Avevo comunicato con dolore che non me la sentivo di pubblicare con me quasi solo autore degli articoli – centinaia in poco più di un anno – I Nuovi Calabresi, perché avere un milione e mezzo di lettori e contestualmente 0 euro di contributo più simbolico che economico e 5 iscritti ad un’associazione chiamata con un verso del poeta calabrese Leonida Repaci è inutile. E spendere fatica e denari traendoli dalla mia “ricca” pensione – per la quale non ho diritto di pretendere una retribuzione mai chiesta prima della “rapina a mano armata” del re dei traditori mio omonimo a detta degli avvocati modello Cepu giacché sono già ricco di mio (ndr: magari!) per avere dedicato dieci anni perché la Fondazione nascesse, vivesse e si arricchisse di progetti, attività, di un’offerta culturale non comune nel nostro Sud era evidentemente frutto di un eccesso di presunzione.
Poi stamane ho capito che non è possibile, non sarebbe onesto dal mio punto di vista morale, chiudere un giornale nato come blog senza pretese e diventato giornale on line libero, responsabile, non banale e soprattutto almeno letto da centinaia di migliaia di cittadini in tutt’Italia.
Cosa è accaduto stamane? Ho preso parte senza la veste di avvocato – una brava collega e un prestigioso consulente certamente più esperti di me in Diritto del Lavoro – alla prima udienza di un processo che per noi non era la replica di un precedente processo del lavoro durato in tutto 15 minuti perché la giudice aveva rilevato che la qualifica di parasubordinato (anziché quella corretta di subordinato) utilizzata da un avvocato di Grosseto respinta per “carenza di allegazione” – poi vi spiego in cosa consista – e già bocciata in primo grado (ripeto in tutto 15 minuti) non poteva consentire un nuovo ricorso anche se modificava e correggeva il primo.
In linea di massima è vero, ma nel nostro caso la giudice dei 15 minuti se avesse voluto avrebbe avuto non un allegato, ma 51 allegati e 7 o 8 testimoni che avrebbero potuto correggere quell’errore nato anche perché nella realtà, in presenza di prove certe, lil Direttore generale è tale senza distinzioni tra para e sub ordinato.
Ma veniamo a stamane. Il giudice molto corretto ha spiegato che non era d’accordo con la nostra tesi e respinta perché improponibile una proposta di mediazione o conciliazione si accingeva a chiudere subito il processo senza perdere tempo.
Anche in questo caso il giudice avrebbe potuto farlo. Ma qui intervengo io, cessando di essere una delle parti in causa, e assumendo la veste di avvocato di me stesso.
Il giudice avrebbe potuto non consentirmelo, ma dal mio punto di vista se il caso che hai portato in giudizio è solo una tesserina di un grosso mosaico, dove diritto civile e diritto penale si confondono, non puoi fissarti sulla singola tesserina, perché nulla impedisce di conoscere almeno nelle grandi linee il mosaico completo.
Il giudice è stato corretto e paziente – confesso che sono andato con parole e gesti fuori le righe della formalità rituale – e ho ottenuto una nuova udienza per presentare un’integrazione al Ricorso.
Cosa c’entra tutto questo con l’udienza di stamane?
C’entra eccome, perché le citate 999 tesserine mancati sono tutte contenute, descritte e spiegate su I Nuovi Calabresi. E il giudice ha voluto sapere come si chiamasse, perché utilizzasse l’aggettivo “nuovo”, rispetto a cosa di precedente o di vecchio come ICalabresi “chiuso dall’Autorità”? Ha chiesto il Giudice perché un giornale chiuso da quattro e più banditi è un inedito che solo in Calabria è stato possibile fare.
Avrei potuto dire che l’autorità legittima ma sulla base di elementi di diritto certi sarebbe stata la magistratura o almeno un magistrato noto, idolatrato anche troppo, che la vicenda la conosceva bene, sapeva che non si chiude un giornale “picchì nun mi piace” o anche perché non mi piace che una proposta di giornale fatta da un giornalista e saggista mio amico fedele venga bocciata da un altro Pellegrini che oltre tutto il giornale letto, autorevole, apprezzato e libero l’ha fondato e diretto con risultati eccellenti.
È vero che un altro Pellegrini che scodinzola dinanzi ad ogni potente vero o fasullo l’ha “definito un danno per la Fondazione” e per “mettere fine al danno” ha pensato bene di prendersi tutta la Fondazione ovviamente dannosa anch’essa per lui e pochi amici, ma in teoria questo non si può fare, persino a Cosenza, nota città della massomafia, ma qui da noi “cosa si po’ fare o nun si po’, nunni frica nente”.
Mi pare un’affermazione che quanto a chiarezza non le si può imputare nulla.
Il Giudice di Roma in buona fede era convinto che solo l’Autorita “per ragioni di ordine pubblico” potesse far chiudere un giornale. Ma questo giudice non è quello che piacerebbe a Salvini o qualche suo emulo, e quindi, il misero, pensa come deve pensare non solo un giudice ma ogni cittadino onesto, specie se questo cittadino è uno con la tonaca nera sempre addosso anche quando parla a schiovere o stà cittu perché l’amici su sempre amici.
Sic stantibus rebus, stando cosi le cose in Calabria, maglia nera in quasi tutto, maglia pittata due volte di nivuru quando si tratta di libertà e legalità, come cavolo fai a chiudere quello che l’avvocato modello CEPU con fattezze di Pinocchio per via del naso bugiardo ha chiamato con disprezzo “un blog”, che da blog e da giornale registrato al Tribunale, ha comunque rotto i cabbasisi a un gruppo di pirati fetenti, alla quasi totalità di quelli che contano o pensano di contare, a tutti i “colleghi” della stampa che se non hanno concorrenti che osano essere liberi li sputtana ancora di più, e persino a giudici già messi sul piedistallo di una statua da costruire a tempo debito, ripeto la domanda: Come fai a chiudere I Nuovi Calabresi? Forse sono presuntuoso, ma ho apprezzato il giudice di stamattina quando dopo avermi sentito arringare con una certa efficacia mi ha chiesto: “mi spiega perché da avvocato (immagino volesse dire “non totalmente incapace”) si è affidato ad un avvocato toscano che non per colpa sua non ha capito un cazzo sulla differenza che passa tra Cosenza/Calabria e Grosseto/Toscana? Bella domanda, forse perché sono io venuto a Cosenza a non aver capito un cazzo.
Si può rimediare? Certo basta pensare, dire, credere il contrario di quello che pensano, dicono, credono le pecore che pascolano tra il Comune e Piazza Bilotti.
1 Comment
La Calabria deve cambiare , non può andare avanti così! Troppo malaffare, troppi interessi personali e troppo menefreghismo. Perciò Francesco vai avanti così , non farti intimidire e a testa alta prosegui il tuo lavoro. In tanti siamo con te calabresi e no .