Non c’era bisogno di Benigni calato tra le canzoni del Festival di San Remo per celebrare il valore, anzi, “la bellezza” assoluta della nostra Costituzione.
Ne siamo tutti già consapevoli, ma come comuni cittadini non come conoscitori del latinorum dei Costituzionalisti pensiamo che molti articoli della Carta non siano “stati attuati”. In verità sarebbe meglio dire viviamo in una realtà politica e sociale nella quale le prescrizioni della Costituzione si fa fatica a ritrovarle. Questo è vero in particolare se fai parte della popolazione svantaggiata, con poca cultura e pochi mezzi per far valere i tuoi diritti. È vero – con un criterio territoriale e non sociale – che se vivi nel Mezzogiorno fai ancora più fatica a godere dell’indubbia “bellezza” della Costituzione italiana.
Ti piacerebbe piuttosto che oltre la bellezza potessi godere della sua “effettività”, cioè della piena corrispondenza tra la norma scritta e la realtà.
Noi Calabresi abbiamo dato al mondo, non solo alla Padania, fior di intellettuali, di statisti, di costituzionalisti.
Da ultimo, il prof Rodotà che un Parlamento più saggio avrebbe potuto eleggere Presidente della Repubblica senza necessità di “pregare” Napolitano di fare un supplemento di lavoro al vertice della Repubblica.
Aggiungo che Cosenza in particolare avrebbe dovuto anche con scelte simboliche mettere nel suo Pantheon un figlio così illustre e benemerito. Ma Cosenza anche se deve intitolare una strada o uno slargo a qualcuno comincia sempre dal basso, rare volte dall’alto della “classifica”.
Ben prima di Rodotà, a Castrovillari è nato forse il più illustre costituzionalista italiano, che è straordinariamente attuale e coerente con la nostra condizione di cittadini italiani.
Premetto che non sono in grado e soprattutto non desidero trasformare questo articolo in un piccolo saggio, che oltre tutto farebbe precipitare gli indici di lettura e apprezzamento molto lusinghieri de I Nuovi Calabresi.
Ma una breve citazione “dottrinaria” è inevitabile.
Nell’ambito della ricchissima produzione giuridica di Costantino Mortati, forse nessun concetto espresso dall’insigne studioso ha avuto maggiore fortuna di quello di “Costituzione materiale”, che l’autore elaborò in contrapposizione a quello di “Costituzione formale”, che sarebbe costituita dal testo contenente le norme costituzionali, e quindi da quella che comunemente viene chiamata la Carta costituzionale. Secondo il Mortati vi sarebbe un assetto istituzionale vigente al di là del dato formale costituito dai precetti costituzionali, quale risulta dagli orientamenti del corpo sociale e dalla volontà delle forze politiche. E tale dato concreto esisterebbe a prescindere dal dato formale rappresentato da quei precetti giuridici che sono contenuti nella Carta costituzionale. Sarebbe questa la vera Costituzione, e non quella chiamata formale, e quindi cartacea. I due concetti non sarebbero coincidenti: la Costituzione vera sarebbe quella effettivamente esistente nella società, come dato sociale realmente osservato, e non l’insieme rigido ed astratto delle norme costituenti, appunto, la “Costituzione formale”.
Per noi cittadini la teoria di Mortati, a prescindere dall’empatia che ci prende quando parliamo di un nostro illustre corregionale, anche se non piace a molti accademici, con questa distinzione tra teoria e pratica ci toglie d’imbarazzo.
Se infatti leggiamo le prime righe dell’art. 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali (…)” non possiamo non domandarci se è nel nostro tempo e nel nostro Paese veramente così. La spaccatura tra Nord e Sud, anche senza fare il malaugurio alla cosiddetta Autonomia differenziata, non presenta il volto dell’equità e dell’eguaglianza.
Se dall’art. 3 ci spostiamo all’articolo 4 le cose non vanno meglio.
“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
Le centinaia di migliaia di disoccupati o inoccupati specie tra i giovani ma non solo, in particolare nel Sud e come al solito in particolare in Calabria – maglia nera in molte classifiche – danno un messaggio diverso.
Quanto poi alla libertà di scelta e secondo le proprie possibilità faccio fatica a credere che un laureato qualificato (non solo in possesso del famoso “pezzo di carta” molto in voga nel passato) sia felice di fare il commesso in negozio o di avere lavori precari e sottopagati.
Ma desidero chiudere con un altro riferimento a Mortati laddove in un Saggio del 1949 dà continuità al dibattito costituente nel tentativo di costruire uno “Stato dei partiti regolato”, in cui gli stessi fossero la cerniera fondamentale tra società civile, società politica e istituzioni.
A leggere il ruolo che Mortati dava ai partiti il presente della politica e dei comitati elettorali chiamati impropriamente partiti sembra che siano passati secoli dalla pubblicazione di quel saggio. Ma il nostro viaggio tra diritti conclamati e nei fatti negati continuerà nei prossimi giorni.