“I casi patologici e incurabili” che vado scoprendo via via sembrano non finire mai. C’è un caso “Cosenza città della ’ndrangheta”, c’è un caso “Fondazione/Villa Rendano” rapinata e svuotata di senso e di patrimonio, c’è un caso non meno grave, parlo del caso Franz Caruso. Ora mentre i primi li puoi contrastare e denunciare anche in sede giudiziaria, dando per scontato che quella più corretta sarebbe quella politica, nazionale e locale, l’una indifferente l’altra parte essenziale del caso e quindi impraticabile, non mi resta che concentrarmi sul caso patetico non drammatico dell’etereo Sindaco di Cosenza.
In una storia che sta avendo un grande seguito, francamente imprevisto (alle ore 15.00 di venerdì 7 giugno) di 161 lettori, ho reso nota la presenza compulsiva del Caruso a Villa Rendano non so se per solidarietà con il massoncino di pezza mio omonimo o perché in Villa può sfoggiare i suoi abiti di sartoria fasciati con il tricolore, che fa tanto fico e tanto senso delle istituzioni.
In quest’ultimo caso sarebbe tollerabile e forse un pochino apprezzabile il suo presenzialismo a Villa Rendano, magari evitando gli eventi da marchetta o da macchietta.
Come ho scritto nella storia citata questa volta, per merito della direttrice della Galleria Nazionale promotrice dell’evento, si tratta di un convegno serio sui borghi. Ma la bizzarria è che il convegno – da quello che ho capito – si svolge in tandem: il mattino a Villa Rendano con il Sindaco che porta i saluti istituzionali (nella Villa che ancorché occupata dai vandali è un edificio privato) e il pomeriggio alla Galleria nazionale che è sede pubblica e quindi istituzionale.
Non mi dilungo su questo perché ne ho scritto nella mia ultima storia.
Ma vorrei dire a Franz Caruso che questa sua ostentata preferenza per una Villa che in questo momento è parte di cinque azioni legali, di cui tre penali – l’ultima è la denuncia per omissione dei doveri di ufficio del Prefetto – non solo è ridicola ma somiglia tanto ad un pactum sceleris.
Per molte ragioni ma gliene ricordo alcune: la Fondazione proprietaria della Villa Rendano acquistata con un accordo formale e sostanziale di sussidiarietà con il Comune di Cosenza, al tempo a guida Mario Occhiuto, è al momento soggetta in sede amministrativa ad accertamenti di legittimità a norma del Codice del Terzo settore.
Seconda ragione: è stata presentata una denuncia penale per malversazione, reato che come lei mi insegna, è riservato ai pubblici funzionari o a soggetti – è il caso della Fondazione – che abbiano fruito dal 2021 e 2022 di cospicui finanziamenti pubblici con bandi di gara – grazie alla dott.ssa Anna Cipparrone ringraziata con un ignobile mobbing ed ora costretta a essere lontana dalla Villa e dal suo Museo multimediale Consentia Itinera.
Ma vi è una terza ragione: la denuncia contro il Prefetto è stata resa possibile dal fatto che l’azione di rapina della Fondazione è stata accompagnata in modalità attiva o omissiva dalla massomafia che rende obbligatoria la vigilanza del Prefetto sull’operato degli Enti locali per verificarne ruolo ed eventuali corresponsabilità. Non è un caso se Cosenza è chiamata “la città della ’ndrangheta”.
Ed Infine un’ultima informazione: i suoi amichetti traditori nelle azioni giudiziarie pendenti hanno occupato il campo non avendo alcun elemento “accusatorio” in mano con una produzione industriale di frottole e mistificazioni intimidatorie.
Sarò arrogante, ma questo giochetto infame ha retto fino a quando mi sono affidato ad avvocati bravi ma ignari del contesto calabrese. Da alcuni mesi l’avvocato per i processi civili sono io e i risultati si vedono e per quelli penali lavoro in collaborazione con un bravo avvocato di Roma, che ha trovato ampia materia per passare al vaglio del giudice penale.
Questa materia nonostante le mie insistenze non l’ha trovata o voluta trovare un noto e stimato penalista cosentino.
Lei sta facendo di tutto per essere il prossimo chiamato in giudizio.