Poco più di 500 euro al mese, niente contributi ed una misera assicurazione a carico di quei Comuni che, senza il loro lavoro, non saprebbero come mandare avanti la baracca, a causa del blocco delle associazioni e bilanci sempre più fragili.
È la precaria situazione degli operai precettori in deroga della Regione Calabria – altrove la situazione non è molto diversa – che da più lustri, al di là delle promesse, aspettano la stabilizzazione. Dal Pollino allo Stretto sono circa 4 mila persone ed al netto di qualche colorata protesta presso la “Cittadella regionale” di Germaneto che potrebbe, per le proprie dimensioni, ospitare gli uffici della Regione Lombardia hanno sempre continuato a lavorare. “Tanto, prima o poi, ci stabilizzano. È impensabile che debba continuare sempre così”. È la giustificazione che danno, probabilmente, anche a sé stessi. Questa, in fondo, negli scorsi anni è stata la ventura di gran parte degli ex Lpu e Lsu che, però, dopo essere stati stabilizzati almeno in Calabria in gran parte si sono seduti dietro una scrivania col personale manutentivo che, in molti Comuni, è talmente risicato che senza gli operai in deroga sarebbero più in crisi di come sono.
Negli ultimi giorni ne avevo visti alcuni particolarmente soddisfatti: i loro occhi brillavano come non succedeva da tempo. In Parlamento, infatti, è stato approvato un emendamento “passepartout” ad hoc per la Calabria che dovrebbe consentire ai Comuni ed agli altri Enti di assumerli. Nelle ultime ore, però, l’amara sorpresa: il passepartout legislativo c’è, ma sono i fondi a mancare. Sui 60 milioni necessari il Governo ne ha messo a disposizione 5: appena l’8% agli altri dovrebbero pensarci i Comuni che sono la maggioranza degli Enti ad usufruire del lavoro di questi operai ma, come dicevamo, nella maggior parte non sono nelle condizioni economiche di intervenire. Dunque, in un vorticoso ed immutabile susseguirsi dei fatti, il gatto continua a mordersi la coda. Inutilmente.
Eppure Cgil, Cisl, Uil, Usb e Fds pur stigmatizzando in un comunicato stampa i fatti riescono ad essere ottimisti. Rosaria Succurro (F.I.), sindaco di San Giovanni in Fiore, presidente della Provincia di Cosenza e dell’Anci calabrese, a loro dire potrebbe risolvere il problema essendosene interessata più dei suoi predecessori. Se, contrariamente ad alcune voci, la Succurro non fosse fra i possibili candidati calabresi alle Europee potrei anche crederci, ma conoscendo come molti alcune dinamiche della politica e particolarmente di quella calabrese, almeno su temi come questo, ormai, appartengono al “partito dei delusi”.
Intanto, un’altra promessa governativa sembra vicina a sfaldarsi come il miraggio della fata Morgana frantumandosi sugli scogli per le violente onde fra Scilla e Cariddi. Nonostante il ponte sullo Stretto di Messina sembra sempre più vicino, addirittura alcune società iniziavano a chiedere agli operai i curricula si inizia a parlare dei primi problemi. Da una indagine de “Il Fatto Quotidiano” pare che fra i costi ed i benefici i primi sarebbero molti più dei secondi, la realizzazione del Ponte potrebbe è un regalo alla ‘ndrangheta che fra le Province di Reggio e Vibo sono proprietari dei terreni interessati al progetto e, soprattutto, la Comunità Europea che dovrebbe contribuire sostanzialmente al finanziamento del progetto non è intenzionata a farlo. Forse il Governo di Meloni e Salvini se n’è già accorto, ma ovviamente ce lo dirà dopo le Europee. Nel frattempo dalla Calabria si continua ad emigrare, se per convincersi di questo non dovessero bastare i nostri Centri sempre più spopolati e le tante saracinesche abbassate anche sul catanzarese Corso Mazzini per le attività commerciali che hanno chiuso, sono le statistiche dell’Istat a diffondere, un giorno si e l’altro anche, una situazione paura. Eppure, su quel ponte del Titanic che, ormai è la Calabria, la banda continua a suonare. Chi ha abbastanza coraggio continui a danzare.