Anche se Mario Occhiuto – ma non solo lui tra chi pascola sui campi del potere – ritiene parole al vento ciò che scrivono i giornali, che in Italia proprio liberi e timorosi non sono, ma certo non hanno la museruola e le catene come buona parte dell’informazione calabrese, noi nel nostro piccolo (relativo) siamo convinti del contrario. Lo dico proprio citando la lettera aperta pubblicata da I Nuovi Calabresi che ha avuto circa 5000 interazioni, leggasi lettori, e con molti commenti e molte condivisioni, ha raggiunto una platea virtuale vicina a 10mila persone.
Ne terrà conto Occhiuto? Ma chi ci crede? I politici in genere, ma quelli calabresi in particolare, si accorgeranno forse che stanno sulle scatole anche a chi li vota solo quando arriveranno né monetine tipo uscita di Craxi dal suo albergo né pomodori, ma ciò che solo fa male: l’indifferenza con la quale faranno i conti al posto degli inchini e dell’effusioni di falsa amicizia e servile rispetto e nel tempo – forse troppo tardi – un ostentato disprezzo. Ora a leggere i commenti siamo solo al vaffa e variamente accompagnato, e neppure sempre pronunciato, ma solo pensato al riparo di occhi indiscreti.
Mi chiedo però se l’informazione – ripeto non la grande informazione – è tanto irrilevante perché si ostinano ad occupare pagine intere dei giornali cartacei con interviste e con dichiarazioni che non legge nessuno, neppure gli intimi e gli aspiranti reggitori di coda?
La domanda mi viene anche dalla vicenda de ICalabresi (uffa, un’altra volta!) che libero certo lo era nel suo primo anno di vita, letto da molti in tutt’Italia, dimostrato dalle visualizzazioni che a fine 2022 sarebbero state 5 milioni, soprattutto non ricattabile con querele temerarie – sono state solo due – e archiviate, perché le fonti erano inattaccabili. Se tra gli obiettivi minori c’era anche quello di far prendere con qualche timore il primo caffè della giornata ad arroganti o intoccabili possiamo dire con certezza che ci siamo in parte riusciti. Caffè sì, ma con una punta d’amaro.
Sapete come è andata a finire. I traditori hanno come primo atto della loro scalata al comando della Fondazione liquidato la Srl editrice e ceduto la testata con un contributo non pingue a tre redattori. Un bel gesto regalare il corrispettivo di € 500.000,00! Altro che “danno” per la Fondazione che dovrei rifondere in una causa pendente con circa € 270mila. Il danno, la violazione della legge, le mancate approvazioni del Cda tutte false e inventate gliele abbiamo smontate una per una. E per contorno abbiamo trasmesso tutto alla Procura della Repubblica.
Non parlo de ICalabresi attuali, perché non voglio infierire sui miei colleghi. Basta leggerlo per giudicare, ma non è responsabilità loro se hanno accettato un accordo che non prevede una linea editoriale libera. Hanno la responsabilità di aver tradotto questi limiti con un’aggressività offensiva e ingiustificata nei confronti di chi, non per generosità ma doverosa correttezza, aveva voluto contratti a tempo indeterminato e retribuzioni dei collaboratori esterni oltre la media nazionale.
Ma ora fa capolino la tentazione dei nuovi padroni della Fondazione del giornale, un diverso giornale con un altro direttore – questa è l’idea che facendo “1 + 1 + 1” mi sono fatto. Non ho lavorato di fantasia, ma ho solo applicato il metodo “deduttivo” per cui da cosa nasce cosa.
Del resto, il boss locale mio omonimo, nella sua prima versione da “rivoluzionario e piazzapulita” l’aveva scritto e abbiamo pubblicato il progetto cheguevarista. Tanto entusiasmo per un giornale cartaceo (questa è colpa mia) di 6000 copie annue e con un budget di € 193.000,00 (una sciocchezzuola al confronto con un giornale quotidiano on line con i numeri che ho ricordato e con un budget di € 160.000,00 che nella rappresentazione onirica o alcolica sono diventati credo un milione di euro di “perdite”) era forse legato al nome del Direttore designato, un bravo giornalista e un ottimo saggista di mafia, Antonio Nicaso.
Come ho avuto modo di precisare al collega illustre in una lunga telefonata il fatto che il suo progetto non sia stato poi approvato non era e non è una “bocciatura” del suo autore, ma una valutazione di efficacia e convenienza.
Ma Nicaso ed è comprensibile e legittimo, non la prese bene, l’amico boss pure e credo che comprensibilmente l’amico di entrambi il super Procuratore Gratteri non lo disse ma lo lasciò intendere non ne fu contento.
Ora siamo nella normalità, nulla di scandaloso. Ma quando ho saputo che tra Nicaso che aveva citato l’editrice chiedendo un congruo, e a nostro parere ingiustificato, compenso aggiuntivo al quale risposi con una memoria scritta a quattro mani da me e l’avv. Mungari (un altro nome che ritorna da consulente della Fondazione a regista della sua decapitazione) e la Fondazione presieduta da un altro Pellegrini era stato raggiunto un accordo per porre fine al processo sono rimasto meravigliato.
Il concordato si fa quando le due parti non hanno argomenti per attendersi una sentenza favorevole. E qui non è il nostro caso. E ancora un concordato deve avere un contenuto, o economico che non pare esservi stato – ed io ho riportato sul giornale quanto dettomi da Nicaso per smentirlo – o una promessa, un progetto condiviso. Insomma senza qualcosa di concreto non esiste concordato. Che sia ben chiaro è del tutto legittimo ma ha un difetto o un pregio a seconda dei punti di vista. Non è pubblico e non si trova nel fascicolo processuale.
Ecco perché da qui in poi si può ipotizzare, dedurre, immaginare ma senza avere il crisma della verità.
E dove porta questo arzigogolare tra notizie certe, altre incerte o addirittura ignote? A questa ipotesi conclusiva: che il giornale on line, tanto ingiustamente vituperato dal boss dei boss, potrà un giorno riapparire con un altro nome, con il Direttore responsabile previsto, con piena soddisfazione dell’amico boss, con possibile ma non manifestata soddisfazione dell’amico di entrambi che lontano dalla Calabria non è indifferente alla sua regione che ha servito con la sua azione investigativa contro le mafie.
E il membro autorevole del nuovo e credo traballante CdA Mario Occhiuto? Non faccio l’indovino ma insomma un giornale amico, diretto da un autorevole giornalista amico del boss e dell’irreprensibile Procuratore, perché dovrebbe dispiacere al neosenatore?
C’è un possibile piccolo inciampo. Che se qualcuno ha effettivamente progettato la riappacificazione con i giornali che “non sono un danno per la fondazione” ha perduto la garanzia del silenzio. E poi per colpa di quel guastatore di professione con un blog/giornale di cui come dice Occhiuto “non frega niente a nessuno”. È veramente troppo.