Nel campo profughi di Jabalia in poco più di un chilometro vivono (si fa per dire) 100.000 palestinesi da decenni.
Presumo che se lanci dal cielo uno spillo, questo non arrivi a toccare terra. Se lanci bombe fai una strage indiscriminata.
Il che non è un effetto della guerra in atto, ma un crimine contro l’umanità, che non conosce bandiere.
È solo un insieme di vite spezzate, che hanno diritto alla pietà e al rispetto, siano israeliani o palestinesi.
UNA VITA SENZA FUTURO- UNA MORTE SENZA PIETÀ
Gli attacchi israeliani contro il campo profughi di Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza, «potrebbero equivalere a crimini di guerra». Lo ha affermato l’ufficio dell’Onu per i diritti umani (Ohchr). Secondo il ministero della Sanità di Hamas, decine di persone sono rimaste uccise nei raid contro il campo, colpito due volte tra l’altro ieri e ieri. Le forze armate dello Stato ebraico hanno riferito che nel mirino c’era il comandante del Movimento islamico, Ibrahim Biari. «Dato l’elevato numero di vittime civili e l’entità della distruzione a seguito degli attacchi aerei israeliani sul campo profughi di Jabalia, nutriamo serie preoccupazioni che si tratti di attacchi sproporzionati che potrebbero equivalere a crimini di guerra», ha scritto Ohchr su X. «Sono sconvolto dall’elevato numero di vittime a seguito del bombardamento da parte di Israele del campo profughi di Jabalia- scrive in un post l’alto commissario Ue per la politica Estera, Josep Borrell – Israele ha il diritto di difendersi in linea con il diritto umanitario internazionale e garantendo la protezione di tutti i civili». Il campo di Jabalia è il luogo simbolo del conflitto israelo-palestinese: da qui iniziò la prima Intifada centomila persone in poco più di un chilometro quadrato, senza null’altro che Hamas e aiuti umanitari. L’Onu: “I raid su Jabalia potrebbero essere crimini guerra” Borrell: sconvolto dal numero di vittime dei bombardamenti L’ultimo attacco ha provocato 50 vittime. L’esercito israeliano non avrebbe fatto distinzione Jabalia è il più grande degli otto campi profu- tra civili e miliziani ghi della Striscia di Gaza. Dopo la guerra del 1948 vi arrivarono 35 mila rifugiati dal Sud della Palestina, secondo gli ultimi dati delle Nazioni Unite, nel 2022 vivevano a Jabalia 115 mila persone, in uno spazio di 1,4 chilometri quadrati. La vita nel campo di Jabalia è progressivamente peggiorata nel corso degli anni, non solo per la densità abitativa tra le più alte al mondo. Secondo l’Ocha, prima della seconda Intifada, ogni giorno più di 20 mila palestinesi attraversavano il valico di Erez per lavorare in Israele, poi con la seconda Intifada, nel 2000, le politiche sono diventate più restrittive e dal 2007, quando Hamas ha preso il controllo della Striscia, solo le persone appartenenti a specifiche categorie definite da Israele hanno avuto un permesso di uscita. Poi, il blocco di Gaza ha reso la vita sempre più difficile. A Jabalia, già prima della guerra mancava l’elettricità, il tasso di disoccupazione era alle stelle, la larga maggioranza della popolazione era quasi completamente dipendente dal programma di assistenza alimentare dell’Unrwa, il 90% dell’acqua era contaminata.
Francesca Mannocchi – La Stampa 2 novembre 2023