In Calabria si pubblicano 72 giornali cartacei e in maggioranza on line. Considerato che i dati Istat ci dicono che siamo, tanto per cambiare, agli ultimi posti dei lettori riesce difficile immaginare i nostri corregionali che si precipitano nelle prime ore per comprare la Gazzetta del Sud e il Quotidiano del Sud o si scaraventano giù dal letto per piazzarsi davanti al computer per sapere cosa è accaduto alla Regione o quanti clan mafiosi sono stati beccati dall’ex Procuratore di Catanzaro Gratteri o cosa ha dichiarato il Sindaco di Cosenza Caruso.
Con un tale numero di giornali a disposizione si potrebbe pensare che l’informazione da noi goda di ottima salute. Nulla sfugge all’occhio indagatore dei giornalisti e appena scoprono qualcosa che assomiglia ad una porcata la pubblicano in prima pagina. Questa è infatti la “democrazia partecipativa” che è una delle perle (di bigiotteria) di cui possiamo portare vanto. Ma non è propriamente così e i colleghi stanno al chiodo per “non scrivere” cose scomode per i padroni e per non essere pagati più di una manciata di euro a battuta. Siccome ogni novità allarma e mette in guardia direttori di giornali e uomini di “panza” appena compare un giornale diverso, dove si pratica il libero giornalismo (cosa rara ormai in tutt’Italia), si è pagati più del giusto con regolari contratti e puntualmente ogni mese si comincia a pensare come fottere, di norma il direttore.
Non occorre Sherlock Holmes per capire che parlo de ICalabresi doc che ha avuto l’onore di essere stato chiuso “per troppo successo”, che nel lessico corrente si chiama “danno alla Fondazione” che del giornale era la proprietaria, niente di meno dal principe dei traditori, tale Walter Pellegrini, affiancato e protetto da un club di fetentoni.
Ma il tema non è il caso ICalabresi, ma il senso di solidarietà e di trasparenza degli altri giornali.
Il caso più significativo è il Corriere della Calabria di cui volli conoscere il fondatore purtroppo oggi scomparso Paolo Pollichieni per cercare di capire qualcosa della Calabria all’inizio dell’esperienza della Fondazione Giuliani.
Credo che Pollichieni mi abbia classificato tra gli ingenui o i fessi, perché lui di segreti ne conosceva eccome, ma certo non li spifferava al sottoscritto. Ci trovammo in aereo seduti l’uno accanto all’altro e non mi rivolse la parola. È per puro caso il modo di fare dei frequentatori di servizi segreti e spioni in genere.
Andò meglio con l’attuale direttrice Paola Militano che con modi cortesi mi contattò perché partecipassi alla campagna contro “le querele temerarie”. Naturalmente queste sono ancora vive e vegete e quell’iniziativa, che sempre per la richiamata mia fessaggine, pensavo dovesse continuare, servì solo alla Militano per autorappresentarsi come l’eroina della libertà dei giornalisti e a quattro politici d’accatto per pronunciare parole di sdegno fasulle come un tallero bucato.
Poi un po’ meno fesso lo sono diventato ma non al punto da scorgere sulla bocca del mio omonimo la lingua del cobra.
Ora torniamo alla bionda e fascinosa Militano (che ho visto solo in fotografia). Quando ICalabresi vengono chiusi con il consenso del redattori – ora incazzati con me come altri per il solo fatto che esisto e per di più vivo, male, a Cosenza, la Militano pubblica la notizia senza un commento riportando il comunicato dei traditori viperini. Questo sì che è vero giornalismo, peccato non sia cartaceo perché sarebbe utile per incartare le alici comprate al mercato.
Come non bastasse quando le chiesi perché non scrivesse liberamente della faccenda mi rispose che “non voleva beccarsi una querela”. Ora è vero che la Militano ha la fissa con le querele, ma da quando in qua chi è stato vittima, fessa conclamata, di quattro farabutti e mandanti anziché querelare viene querelato?
Ma la Militano ha un codice lessicale e filologico tutto suo. Ed è una fortuna, perché è quello più apprezzato dalle nostre parti da donne e uomini di panza e quindi a prova di immunità permanente.
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Avanti a testa alta 🤝💪
Francesco Cutruzzulá
(Catanzaro)