Quando scriviamo dei problemi dei giovani – specie i in Calabria, perché questo è il nostro riferimento prioritario – lo facciamo di solito per ricordare che un terzo dei giovani più qualificati è costretto a lasciare la propria terra in cerca di opportunità di lavoro, ma anche di un’esperienza formativa che da noi è assente o modesta.
A questo approccio accompagniamo i bassi salari e la precarietà e poca qualità del lavoro possibile per chi resta, che sono certo problemi che pesano sui giovani e sulle loro famiglie, ma temo siano marginali rispetto ad una condizione di sofferenza e di crisi che da anni essi vivono e non solo a causa della perdita di socialità imposta dall’epidemia da COVID.
Non oso fare un’analisi più complessa, che gli esperti di comunicazione boccerebbero perché secondo loro l’informazione on line impone brevità, semplicità, un tempo di lettura (che molte testate indicano per “tranquillizzare” i lettori, per definizione e presunzione pigri, amanti della semplicità/banalità) che non supera i due minuti.
È un convincimento dogmatico che è stato smentito da ICalabresi da me diretto fino al 19 luglio 2022, che ha pubblicato articoli non superficiali e comunque non brevi. In alcuni casi veramente troppo lunghi da costringerci a chiedere all’autore di “tagliare” qualche centinaio di “battute” senza per questo deludere i lettori.
Ma senza pretendere troppo – con l’aiuto che ho ricevuto da alcune letture mirate, in particolare dall’ultimo libro di Umberto Galimberti, “L’ospite inquietante – Il nichilismo e i giovani”, che non intendo né riassumere né commentare (consiglio solo di leggerlo) – provo, con alcune citazioni, di segnalare i passaggi, a mio parere, più importanti, che segnano il percorso di questo articolo.
Sempre citando ancora Nietzsche, richiami il senso del nichilisno che “conclude la sera e custodisce il senso del tramonto, che segna la fine del movimento morale e spirituale, la fine della metafisica e del cristianesimo, la fine di ogni giudizio di valore”.
Da queste brevi note, che da adulti consapevoli non ci sorprendono (ce lo ricordano inquinamenti di ogni tipo, disuguaglianze sociali, disastri economici, comparsa di nuove malattie, in sintesi una causalità senza direzione e orientamento) dobbiamo convincerci che il mondo dei giovani è il primo ad essere travolto e le loro condotte, anche violente, ne sono la prova e l’effetto.
Ora senza pretendere di fare concorrenza a filosofi, psicologi, storici e intellettuali in genere dobbiamo convincerci che la società in genere, ma soprattutto le famiglie e la scuola sono chiamati ad un compito molto difficile, con poco credito presso i giovani che dovrebbero potere contare sul nostro aiuto e quello della scuola martellata da anni di sostanziale abbandono e costretta nel letto di Procuste da programmi ministeriali fuori tempo e ingabbiati in procedure burocratiche e nella new entry del merito, non meglio definito.
Per le famiglie è un obbligo non solo affettivo e morale, ma perché molte di esse sono travolte da un rapporto con figli che non capiscono perché noi adulti siamo nati e cresciuti in un mondo che quei valori di cui ho fatto cenno li riteneva stabili e irreversibili. E invece sono oggi macerie sparse sulla terra. Non si può dubitare che adeguare il nostro rapporto con i ragazzi all’orologio del presente e del futuro prevedibile è un passo obbligato. Ma non è facile e forse anziché, come capita spesso, cercare di nascondere i problemi e le difficoltà domestiche perché si pensa che la sfiga ha colpito solo noi e pochi altri disgraziati, aiuta condividere con gli altri più vicini a noi, cercare insieme non soluzioni miracolistiche ma almeno liberarsi dalle banalità e luoghi comuni con le quali ci hanno educato quando eravamo figli e non ancora genitori.
La società italiana non aiuta, la politica non aiuta, lo Stato non aiuta perché dopo aver “asfaltato” i diritti del lavoro (chiedere all’ex Ministro Treu e al golden boy fiorentino) cerca oggi di barcamenarsi sul fronte dei cosiddetti civili. Sono per natura rispettoso delle idee di tutti, ma non credo affatto che oggi ai primi posti dell’agenda politica e culturale siano i diritti ulteriori degli omosessuali che debbono ricevere attenzione e rispetto ma debbono anche darlo a chi per legittime ragioni, ad esempi, una fedeltà testarda alla Fede oggi in caduta libera, non partecipa al Gay Pride.
E veniamo alla scuola che avrebbe il ruolo salvifico – sottrare i giovani studenti alla depressione, ridar loro un senso del loro impegno e della loro vita, accogliere per quanto possibile le richieste “mal poste” di aiuto, quasi bollate con giudizi ostili – non avendo né i mezzi né la formazione polivalente che si pretende dagli insegnanti con stipendi di operai non qualificati né prestigio perché specie nel nord Italia chi insegna è uno poco furbo perché si ostina a snobbare il valore assoluto e miracolistico del denaro e del successo.
Il modello aziendalistico che ispira la politica della scuola dominante è il contrario di quel che occorrerebbe oggi per non perdere per strada intere generazioni di adolescenti.
Se qualcuno cosiddetto di sinistra (la più disastrata e inutile “sinistra” di ogni tempo) sapesse chi è stato Antonio Gramsci che nei suoi Quaderni dal carcere sosteneva che l’istruzione vale se è educazione (civile, etica) – mentre per 20 anni abbiamo detto che sapere chi fosse Giacomo Leopardi a grandi linee era “nozionismo” colpevole – qualche aiuto al rapporto con la scuola e al ruolo vero della scuola lo potrebbe dare.
Per dare alla suddetta sinistra un aiutino riprendo una citazione in tema tratta da una lettera a Tatiana che era il solo contatto mediato tra carcere e vita libera.
«Insomma, vorrei, secondo un piano prestabilito, occuparmi intensamente e sistematicamente di qualche soggetto che mi assorbisse e centralizzasse la mia vita interiore. Ho pensato a quattro soggetti finora […], e cioè: 1° una ricerca sulla formazione dello spirito pubblico in Italia nel secolo scorso; in altre parole, una ricerca sugli intellettuali italiani, le loro origini, i loro aggruppamenti secondo le correnti della cultura, i loro diversi modi di pensare ecc. ecc. […] – 2° Uno studio di linguistica comparata! Niente meno. […] – 3° Uno studio sul teatro di Pirandello e sulla trasformazione del gusto teatrale italiano che il Pirandello ha rappresentato e ha contribuito a determinare. […] – 4° Un saggio sui… romanzi di appendice e il gusto popolare in letteratura. […] Che te ne pare di tutto ciò?
In fondo, a chi bene osservi, tra questi quattro argomenti esiste omogeneità: lo spirito popolare creativo, nelle sue diverse fasi e gradi di sviluppo, è alla base di essi in misura uguale.»
Concludo con un “messaggio” a chi leggerà questo articolo: se ritenete che tornare sul tema del “aiutiamo i giovani” sia utile e comunque legittimo fatemelo sapere con emoji, commenti, pro o contro, nei modi che la rete interattiva consente. Senza questa adesione sarei arrogante da punto di vista comunicativo a insistere.
2 Comments
Complinenti e condivido le sue osservazioni del ruolo della scuola nei confronti dei giovani. in una società social e virtuale.
Argomento pieno di riflessioni, ma vorrei con rispettoso permesso, aggiungere che il “MALE” di vivere non colpisce solo i giovani ma e’ globale, la crisi colpisce ogni ambito, abbiamo tutto e non ci basta, la soluzione, sempre adottando la logica, sarebbe quella di oltrepassare il tutto, forse converrebbe farsi una domanda che dovremo cominciare a fare “quale e’ il senso della vita”……