“Quanta fiducia riponete nella giustizia?”. A questo quesito, come avevamo immaginato senza compiacercene, hanno risposto centinaia di lettori. Dopo aver letto i commenti – spesso voti vicino allo 0 – non ho avuto dubbi come dovessi titolare questo commento: “la giustizia per molti è un ferro vecchio da buttare”.
Il giornalismo peggiore è quello ipocrita e reticente e, poiché con I Nuovi Calabresi non vogliamo somigliargli, il titolo brutale è quello che ci vuole.
Ora qualche considerazione che guarda alla condizione della Giustizia in Italia – ovviamente non in tutt’Italia – e in particolare in Calabria.
C’è stata una lunga storia negli anni, almeno fino agli anni ’70, nei quali la Giustizia, quella penale in particolare, ha apprezzato e applicato una specie di collateralismo con la politica.
La DC, partito egemone e con una classe politica mediamente preparata e seria, che soprattutto a Roma e un po’ ovunque la faceva da padrone al punto da far chiamare quel Tribunale “il porto delle nebbie”. Negli anni successivi al ’68 e alla stagione del terrorismo alla DC si è affiancato e poi quasi sostituito il PCI.
A detta di molti osservatori autorevoli gli anni di Mani Pulite, un’operazione più politica che giudiziaria che ha cancellato oltre mezzo secolo di storia politica italiana e che, come primo esito, ha avuto la ritirata delle prime fila dei partiti per lasciare posto alle terze, alle quarte ecc… – non è una costatazione da provare, basta guardarsi intorno e vedere i Salvini, le Santanchè, ex subrettine, giovani rampanti e miracolati – ed ora nel periodo più drammatico dell’ultimo secolo dobbiamo affidarci a una classe dirigente, non solo politica, mediocre, inadeguata, inaffidabile.
Ma non è la storia giudiziaria quella che ci interessa oggi – anche se il binomio irriverente per il primo Falcone e Borsellino da una parte e dall’altra Palamara e il caravan serraglio del vecchio CSM qualche parola di disgusto la meriterebbe – ma lo stato reale del servizio giustizia soprattutto nella nostra terra.
Un servizio di sanità pubblica che ti fa attendere anche più di un anno per una visita specialistica o un accertamento diagnostico NON è un servizio pubblico affidabile. È anzi vergognosamente discriminatorio tra chi può e chi non può pagare.
In termini analoghi, e forse con maggiore arbitrio, accade con la Giustizia, dove – pur in presenza di difficoltà obiettive – interviene il potere discrezionale dei magistrati.
Ho pubblicato su I Nuovi Calabresi l’esposto presentato al CSM nei riguardi del giudice cui è affidato il processo da me promosso contro gli occupanti della Fondazione.
C’erano tutte le condizioni per chiedere un provvedimento cautelativo che mettesse in stand by i nuovi padroni. C’erano tutte le prove di “un rischio immanente”. Come è andata a finire?
Che il giudice contro ogni logica non solo non ha ammesso la sospensiva (che in concreto vuole dire impedire il possibile svuotamento di beni materiali e immateriali di Villa Rendano, un patrimonio di € 13milioni) ma ha respinto tutte le richieste istruttorie (testimoni, documenti non messi a disposizione dagli occupanti al sottoscritto, documenti acquisiti solo dopo la prima udienza) e con evidente perfidia ha fissato l’udienza per le conclusioni a fine 2025, con sentenza il 2026. Cioè quattro anni dopo il colpo di mano di quattro giuda in sedicesimo e con il sottoscritto, se vivo, ultraottantenne!
Questo esempio, non il solo e non il più scandaloso, dimostra che l’uomo/la donna con toga fa pesare eccome la sua autorità senza limiti.
Ogni giorno questo accade in decine di tribunali, se si tratta di giudicare un pezzo da 90 senza arrivare alla corruzione aumenta l’attenzione e la diligenza del magistrato.
Il tribunale di Cosenza – non so con quale fondamento – non gode di buona fama. L’ho frequentato poco e ho incontrato giudici corretti e un giudice ai limiti della burletta. Cosa è accaduto al primo e al secondo? Niente, né un riconoscimento a quello corretto, né a quello da burletta.
Un esempio in positivo: Tribunale di Torino, ho una causa minore contro la Fiat. Il giorno dell’udienza, con lo sciopero dei mezzi di trasporto, arrivo in aula con un quarto d’ora di ritardo. Il giudice, non togato, e l’avvocato Fiat hanno fatto tutto senza attendere come prassi per 15 minuti il legale della parte “avversa”.
Non ho con me un blocco di carta, mi faccio dare un foglio da un collega e scrivo a penna e con stile approssimativo una segnalazione al Presidente del Tribunale. In tarda mattinata mi viene confermato che il giudice frettoloso (e ossequiente con la Fiat) è stato sostituito seduta stante con un esperto giudice togato.
Ma che giustizia è se non sei nato a Bussoleno e rischi di non vedere una sentenza giusta neppure se ti fai frate trappista?
La Calabria avrebbe una presenza di magistrati massoni, non è un una colpa, ma a patto che il giudizio sia immune dal colore dei grembiulini. Lo stesso accade con gli avvocati, sempre a detta del popolo.
La crisi e la scarsa affidabilità della Giustizia calabrese, che i giudizi dei lettori denunciano quasi all’unanimità, è stata “coperta” dal prestigio e dall’impegno lodevole di Gratteri. Ci sono stati e ci sono Procuratori di analogo valore, ma non bastano a ridare fiducia ai cittadini.
Si parla molto di giustizia, di riforme alcune discutibili come quella dell’ex Ministro Cartabia, ma quel che appare è una lotta tra due poteri, quello della politica e quello non minore della magistratura. L’esito sarà un compromesso a vantaggio di entrambi i concorrenti.
E i cittadini che non hanno altra tutela se non una giustizia giusta? Che si fottano.