere da molti giudicato “impossibile”, la sola dirigente con la quale mi davo del Lei ma che incontrata da pensionati entrambi la trovai empatica, proattiva, nata come me il 21 febbraio. Nata a Castrovillari, legata a Morano e al Pollino. Le viene data la delega per la valorizzazione dei nostri borghi, ma prima di ammalarsi tenendola lontana per mesi da Villa Rendano, manifesta, per motivi che non ho mai compreso, un’avversione nei confronti di una giovane assunta dopo aver avuto il consenso del CdA.
La nostra collaboratrice fa un ottimo lavoro, informa su mia richiesta l’avv. Mungari, nella veste di legale della Fondazione, delle offese e delle vessazioni che a suo dire riceve dalla consigliera. Senza alcun esito. Inutile i miei inviti a lasciare alla mia responsabilità valutare il personale. Diventa una sorta di rito nel CdA domandare: “Come è stata assunta S.A.”. Un incubo che viene sfruttato da Walter Pellegrini per averla alleata nella congiura contro il Presidente. La giovane professionista, alla quale si devono i supporti informativi plurilingue delle opere del MAB e il felice esito del Concorso riservato alle scuole superiori Pensamila Storia (con capi di istituto invitati a confermare le parole di apprezzamento in chiave di tutela per nostra collaboratrice che vergognosamente non rispondono alla mia PEC) viene sottoposta dopo la mia estromissione ad un isolamento totale e quindi indotta alle dimissioni. Quel grand’uomo di Walter Pellegrini con le sue PEC figlie del livore e dell’incompetenza giuridica, che in parte potete leggere sullo Sbugiardino, minaccia una ridicola azione contro di me “per il danno procurato alla Fondazione” da un’ottima professionista.
Walter Pellegrini nelle vesti di congiurato non è stato una totale sorpresa. Ne avevo informato Mungari in quanto consulente della Fondazione perché rilevavo un crescente e visibile ruolo di poca consonanza con gli interessi e i progetti di Villa Rendano. Mungari fa orecchio da mercante e si capirà poi perché. Dalla mancata collaborazione con la Fondazione, sebbene con un’importante delega e retribuzione, al passaggio nel rapporto personale basta poco. Vengo escluso dalla celebrazione per i 70 anni della fondazione Luigi Pellegrini editore – ben sapendo il legame fortissimo che mi legava al padre – con la motivazione “che la mia presenza non era compatibile con il profilo della casa editrice” (cito a memoria). Come non bastasse in un’esplosione di cinismo, a me che ricordavo come il prof. Luigi avesse insistito perché un giorno le mie ceneri fossero collocate nella tomba di famiglia (offerta all’inizio ripetuta dal figlio) – una prova di affetto straordinaria che lasciai cadere – mi viene risposto dal neo presidente che “lo spazio per un mucchietto di cenere non si nega a nessuno”.
Walter Pellegrini ha cercato e ottenuto forse il consenso di massoni e politici, ma è stato guidato dalla voglia di prendere in mano la Fondazione con i suoi benefici di immagine e non solo che aveva gestito con grande autonomia, perché ero ricoverato mesi in ospedale, incapace di accettare il mio trasferimento da Roma a Cosenza. I risultati di questo cambio alla guida della Fondazione temo che saranno letali. Non è un auspicio, ma una previsione fondata.
Giovanni Gambaro, primario nefrologo al Gemelli quando chiamato da me che ero stato da lui visitato di recente accorse in aiuto di Sergio Giuliani che un cardiologo riteneva in imminente pericolo di vita per una gravissima infezione renale. Salvò di fatto la vita a Sergio, lo fece ricoverare con un’assistenza particolarmente efficace, per riconoscenza Giuliani su mio suggerimento finanziò una borsa di studio importante per uno specializzando di Catanzaro.
La sua aggregazione alla “banda” è un mistero. Il prof Gambaro, che avevo voluto nel CdA per riconoscenza della sua opera, conosce passo passo il mio ruolo di sostegno e vicinanza nelle molteplici occasioni di ricoveri, visite mediche, accertamenti in giro per l’Italia alle quali Sergio Giuliani ripetutamente doveva ricorrere avendo accanto a sé me solo, peraltro designato con atto notarile come “futuro amministratore di sostegno”: sono sul mio cellulare gli scambi di messaggi a ferragosto tra me, rientrato di corsa dalle vacanze, e Gambaro che mi informava sulle condizioni gravi di Giuliani ricoverato alla Clinica Columbus che era anche ospedale COVID (Sergio morirà pochi mesi dopo), informazioni che giravo a parenti, amici intimi presumendo che gradissero essere informati (ora ne dubito fortemente), sono in radicale contraddizione con la sua veste di congiurato disinformato delle cose di Calabria.
Anche qui un eccesso di fiducia o una macroscopica mancanza di correttezza, lealtà e in qualche misura di riconoscenza?