Ai lettori e amici de I Nuovi Calabresi rinnovo il mio ringraziamento e saluto.
Se volessi raccogliere tutte le notizie, i sussurri, le sollecitazioni che mi/ci arrivano dalla Calabria e da Cosenza in particolare dovrei scrivere molto di più e molto più a lungo. È ovvio che non è possibile farlo ma c’è anche un’altra ragione per non fare questa specie di “raccolto” perenne.
Sappiamo per esperienza diretta che siamo così schiavi della forma da considerare poco significativa la sostanza.
Cerco di essere chiaro, limitandomi alla vicenda che evidentemente ha pesato e pesa di più nella decisione, la mia decisione, di reagire al male nei tribunali e su un nuovo giornale. Mi riferisco ovviamente a ciò che ha rivelato l’assalto alla Fondazione come fosse un bottino di guerra, a ciò che è stato realizzato a Villa Rendano – un’offerta civica, culturale, museale, formativa apprezzata e nota ben oltre i confini della Calabria.
A lungo i visitatori, gli ospiti venuti da lontano, le personalità, artisti, non nascondevano una certa sorpresa che in una piccola città del Sud ci fossero realtà ignorate. Mi riferisco a tante altre realtà, non solo a quella posta su Colle Triglio. Aver realizzato il primo e più grande museo storico multimediale e aver ottenuto che con Decreto ministeriale fosse riconosciuto di “interesse nazionale” non è stato cosa da poco. Il merito è stato soprattutto di Anna Cipparrone, che poi con il suo entusiasmo e la sua dedizione ha fatto molto, molto altro.
Come è finito e come è stato apprezzato tutto questo? La Cipparrone è stata mobbizzata, le è stato ridotto lo stipendio (cosa non consentita dalla Legge, perché è vietata la reformatio in peius), le è stata tolta la stanza dove trascorreva anche 12 ore per lavorare, è stata “fatta fuori”. Vi inviterei a leggere il verbale del CdA del 7 luglio 2022, un mese dopo l’agguato: c’è una specie di condanna “a morte” ignobile, vomitevole. Si dà incarico al noto e non stimato Kostner, massone sempre stipendiato ma con l’obbligo di non farsi vedere per lavorare, di “preparare un nuovo organigramma”. Cioè fare largo ad amici, a compagni (oggi si dice così, non fidanzati o mariti) di amiche garrule, e in più si decide di mettersi all’opera – si dice di fare una verifica o qualcosa di simile – per trovare dopo averlo fatto fuori senza motivazione, qualcosa da imputare al sottoscritto Presidente e realizzatore di tutto – le “colpe, gli sbagli o peggio le porcherie che non ha fatto, ma sarebbe stato utile avesse fatto.
È un inedito anche per me, dove in FS hanno passato al setaccio anche me senza trovare uno spillo. Lo disse l’Amministratore straordinario, il temutissimo Schimberni succeduto a Ligato, convocandomi alle ore 13.00 di sabato 10 gennaio 1988.
Poveri illusi, miserabili jene, delinquenti da strapazzo, sui quali il celebrato super procurator Gratteri, sollecitato più volte, dovrebbe fare verifiche e pronunciarsi e non fare il “muto di Gerace”. Ma, per tornare al punto, la Cipparrone non ha reagito, anzi per non compromettersi è sparita dal mio orizzonte, come fece la brava Sara Ausilio, come hanno fatto con scritti e atti ignobili i redattori de ICalabresi. Una sciatta e ridicola replica di Pietro che “rinnegò Gesù Cristo tre volte prima che il gallo avesse cantato”.
Non parlo del contesto esterno – tutti praticamente – ed ora in tanti fanno sapere che “loro lo sapevano” (ndr che un manipolo di delinquenti l’avevano fatta sporca). Il che vorrebbe forse significare che insomma “loro mi hanno sempre apprezzato”. A parte il fatto che non me ne frega un caxo, a cosa serve ora che il disastro, la vandalizzazione di un patrimonio anche economico è stata compiuta?
MI avvicino alla fine. A tutti costoro converrebbe – come è del resto sacrosanto – che la tanto attesa sentenza attestasse ciò che è stranoto: cioè che il sottoscritto ha solo fatto molte cose buone a Cosenza – ed è scontato perché lo dichiara tutta la mia vita (non breve ormai) – e molti altri hanno fatto non una porcata, ma ladrocini, truffe con contratti ignoti a me come a Giuliani, e questo nella mia visione di cattolico praticante non è sanabile con “il perdono” perché non sono Gesù Cristo e non voglio essere complice di fatto di una serie infinita di porcate, che ha messo in conto, date le precarie condizioni con le quali sono venuto a Cosenza, che crepassi e mi togliessi dai piedi. A tal proposito, egregio santosubito, le rendo noto che è in corso avanzato la fase inquisitoria della Procura della Repubblica di Roma per il reato di “vessazione” che come lei sa, dottor Gratteri, è accompagnato dal “codice rosso”, cioè facit’an pressa.