Una persona che ho sempre considerata amico ha motivato il suo allontanamento – non è stato il solo – con il fatto che avrei reso inopportunamente pubblico lo scambio di ingiurie con gli ex colleghi de ICalabresi.
Ora se uno desidera cambiare opinione, sentimenti, idee lo può fare legittimamente, ma non ha bisogno di fornire motivazioni infondate e false.
Ho ricevuto dai miei ex colleghi mail deliranti, offensive, cattive e nella stragrande maggioranza dei casi non ho replicato e se l’ho fatto non ho utilizzato lo stesso stile.
Oggi non rendo pubblico la scambio di mail spesso lunghe e piene di accuse inventate che attribuisco soprattutto a una lunga e chilometrica coda di paglia, ma non esiterò a farlo nel motivare anche con esse la rottura del mio rapporto d’amore con la città natale.
Vedrete che non sveglieranno il can che dorme perché sanno che le risposte sarebbero imbarazzanti per loro, e per molti altri.
Lo scopo di questo primo articolo è altro, quello di raccontare come un inviato speciale di un giornale, con rigore, senza pregiudizi, e caso mai con dolore e delusione, come è oggi Cosenza, la ex Atene del Mezzogiorno, titolo che le spetta per essere stata la prima a creare un’Accademia e aver dato i natali a Bernardino Telesio, il filosofo e naturalista della nuova filosofia della natura rinascimentale, da cui trassero ispirazione Giordano Bruno, Cartesio, Francis Bacon e Tommaso Campanella.
Ora quel titolo suona falso, come falso e non gratuito l’elogio sperticato del centro storico che effettivamente risanato, restituito ad una funzione alta e non allo sbevazzamento notturno nei pochi pub che sono rimasti, avrebbe il requisito unico di non avere perduto la sua storia rispettandone “con il non fare” la testimonianza di una successione di fasi storiche pressoché integre.
Le idee contraddittorie, campate per aria, senza un progetto di lungo termine coerente e rigoroso – come è accaduto a Matera – produrranno interventi disomogenei, tessere nuove in un mosaico vecchio.
Ma perché non credere che si voglia cambiare strada, passare dalle chiacchiere “un tanto al chilo” a un progetto culturale e civico serio, condiviso, immune da un ridicolo localismo tra comuni che sono da decenni quartieri di una sola area urbana integrata?
Semplice e sconfortante la risposta (che per la verità non vale solo per Cosenza): perché una città in mano a mediocri non può che creare nuove mediocrità.
Cosenza è una città mediocre: priva di luoghi produttori di cultura, dibattiti onesti su temi alti con il taglio di parole e idee che debbono diventare realtà, con una Università che al suo interno ha dipartimenti e docenti d’eccellenza ma non lancia un’idea, una provocazione, una sollecitazione che sia una. Il campus di Arcavacata è muto, gregario e se necessario funge da supporto alla vacuità della classe dirigente, politica, professionale, imprenditoriale. Oggi il peggio del peggio. Per quanto sia incazzato con Cosenza non penso che meriti un sindaco come Franz Caruso, un notabile iroso e vendicativo come Mario Occhiuto, o una coppia che recita tutte le parti in commedia secondo convenienza come la Bruno Bossio e l’adamitico Adamo.
Siamo sinceri, noi ci dichiaravamo prima e soprattutto cosentini e poi calabresi perché l’idea era che Cosenza avesse l’allure di una vera città, vivace e accogliente, “na poco maligna e pettegola” ma non al punto da fare scandalo.
Vi confesso che in tutto il mondo accade che si combattano lotte feroci per il potere, ma credo che sia un unicum la scalata ostile per impadronirsi di una Fondazione donata alla città da un manipolo di traditori con l’appoggio di una manciatina di politicanti. È così inedito il furto di un patrimonio no profit che i giudici, che spesso non sono di eccelsa qualità, poco aggiornati, spesso carichi di pregiudizi non riescono a capirci nulla. Sussidiarietà orizzontale? Bohh. Abuso di diritto. Che èèèè?.
E nella prima sentenza che è stata emessa – e subito sbandierata come “sconfitta su tutta la linea da parte mia” da idioti e analfabeti locali – si è conclusa con un pareggio che però vale come vittoria per una parte e sconfitta dall’altro. In sintesi: io da Direttore generale non ero mai stato retribuito per mia scelta, ma cambiato il padrone ho chiesto di essere pagato al 50% di quanto è previsto per il DG del Terzo settore. I nuovi rozzi padroni riconoscono che il diritto ce l’ho (un terzo speso già per avvocati) ma siccome nel 2014 ho avuto una donazione da Giuliani che è la sola fatta alla presenza del notaio (le altre sono ben più ricche – se volete le enumero – e soprattutto sono camuffate da prestito a lungo termine) i miei aguzzini con la partecipazione di un avvocato noto – molto noto – dicono che la donazione vale come uno stipendio. Una puttanata che fa ridere una matricola universitaria, ma avallata dal noto avvocato non per ignoranza. Ma nel processo la domanda degli aguzzini era proprio questa no money if donation e il giudice NON l’accoglie e nondimeno mi dà torto. Avete mai sentito che “i soccombenti” in un processo siano entrambe le parti? Ovvio che farò ricorso in Cassazione saltando l’Appello, ma il caso ci dice che se si esce dai binari – e nel caso di Villa Rendano si sono tranciati chilometri di binari – persino i giudici vanno nel pallone (ma io che sono sospettoso credo che in due occasioni un esterno/interno si sia dato da fare, in barba alla “legge è uguale per tutti”).
E Cosenza che c’entra? A parte il fatto che nessuno si è chiesto ma che ca… c’entra Walter Pellegrini per rubare con altri un bene privato ma con finalità pubbliche, perché nelle porcate inedite Cosenza si piazza sempre nei primi posti della classifica?
Questa era solo l’introduzione: il vostro inviato Speciale continuerà il suo reportage. Credo che ne vedremo delle belle (sì fa per dire).
L’articolo è stato scritto durante le festività di fine anno. Nel frattempo, credo di aver compreso meglio perché è stata presa d’assalto Villa Rendano.
Per fare un piacere a WP? Troppa grazia.
Perché ICalabresi dava fastidio per eccesso di libertà? Figuriamoci. Perché occupava uno spazio pensato per altri e diversi fini? Per me fuochino.
Perché l’accusa violenta dei redattori contro di me, che ero la prima vittima dell’assalto? Perchè l’insistenza che firmassi una transazione tombale compreso l’accordo firmato e concluso dai soli redattori? Perché Mungari che non è uno sciocco si inventa l’equivalenza tra donazione e retribuzione (una cavolata pazzesca), presa sul serio da uno dei miei avvocati tra i più prestigiosi?
Ed infine Mario Occhiuto si fa garante e protettore dell’impresa spregevole per lui che aveva rivendicato il ruolo reale di padre putativo di Villa Rendano? Perché WP è più educato (?) di me? Ridicolo.
E altri perché che mi sono posto, ma la valutazione sarà presto affidata a un penalista libero e tosto.
Sono sicuro al 100%? No, ma con un po’ di arroganza al 70 o 80% sì. Ma come i precedenti insegnano una cosa è la verità e altro è la verità consentita.