Da quando è stato (nuovamente) sciolto per infiltrazioni mafiose il Comune di Tropea (con D.P.R. del 24 aprile 2024), il sindaco “commissariato” Giovanni Macrì, detto Nino, ha iniziato una battaglia giudiziaria e mediatica, contro lo scioglimento stesso, ma anche contro la norma sugli scioglimenti dei Comuni (ritenuta a più riprese dalla Corte Costituzionale perfettamente in linea con Costituzione) ma paragonata dall’ex primo cittadino, addirittura, alle norme dell’Iran degli Ayatollah.
«Sono stato un presidio di legalità» ama ripetere l’ex astro nascente di Forza Italia, partito che lo ha visto nel ruolo di commissario cittadino e vice coordinatore provinciale in quel di Vibo Valentia.
Di diverso avviso, invece la commissione di accesso agli atti. Nella relazione che ha portato allo scioglimento, firmata dall’ex prefetto di Vibo, Paolo Giovanni Grieco, si legge infatti che nel Comune di Tropea vi era: “un’intricata rete di rapporti parentali e di assidue frequentazioni tra questi ultimi, componenti dell’apparato burocratico ed esponenti delle locali consorterie, e questo ha condizionato l’attività amministrativa in favore di ambienti controindicati“. Si legge, inoltre, che in riferimento al sindaco Macrì e altri componenti della giunta: “sono posti in rilievo gli stretti legami per rapporti parentali e/o assidue frequentazioni intercorrenti con esponenti della locale criminalità organizzata, interessati anche da reati associativi“. Insomma, due versioni totalmente antitetiche.
Ammiccamenti televisivi tra “coschette” e “presunte cosche”
A far da megafono e a “coccolare” televisivamente il fu sindaco Macrì è stato ed è, soprattutto, il canale televisivo “LaC” del gruppo Pubbliemme, in verità, da sempre vicino al forzista decaduto.
Tornando indietro nel tempo, ricordiamo infatti come nel 2018 LaC lo “lanciò” in campagna elettorale (violando, di fatto, la par condicio tra i candidati comunali, dando infatti voce in Tv solo a Macrì) mentre l’anno successivo, il sindaco di Tropea acquisì dall’azienda elementi di arredo urbano rimossi in quel di Vibo Valentia. Nel 2022 il Comune di Tropea ha inoltre patrocinato l’evento di Pubbliemme “Link – communication meeting”, che si è tenuto nell’anfiteatro del Porto di Tropea, con un “parterre delle grandi occasioni” tra cui l’amico sindaco, il presidente della Regione Roberto Occhiuto ed il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri.
Proprio il Marina Yacht Club del porto di Tropea vede la cura dei propri eventi e dello sviluppo strategico ad opera dell’agenzia di comunicazione “Lob&Partners”, definita sui siti di Pubbliemme “suo storico partner”. La Lob&p è stata beneficiaria di alcuni affidamenti diretti nel 2021 proprio dal Comune di Tropea. Anche la Publidema s.r.l. ha ricevuto affidamenti diretti (nel 2023), ed è una società che vede tra i suoi “partners” sia LaCNews24.it che IlReggino.it, testate del gruppo Pubbliemme.
Insomma, l’amicizia tra Macrì ed il gruppo Pubbliemme (e dintorni) è risalente. Sempre nel 2018 tale “amicizia” è stata suggellata con la candidatura del fedelissimo fotografo e videoreporter di LaC, Saverio Caracciolo, nella lista “Forza Tropea” a sostegno di Macrì (ha ottenuto 82 voti).
Ecco perchè fioccano le interviste-tappetino del fu sindaco su LaC, come quella dello scorso 10 dicembre nella trasmissione “Dentro la notizia”, con il giornalista Pierpaolo (“cuor di saliva”) Cambareri che definì Macrì, addirittura, “Il frontman dell’immagine della Calabria in Italia e all’estero”.
Più “sberta” è stata invece la sua intervista nella trasmissione di LaC, Perfidia, del 20 dicembre in cui lo stesso Macrì ha parlato di “presunta cosca” di Tropea, smentendo poi di essersi mai “intrattenuto con ambientini ‘ndranghetisti più o meno chiacchierati” (Grippo Dixit), mentre alla successiva domanda: “hai stretto relazioni di parentele o amicali con coschette o affini?”, l’ex sindaco ha risposto di poter spiegare ciò che dice la relazione di scioglimento laddove sostiene di sì, rispondendo poi “mai” alla domanda su: “hai mai praticato voto di scambio?”. Giovanni Macrì ha infine concluso dichiarando al pubblico televisivo di non aver mai detto bugie, soprattutto da politico.
Giova, a questo punto, fare una precisazione: non esiste nessuna “presunta” cosca a Tropea, bensì esiste l’egemone cosca La Rosa (con a capo il boss Antonio La Rosa), la cui esistenza è stata giudizialmente ed effettivamente accertata in via definitiva da anni dalla Cassazione (operazione “Peter Pan”), così come la sua storica vicinanza al potentissimo clan Mancuso di Limbadi.
Macrì smentito (anche) dalla Dda
“Mi chiamo Giovanni Macrì, sono un avvocato e sono il candidato sindaco della lista Forza Tropea, una lista giovane, fresca, fatta da persone determinate, tropeane doc, che hanno a cuore il futuro della nostra città, per i nostri figli, per loro stessi e per la città stessa” diceva da candidato a sindaco nel 2018.
Di diverso avviso non solo i vari attori che hanno portato al commissariamento del Comune per infiltrazioni mafiose, ma anche il PM antimafia della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo, che in una formale richiesta di autorizzazione di intercettazioni al GIP di Catanzaro datata 22 giugno 2020, inserisce tra le motivazioni ciò che segue: “Le indagini in corso hanno consentito di accertare, tra l’altro, la vicinanza con appartenenti al gruppo “LA ROSA”, di MACRI’ Giovanni attuale sindaco del Comune di Tropea, di cui sono stati attivi sostenitori nel corso dell’ultima campagna elettorale, nonchè come il predetto amministratore comunale gestisca in modo diretto, e senza la collaborazione dei dipendenti dell’ufficio Tecnico del Comune, gli appalti relativi alle opere di ordinaria e straordinaria manutenzione, favorendo l’azienda di LA TORRE Antonio, disponendo a quest’ultimo il coinvolgimento di TRECATE Francesco e del figlio TRECATE Salvatore, gestori del cimitero di Tropea, entrambi soliti ad accompagnarsi ad accoliti appartenenti al clan LA ROSA” . Sempre la Guardia di Finanza nell’informativa ha evidenziato che la citata impresa di Antonio La Torre ha sede a Tropea e il suo titolare risulta essere “germano di Carlo, alias U Lattaru” (cl. ’53), pregiudicato per omicidio e strage, quest’ultimo impiegato stabilmente nell’esecuzione delle opere appaltate dal Comune di Tropea”.
Il PM De Bernardo in tale richiesta rimanda integralmente ad una informativa della Polizia Giudiziaria (Nucleo Investigativo della Guardia di Finanza di Vibo), datata 16 giugno 2020 (“da interdersi integralmente richiamata e trascritta”) nella quale si legge: “Come partecipato a codesto Ufficio di Procura Distrettuale con le diverse richieste di proroga relative all’utenza in uso al sindaco di Tropea – Avv. Macrì Giovanni detto Nino, RIT 182/20, nel corso delle captazioni telefoniche sono emersi chiari elementi che inducono questa P.G. a sostenere condizionamenti da parte della locale ‘ndrina LA ROSA sull’attività amministrativa svolta dal menzionato primo cittadino, nonché su una sua non corretta gestione, ed in particolar modo in merito all’affidamento degli appalti pubblici sempre alle medesime imprese, le quali vengono dirette da un suo uomo di fiducia, tale Trecate Francesco, pregiudicato – dipendente comunale, con la qualifica di operaio e custode cimiteriale”.
Inoltre, viene aggiunto “(…) questa P.G. ha acquisito elementi certi che permettono di ricondurre il sindaco Macrì Giovanni quale accolito del Clan La Rosa, segnatamente al La Rosa Antonio alias “Ciondolino” “.
Nelle conclusioni di detta informativa si legge che le risultanze investigative hanno consentito alla P.G. di dimostrare “l’ingerenza del clan La Rosa in seno all’amministrazione comunale di Tropea; la contiguità dei membri della predetta amministrazione con accoliti al clan La Rosa, dettati da vincoli di amicizia e/o parentela; la contiguità del sindaco Macrì Giovanni al clan La Rosa; il vincolo amicale che lega la moglie del Sindaco Macrì alla moglie del capo clan La Rosa Antonio, alias “Ciondolino” e ad altri esponenti di rilievo del clan Mancuso; la partecipazione in prima persona del sindaco Macrì a feste organizzate da appartenenti al clan La Rosa e Mancuso”. La P.G. ritiene di aver acquisito elementi circa il concorso esterno in associazione mafiosa del sindaco Macrì. Parole pesanti, messe nero su bianco.
I legami tra “Forza Tropea” e il clan La Rosa
La predetta informativa della Guardia di Finanza contiene anche un paragrafo dal titolo “Ingerenze della C.O. (criminalità organizzata, ndr) nella candidatura alle consultazioni elettorali del 2018 – connivenza del sindaco con la C.O. locale”. In tale contesto la P.G., analizzando la lista “Forza Tropea” e i suoi candidati, arriva ad affermare: “Preso atto dei risultati elettorali emerge in maniera plateale che il 53% delle preferenze, pari a 791 voti (ovvero: 456 Graziano Erminia, 154 Addolorato Francesco, 181 Trecate Greta) possono essere ricondotti alla C.O. (criminalità organizzata, ndr), attese le frequentazioni, parentele e vicissitudini riconduibili ai predetti consiglieri eletti”.
Nel dettaglio: Greta Trecate, poi nominata assessore agli affari generali, è divenuta molto vicina al sindaco Macrì. Per la P.G. la stessa “è solita accompagnarsi a soggetti pregiudicati per ricettazione, detenzione illegale di armi, porto abusivo d’armi; tratti in arresto per reati specifici” ed è figlia di Massimo Trecate, il quale ha vari precedenti penali, tra cui quelli per danneggiamento, omicidio volontario tentato, estorsione, evasione, furto, porto abusivo di armi. È stato definito da alcuni un “Bambino prodigio in ambito criminale”, in quanto ha precedenti sin dall’età di 14 anni.
Va aggiunto che lo zio della Trecate, Ivano Pizzarelli, è stato condannato in via definitiva nell’ambito dell’operazione Dinasty per associazione mafiosa (clan Mancuso). La madre della Trecate, Amanda Pizzarelli, detta “Manola”, viene invece intercettata in una telefonata del 8 novembre 2021 intenta a conversare con Tomasina Certo, la moglie del boss Antonio La Rosa, alla luce delle preoccupazioni di quest’ultimo in riferimento a una possibile condanna nel processo ordinario di “Rinascita-Scott” (processo nel quale il Comune di Tropea si è costituito parte civile e dove poi Antonio La Rosa è stato condannato a 24 anni di carcere). In quell’occasione, “Manola” tranquillizza la moglie del boss invitandola ad attendere l’esito del processo e aggiungendo che il marito stava pagando “solo per il cognome che portava”, facendo riferimento alla ‘ndrina La Rosa.
Il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso, deponendo nel processo “Rinascita-Scott” il 9 aprile 2021 ha dichiarato che alla sua famiglia Mancuso, nella zona di Tropea, erano collegate le “famiglie La Rosa e Trecate, detti Patati. Io frequentavo il lido dei Patati, cioè dei Trecate ed una di queste, la figlia del gestore del lido, fa l’assessore a Tropea e me la ricordo”. A questa affermazione il Pm della Dda De Bernardo ha chiesto: “Il padre della Trecate che ricopre l’incarico pubblico che ruolo aveva rispetto ai La Rosa?, ricevendo come risposta: “Non era subordinato. Noi arrivavamo lì al lido e ci trattavano come se noi fossimo i padroni, ci facevano mangiare, ci ospitavano”.
In più, colui che la P.G. ha definito “uomo di fiducia” del sindaco, Francesco Trecate (premiato dal primo cittadino nel 2020 per la sua “abnegazione al lavoro”), oggi è a processo insieme al figlio Salvatore, a seguito dell’indagine della Guardia di Finanza sul “cimitero degli orrori” di Tropea ed è lo zio dell’ex assessora Greta.
L’ex consigliere delegato allo sport Francesco Addolorato, invece, è primo cugino del boss Antonio La Rosa, detto “Ciondolino”, nonchè di Pasquale e Francesco La Rosa, condannati in via definitiva per associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione “Peter Pan”. È, altresì, nipote del pluripregiudicato Domenico La Rosa (cl. 38).
Erminia Graziano, già assessora alla “Viabilità, Decoro urbano, Spazi pubblici, Servizi cimiteriali, Pari opportunità” è stata coniugata con Gaetano Muscia, un vero VIP delle cronache giudiziarie calabresi. Secondo la P.G. “risulta gravato da numerosi precedenti penali per associazione a delinquere di stampo mafioso, usura, estorsione, traffico di stupefacenti” ed “è solito accompagnarsi a pregiudicati, alcuni dei quali appartenenti al clan “LA ROSA”.
È stato soggetto a sorveglianza speciale dal 2010 al 24 luglio 2018. Nel 2021 è divenuta definitiva la sua condanna a 7 anni nell’ambito del processo “Black Money”. Muscia, inoltre, risulta tra i principali indagati dell’operazione della Dda di Catanzaro denominata “Secreta Collis” del gennaio 2024 dove è indagato per reati legati al narcotraffico.
Lo stesso si trova a giudizio nell’ambito del maxiprocesso Olimpo (così come pure Tomasina Certo, moglie del boss La Rosa), in corso dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia dove risponde del reato di associazione mafiosa con il ruolo di partecipe della ‘ndrina La Rosa e organizzatore delle attività di reinvestimento dei proventi illeciti e di gestione delle attività imprenditoriali promosse dai fratelli Antonio e Francesco La Rosa.
Insomma, siamo davanti ad una sequela di legami, amicizie e vicissitudini, ma anche di atti giudiziari di indagine che pesano come un macigno, soprattutto alla luce delle smentite pubbliche/televisive di Giovanni Macrì in ordine alla eventuale sussistenza di inchieste su Tropea e sulla sua amministrazione. In cosa sfoceranno le stesse si vedrà, ma è certo che non basteranno sicuramente le comparsate televisive dell’ex sindaco per ridare una verginità ad un’amministrazione sciolta per infiltrazioni mafiose.