I genitori più saggi non si mettono in concorrenza con i figli, facendo i giovani aitanti e giocando a calcetto con loro e i loro amici, nonostante i chili di troppo sulla pancia.
Ciò che auspicano e, per quanto sta a loro, favoriscono è che i figli abbiano migliori opportunità negli studi, nel lavoro, che siano soddisfatti e felici negli affetti e nelle relazioni amicali. Insomma che i nostri figli ottengano di più e di meglio di quanto è toccato a noi genitori.
Questo credo sia il premio più ambito per i padri e le madri che fanno da sempre, ma oggi in particolare, “il mestiere” più difficile e dall’esito incerto.
Non tutto nella vita dipende dalle nostre scelte e dalle nostre aspirazioni, ma se vediamo che nel “gioco della vita” si bara, perché alcuni sono in condizione di far vincere “a gara” – termine improprio ma non ce n’è un altro migliore – ai propri figli, ai propri “protetti”, ai propri beniamini, allora i nostri punti fermi, studio, fatica, impegno, sacrifici vanno a ramengo.
È quello che succede ogni giorno in ogni parte del mondo. In termini generici chi nasce in un paese povero e ignoto al mondo è assai probabile che la sua gara abbia come premio, in caso di vittoria, il solo fatto di poter vivere e avere il necessario.
Chi nasce alle nostre latitudini forse non ha questo obiettivo elementare, ma ha quello di avere le opportunità per crescere in tutti i sensi, darsi i suoi obiettivi e cercare di raggiungerli senza trappole e sgambetti.
Credo che tutto questo, che in fondo è la ordinarietà dell’esistenza, sia un campo virtuale di gara nel quale ciascuno possa avere o sperare di avere secondo il proprio merito. Le stesse opportunità e condizioni di partenza, molto semplicemente.
Dalla teoria alla realtà.
La gran parte di noi, italiani e calabresi, pensano che questa “parità”, si badi bene solo ai blocchi di partenza, non ci sia affatto. Non solo in seno alla società che oggi in particolare esaspera le distanze e le diseguaglianze tra i cittadini, ma anche in ambito territoriale, il nord offre condizioni migliori, maggiori opportunità, un fisiologico (non purissimo) rispetto delle capacità, all’impegno, al sacrificio di ciascuno, rispetto al Sud.
Poiché voglio fare da cavia utilizzo la mia personale esperienza di padre di due giovani donne, sposate e residenti lontano da noi, genitori loro stesse.
Temo che non sia un caso isolato.
Dunque le mie figlie, fortunate sin dalla nascita perché sane e belle (eviterei le battute tipo, avranno preso dalla madre che è effettivamente una bella e buona donna), hanno studiato per scelta in scuole pubbliche di buona qualità, sono state aiutate quando necessario da lezioni private, anche per italiano e latino che pure ho insegnato io stesso nei migliori licei di Roma “perché l’erba del vicino è sempre più verde”. Hanno avuto negli anni opportunità, sport, studio delle lingue straniere, vacanze confortevoli, viaggi, un padre consulente su molti campi; sono quindi state più fortunate di me e in genere della mia generazione e di moltissimi altri.
Tralascio gli aiuti economici, perché oggi chi più chi meno i genitori sono quasi obbligati a darli ai figli.
Ebbene le mie figlie, ma credo non solo mie, è quanto ricavo dall’esperienza altrui, dalla lettura, dalla curiosità intellettuale che grazie a Dio non mi manca, non se ne rendono conto. Non sanno che il buon Dio forse poteva fare anche di più, ma anche molto di meno.
Io “fortunato” per loro – e per certi versi è vero – ho frequentato scuole pubbliche, per scelta anche nell’asilo delle sorelle Battaglia a viale Trieste a Cosenza, molto severe. Ho fatto tutti gli esami spauracchio e poi dopo un po’ sono stati aboliti o sviliti. Ho dopo l’università studiato le lingue straniere con i primi soldi guadagnati . Ho fatto in ambiti diversi e vinto cinque concorsi pubblici, ho dovuto combattere non per fare carriera (che è venuta ma quasi per Ko tecnico dei miei “nemici”) ma per sopravvivere. Ho fatto 7 o 8 lavori diversi con due lauree. Non ricordo le notti in bianco a studiare e a lovorare, 56 le ho contate in Ferrovia, perché mi era dato in busta paga il “soprassoldo notturno” che spettava a tutti dirigenti compresi e pari a lire 5000.
Non è una biografia anomala ma è comune a tutta o quasi la mia generazione che ha concluso gli studi prima del mefitico 68.
Questa generazione per rispetto a se stessi, al loro impegno, ai loro sacrifici, non solo dovrebbe sperare che i figli magari anche con minor fatica sia migliori di noi tutti, ma dovrebbero insolentire, disprezzare, isolare e non adulare e pregare quanti in un contesto molto difficile barano, piazzano figli e figliocci in tutti i buchi confortevoli lasciati liberi, riempiono le università, tutte, ma nel Sud in particolare di mezze capre (specie nelle discipline umanistiche che conosco bene), come hanno fatto negli anni 80 piazzando falsi infermieri e talora medici incapaci.
Perché noi calabresi non rendiamo almeno meno facile la strada del nepotismo e del clientelismo? Perché accettiamo passivamente, “perché cchi ci vu fa, ccà cusi vanno le cose”?
E non prendiamoci in giro. Destra e sinistra se oneste e affidabili hanno pari dignità. Ma non è vero che entrambe siano la stessa cosa, se poste diverse ad un panorama di iniquità e di intollerabile disparità. Se da noi questa distinzione non viene fatta è perché la destra fa la destra e la sinistra non fa la sinistra e si accumuna alla prima. È il cancro della politica italiana che come al solito infetta soprattutto il Sud e, guarda caso, la Calabria più di tutto.
Concludo con una domanda retorica? Sapete perché mi sto dannando l’anima e la salute e i pochi risparmi per la rapina fatta a e di Villa Rendano? Perché pensate che voglia riprendermi lo scettro (?) del comando? Manco morto. Perché mi piace vincere? Solo in minima parte. Perché anche un ruolo in una Fondazione che non ha fini di lucro deve essere meritato, non ottenuto grazie agli Occhiuto, ai Caruso, agli Adamo, alla Bianca Rende per omissione, a tizio o sempronio. E non basta chiamarsi Pellegrini per poggiare il culo su una sedia che non appartiene né a Walter né a Franco, che pure come sempre nella vita ha faticato per avere non una poltrona ma uno strapuntino.