Appuntamento con la salvaguardia ambientale, ma anche con l’autorevolezza della città di Crotone e di tutte quelle Istruzioni che vi dovrebbero garantire il diritto della popolazione di vivere in un territorio bonificato, il prossimo 3 maggio, data per la quale il Ministero dell’Ambiente ha convocato la prima riunione della Conferenza dei servizi sulla bonifica delle velenose scorie che da circa un trentennio avvelenano la Città pitagorica di competenza dell’Eni Rewind.
Contrariamente a quanto era stato precedentemente previsto, al tempo in cui Mario Oliverio era il presidente della Regione Calabria, la società potrebbe smaltire in loco, presso l’impianto di Columbra, il tenorm con amianto ammassato nelle due discariche a mare e conferire le scorie non velenose in altre strutture distribuite fra Calabria e Basilicata.
Per sbloccare una pratica che va avanti da anni, è dovuto arrivare il generale dell’esercito Emilio Errigo che, con poteri commissariali, ha riaperto il confronto. Smaltendo i rifiuti in loco, l’Eni otterrà risparmi sul loro trasporto e l’autorevolezza crotonese sarà rappresentata da ciò che si otterrà in cambio del trasferimento fuori Regione delle scorie.
La contropartita dell’Eni offerta a Crotone sarebbe la realizzazione di un grande parco per produrre energia elettrica con i pannelli solari ma nostro parere, al danno, questa proposta rappresenterebbe l’ennesima beffa per Crotone, perché sarà l’Eni a guadagnare dalla produzione di energia elettrica, almeno se non riconoscerà sui guadagni royalties in favore del territorio.
Quella delle scorie è una storia nota nel Capoluogo jonico. I rifiuti avvelenati furono l’unica eredità per la Città ed il suo territorio circostante dopo la chiusura delle fabbriche nonostante i “Fuochi di Crotone”: la rivolta in cui nel settembre 1992 l’intera popolazione affiancò gli operai che stavano perdendo il lavoro che fu l’ultima vera rivolta nel Marchesato Crotonese. Opportunità che avrebbe potuto rappresentare una svolta concreta dei fatti fu l’inchiesta “Black Mountains” partita nel 1999. Le indagini erano partite grazie ad Emilio Iutifone, un imprenditore edile che fece osservare che la Pertusola Sud per liberarsi delle scorie radioattive, circa 811.215 tonnellate di cubilot, le avevano cedute gratuitamente o, addirittura dietro compenso, come conglomerato idraulico catalizzato.
A comprarle alcune aziende edili che utilizzavano il materiale infetto per riempire i sottofondi stradali e per la costruzione di immobili. La storia ricorda che furono principalmente Ciampà srl e Crotonscavi srl ad appaltarsi moltissime gare di appalto, abbattendo i costi della materia da utilizzare nei riempimenti che conteneva un’alta percentuale di cadmio, piombo, zinco ed arsenico.
Nel 2008 i carotaggi durante le indagini rivelano nelle scorie la presenza di enormi quantitativi di sostanze pericolose. Nel 2010 il Pubblico Ministero Pierpaolo Bruni ed il Procuratore della Repubblica Raffaele Mazzotta chiesero il rinvio a giudizio per 45 imputati accusati di disastro ambientale doloso e avvelenamento delle acque da falda. Nel 2017 il colpo di scena: il Giudice dell’Udienza Prelimilinare Gloria Gori, ha prosciolto tutti gli imputati attraverso assoluzioni e prescrizioni. Un’altra conseguenza della maledizione pitagorica?