Non è la scelta migliore per chi fa un giornale scrivere di se stesso o, il che è la stessa cosa, del giornale (tranquilli cari acidi puristi, tra poche settimane sarà anche formalmente “giornale” registrato ecc… ecc…) che ha fondato e dirige. Ma quando i lettori, pochi, scrivono che non capiscono i miei articoli – debbo dire che tra le tante critiche che ho messo nel sacco della befana questa manca – forse è utile dire qualcosa di più su I Nuovi Calabresi, che mi ha fatto scoprire molte decine di migliaia di amici oltre che lettori, ma anche molti nemici impenitenti e presi in contropiede.
Vi assicuro che non sarò pedante e agiografico.
Parto da ICalabresi, quello vero, fondato e diretto da me, poi sospeso dalla Fondazione usurpata da quattro banditelli da strapazzo senza neppure informarmi (lo fece Camillo Giuliani, di fatto Capo redattore) e infine licenziato il 12 agosto con la richiesta di restituire poco più di un terzo dello stipendio annuale pari € 5000,00 lordi, il minimo per poter essere assicurati.
ICalabresi, accolto e accompagnato da un successo insperato, che naturalmente il banditello capo ha definito un danno per la Fondazione (evidentemente l’ha pensato e poi detto mentre si guardava allo specchio) nacque in fondo su una sola idea irrinunciabile: doveva essere un giornale libero, non gravato da interessi pro o contro, quindi non manipolabile e neppure incline a pubblicare notizie anche infamanti senza una verifica fiscale delle fonti. Il successo di questa formula, che dovrebbe essere l’ABC del giornalismo nel mondo (l’Italia in questo senso è quasi fuori dal mondo e la Calabria è fuori da tutto) è stato confermato dal fatto che, avendo rotto i cabbasisi a mezza Calabria, sono arrivate due sole querele archiviate. Una, solo minacciata da un noto imprenditore, si è risolta con una telefonata “vivace” tra me e il suo avvocato: il tono lo avete compreso (superiore ai 90 decibel) il contenuto, il lungo elenco dei soggetti (soprattutto istituzionali “a disposizione”) con la frase volutamente teatrale: “Uno che se ne frega di voi perché non ha paura lo potete sopportare o no?”. Non sono sicuro dopo la chiusura de ICalabresi che “lo potessero, loro ed altri sopportare”.
La vera “sfida” de ICalabresi era contro la regola ferrea che on line un articolo dovesse essere breve, da leggere al massimo in due minuti, massimo 2000 battute) e soprattutto vinta. I nostri articoli non erano mai al di sotto delle 4000 battute e talora, esagerando, 10.000 battute).
Ora veniamo a I Nuovi Calabresi. Se dicessi che è nato da un programma, da alcune aspettative chiare, la risposta è “no.” Sarebbe falso. Ricordo, a conferma che le serpi sono sempre ben presenti, che alcuni lettori de ICalabresi resettati avendo letto all’inizio per sbaglio I Nuovi Calabresi si affrettarono a scrivere che… “Non l’avevano fatto apposta”.
Ora che i Nuovi non siano uguali ai vecchi Calabresi è evidente: il 90% degli articoli sono scritti da me, non ci occupiamo di ‘ndrangheta e omicidi come pasto quotidiano perché cambiano i nomi dei morti e dei vivi, spesso arrestati da Gratteri, ma la sostanza rancida è sempre la stessa. Dare precedenza assoluta a Cosenza per motivi ovvi – sono nato e per ora vivo a Cosenza e la porcata collettiva – politica, cultura, imprenditoria, informazione, cioè TUTTI – non deve essere taciuta. Rimanga a Cosenza – lo escludo per più di pochi mesi – o vada a vivere in Maremma la denuncia, il racconto in presa diretta del marciume di parte di cosentini, il tradimento vigliacco fatto non a me solo ma soprattutto a Sergio Giuliani che si era fidato del “cazzaro” Occhiuto (copyright di Iacchitè), la rapina fatta alla città vandalizzando e banalizzando un’opera di vera donazione civica,
tutto questo non finirà.
I Nuovi Calabresi sono stati la sorpresa che ha scompigliato i piani di molti: certo dei poteri tutti – veri o presunti – che non saranno presi a calci in culo, come meriterebbero, ma saranno accompagnati se i cosentini lo vorranno dalla “musica della vergogna e dell’indegnità” in sottofondo.
Ha certo messo a nudo falsi amici (ma questo era scontato), ha impedito il muro del silenzio tombale e, aggiungo, i progetti più imbarazzanti di WP sono diventati più rischiosi perché sa bene che c’è un telescopio costantemente orientato verso Villa Rendano.
Ha certo – ma non era l’obiettivo voluto – dato un colpo non da poco a ICalabresi che, non per colpa dei giornalisti, deve astenersi da notizie e commenti irriverenti. In compenso spara a palla un titolo solo apparentemente vero, “Franco Pellegrini perde in Tribunale su tutta la linea” non nascondendo il proprio anche personale compiacimento. È inutile ripetere che la sentenza puzza di falso, perché è rarissimo che venga respinta la mia richiesta non contestata nel merito da nessuno, non per avere accolto l’obiezione contraria della novella Fondazione (neanche presa sul serio), ma perché “l’allegazione di sentenze e documenti probatori” era stata “scarna”. Ho appreso dopo 20 anni di avvocatura che le prove si valutano a peso anche quando, come nel nostro caso, erano del tutto inutili, perché è dato per scontato che il Direttore generale pur avendo il 90% dei poteri è comunque “subordinato” o “parasubordinato” perché sopra di lui c’è il CdA e le due qualifiche sono da almeno 10 anni considerate “la stessa cosa”.
Debbo ora dare una riposta, andando un po’ fuori tema, a chi (non molti) scrive che non capisce i mei articoli e si chiede se non sia colpa della mia poca chiarezza. Per educazione potrei scrivere sì, è possibile o probabile, ma sarei ipocrita. Fare un pezzo di cronaca è abbastanza facile. Un veterano mi disse, alle prime armi, che il modo agevole, anche per chi non sa tenere neppure la penna in mano, è di farsi delle domande e pubblicarle e poi rispondere. Io non l’ho mai fatto anche perché non amo scrivere di cronaca, ma il collega esperto aveva ragione. Un mio cugino di primo grado iniziava i suoi articoli su Il Messaggero sempre con un punto interrogativo, a proposito o sproposito. Un esempio non inventato: “Si è tenuta oggi la direzione della DC. Quale era l’Odg? Risposta. Cosa ha detto nel suo intervento l’on. Fanfani? Risposta. E via così”. Vi chiederete che carriera abbia fatto questo mio stretto parente? È stato eletto Presidente dell’Ordine Nazionale dei giornalisti e nei necrologi tutti si sono impegnati a usare aggettivi che manco Indro Montanelli o Enzo Biagi: giornalista di razza, un acuto inviato speciale, uno dei nomi che sono destinati a restare nella storia del migliore giornalista.
Dimenticavo, come usava allora, Bruno T. era il figlio di un grande direttore di giornali e Uffici stampa governativi, uno zio affettuoso fratello di mia madre. Ma Bruno non aveva preso dal padre null’altro che il cognome.
Tornando all’effetto meno gradevole prodotto da I Nuovi Calabresi passo a ricordare le espressioni ostili e astiose. Mi limito a dire che le frasi più cattive, più false, più arroganti e subdole le hanno scritte e dette i miei ex colleghi ad uno dei quali, avendolo sempre considerato un galantuomo, ho chiesto di farmi come dono l’elenco delle “colpe” mie nei loro confronti.
Io neanche in attacco di masochismo le trovo. E quindi sono autorizzato a pensare che la vera colpa si chiama I Nuovi Calabresi.
Un motivo in più per farlo vivere a lungo, passando il testimone ad un collega più bravo, più giovane di me. Non dico più “cazzuto” perché non ne conosco nel giro di 300 km.