“In Reset compare anche il sindaco sospeso di Rende, Marcello Manna. Primo cittadino con la toga d’avvocato e forse da ciò sono dipesi tanti guai. A capo di una città molto ricca e molto colta invischiata nel pantano dell’inchiesta. Una giunta azzoppata parla di Piano Regolatore in un territorio principe per le scelte urbanistiche e che meriterebbe miglior dibattito considerato che si dovrebbe regolare un’area urbana. Rende città dello sport ha il Lorenzon inagibile da quattro anni, ha svenduto i suoi campi da tennis a cifre irrisorie ai privati e splende per fortuna nei Diritti grazie ad assessori di area alternativa che mantengono alta qualche questione. Un patto di potere nato da accordi trasversali privi di civismo sta andando in frantumi.
La commissione d’accesso sta dietro la porta del municipio ed è molto probabile che si arrivi ad un commissariamento per mafia. Non c’è effetto Elly a Rende con un Pd mani e piedi coinvolto nello scandalo. Il segretario regionale Nicola Irto non ha mai detto una parola sul tema (voto “tre” per indifferenza). A Rende ci sembra che regni più che altro l’approssimazione. Non va meglio oltre il Campagnano con un altro sindaco avvocato, Franz Caruso, che si limita a governare il tran tran. Anche qui un assessore è indagato per mafia e per nessuno esiste un caso De Cicco, e neanche qui si discute al di là del bene e del male.
Queste parole sono tratte sempre un articolo di Davide Leporaci, che sembra tornato ai tempi dell’irriverenza, della libertà ostentata e praticata.
Il “vostro inviato speciale” oggi è in “trasferta”, a Rende: se fossi pagato dal giornale mi rimborserebbero forse un paio di euro, il costo del bus che mi porta oltre Campagnano e soprattutto oltre il ridicolo. “Ridicolo” perché, se non ci fossero interessi di bottega e altri da megastore, Rende, Cosenza, Castrolibero e Montalto Uffugo sarebbero, come di fatto sono, una sola città. Ma questo non accadrà perché i fornai che impastano la farina per fare pagnotte le vogliono diverse tra di loro, magari inventandosi un artificio insipido e inutile.
La prova che siamo tutti “concittadini” lo prova che Rende, che pure è partita con un vantaggio doppio, una buona amministrazione dei Principe e l’Unical a portata di mano, soffre degli stessi guasti che deturpano il capoluogo. Non c’è da compiacersene né da meravigliarsi. I virus, da quello del covid, passando per quello della corruzione, fino a quello della politicaccia e della mescolanza di interessi non sempre puliti, come non lo sono i capitali d’origine ’ndranghetista, superano distanze abissali figurarsi una decina di chilometri.
C’è un altro elemento che è comune ai diversi “comuni”. Il silenzio dell’informazione che, salvo eccezioni, scopre il marcio solo dopo che il Gratteri di turno ha fatto la sua pesca a strascico tra malandrini con e senza colletti bianchi, l’apatia dei cittadini che sanno molto ma non parlano neanche nel chiuso di casa propria, lo sguardo miope dell’Università che pure è stata ed è una specie di mamma per Rende, l’ha fatta crescere, l’ha fatta conoscere al resto d’Italia (peccato per quel “provincia di Cosenza” che effettivamente non ci azzecca proprio). Insomma niente di nuovo sotto il sole calabrese.
Poiché come tanti italiani ricordo bene che la magistratura non è sempre maxima iustitia – in molti casi, specie da noi, è anche concausa del marcio – non insisto e non mi compiaccio delle disavventure giudiziarie dei politici. Non perché con alcuni di essi ho avuto rapporti personali di simpatia o amicizia in passato, ma perché sparare ad un uomo morto o gravemente ferito mi sembra un tardivo e sgradevole recupero “in zona Cesarini”.
La grande Cosenza non si farà quasi sicuramente mai – non per nobili ragioni ma esattamente per l’incompatibilità di interessi che di nobile hanno poco o niente.
Roberto Occhiuto propone con legge regionale che si faccia un referendum per sapere quanti sono a favore e quanti contro? E subito a partire dal sindaco di Cosenza Franz Caruso parla di manovre oscure, scopre che le scelte strategiche necessitano di tempi adeguati, cioè biblici (come l’Ospedale di Cosenza che è già crollato prima di nascere o la metro detta banalmente tram che è scomparsa sotto viale Mancini o chissà dove) perché ha capito che se mai la grande Cosenza vedesse la luce il sindaco non sarebbe lui, ma uno della nidiata Occhiuto.
Insomma niente di nuovo e niente di serio nella valle del Crati.